Nel secondo dopoguerra, l’Italia è stata protagonista di uno degli eventi più solidali e umanitari dell’epoca contemporanea dimostrando quanto il nostro Paese vada oltre le differenze fra Nord e Sud. Tra il 1945 e il 1952, il Partito Comunista ha organizzato, nel pieno spirito collaborativo del tempo, un’azione umanitaria per aiutare i bambini meridionali più bisognosi. Fu un’operazione figlia della Resistenza voluta principalmente dalle donne del partito; furono queste ultime a preparare i “treni della felicità” che permisero ai bambini più poveri del Sud di essere ospitati dalle famiglie più agiate del Centro-Nord. Si crearono legami, opportunità, amicizie, famiglie allargate e storie da raccontare. Purtroppo, non vi è traccia dei “treni della felicità” sui manuali di storia, ma la loro esistenza è stata ben documentata. In questo senso, possiamo ricordare il lavoro del regista salernitano Alessandro Piva riguardante i bambini dei treni, ossia il documentario Pasta nera, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2011. Questo non è bastato a raggiungere il grande pubblico, ma una storia come questa prima o poi doveva essere raccontata. Infatti, ci ha pensato Viola Ardone con il suo romanzo di formazione Il treno dei bambini, bestseller del 2019 edito Einaudi.
Classe ’74, scrittrice e insegnante di italiano e latino, Viola Ardone si è inserita tra le autrici italiane più amate degli ultimi tempi dopo la pubblicazione di questo romanzo e, in seguito, grazie a Oliva Denaro, un’altra storia tutta italiana ispirata alla vita di Franca Viola, la prima donna italiana che ha rifiutato pubblicamente il matrimonio riparatore. La scrittrice, dopo diverse ricerche e incontri con i bambini del treno ormai adulti, ha reso nota una vicenda storica poco conosciuta attraverso gli occhi del piccolo protagonista napoletano de Il treno dei bambini, Amerigo Speranza, conquistando anche gli addetti all’audiovisivo. Nel 2023, difatti, è stata annunciata la trasposizione cinematografica del bestseller per opera della regista e sceneggiatrice Cristina Comencini. Il film è stata una delle produzioni della Palomar più attese dell’anno scorso, distribuita su Netflix il 4 dicembre 2024, una visione in linea col periodo invernale e natalizio.
Un romanzo da leggere tutto d’un fiato
La sinossi del romanzo è lineare, il protagonista è Amerigo Speranza, un bambino di otto anni che vive con sua madre in una Napoli devastata dalla seconda guerra mondiale. La decisione di mandare Amerigo al Nord è molto sofferta ma necessaria, perché vivere di contrabbando e di vendita di stracci usati non è più sostenibile per Antonietta. Amerigo partirà con altri bambini per il Nord nella speranza di un futuro migliore, così come vuole anche il suo cognome. Il romanzo descrive in maniera dettagliata le condizioni degradate in cui vivono i protagonisti (e più in generale le famiglie di quel periodo): in una stanzetta con un solo letto dove madre e figlio si coricavano; emblematica la scena in cui il piccolo protagonista cerca di scaldarsi i piedi avvicinandosi alle gambe della madre che lo scaccia contrariata. La bellezza del testo è tutta nel punto di vista scelto, quello del bambino: il lettore si catapulta in questa vicenda guardando il mondo con quelli di Amerigo, pieno di paure e di speranze ma anche di tanta ingenuità. L’arrivo in Emilia sconvolgerà la vita di Amerigo che avrà, in questo modo, una seconda famiglia, i Benvenuti, e il sogno nel cassetto di diventare violinista. La maggior parte del romanzo racconta l’infanzia di Amerigo e la sua scelta di restare al Nord, la paura di dimenticarsi di sua madre e di perdere ogni contatto con la sua terra natìa restando con il cuore diviso a metà tra le due parti dell’Italia. E poi lo vediamo grande, ormai un adulto sulla cinquantina, con il rimorso delle sue scelte e il bisogno di riscatto con la consapevolezza di essere sia un Speranza sia un Benvenuti. Nel corso del romanzo, l’autrice adatta anche lo stile all’età del protagonista, lasciando sempre una coloritura napoletana accentuata nei modi di dire e nei dialoghi, evidenziando la differenza tra l’Amerigo bambino che ha paura di essere mangiato dai comunisti (voci diffuse atte a impedire alle madri di mettere i bambini sui treni) e l’Amerigo adulto, ormai legato alla sua vita al Settentrione. Il treno dei bambini arriva con potenza, è un fiume di emozioni difficile da arrestare, riesce a farti preoccupare continuamente del piccolo Amerigo, riesce a farti sfuggire qualche lacrima e qualche risata. Una storia da leggere tutta d’un fiato.
Il treno dei bambini sul piccolo schermo
Riportare le pagine della Ardone sullo schermo è stato un compito arduo poiché, pur avendo una trama semplice e lineare, i sentimenti e le emozioni giocano un ruolo fondamentale, soprattutto quando si tratta di distacco e di separazione. La pellicola, nonostante resti fedele al contenuto e ai personaggi, taglia delle parti importanti che forse sarebbero state belle da vedere in quanto fondamentali per dare un significato più ampio alla storia (come avviene nel libro). Anche la scelta di iniziare il film in medias res (un Amerigo già grande che riceve la notizia della morte della madre) non crea la suspense e il coinvolgimento che riesce a trasmettere il testo letterario attraverso altri espedienti. La scelta del cast è stata appropriata, non delude le aspettative con una splendida Serena Rossi nei panni di Antonietta, una Barbara Ronchi sempre in parte in quelli di Derna, Antonia Nuppo in quelli di Maddalena Criscuolo; mentre Amerigo Speranza è stato interpretato dal giovane Christian Cervoni e dal volto amato Stefano Accorsi. Una rosa di attori e attrici che hanno portato il loro contributo sul piccolo schermo senza deludere le aspettative. La dignità mostrata da Antonietta nel salutare il figlio è una delle interpretazioni più toccanti del film; il distacco non è solo “territoriale”, ma è anche emotivo. Il treno dei bambini resta un prodotto ben confezionato nei costumi, nella sceneggiatura e nelle interpretazioni. Anche la colonna sonora, composta dal pianista e direttore d’orchestra Nicola Piovani (premio Oscar per le musiche de La vita è bella, 1999), affianca le sequenze restituendo l’ambientazione del periodo nella sua interezza. Eppure, resta solo una bella confezione, una bella storia che non ti punge, nel senso barthiano del termine.
Il treno dei bambini: libro o film?
Spesso, un film riesce ad essere all’altezza del libro o prova ad arricchire la trama piegandola nel modo più appropriato al mezzo audiovisivo. Non semplice come operazione, soprattutto quando bisogna (almeno in parte) accontentare dei lettori. In questo caso, il film non esalta la narrazione letteraria e distoglie l’attenzione dal cuore pulsante del protagonista nelle ultime pagine: il dissidio interiore di Amerigo per aver “ripudiato” le sue origini e il suo rapporto complicato con la madre anche da adulto. Manca di interiorità, di senso di colpa, di vergogna, tutti elementi che impregnano le pagine del libro. Amerigo non è il Felice di Mario Martone (Nostalgia, film del 2022 basato sul romanzo omonimo di Ermanno Rea) desideroso di tornare a Napoli, è il Fabietto di Paolo Sorrentino (È stata la mano di Dio, film del 2021) che lascia Napoli per Roma e non si volta indietro. Il film non riesce a trasmettere a pieno la complessità del personaggio Amerigo Speranza, forse per l’eliminazione di alcuni personaggi e parti o forse perché fin dall’inizio si può intuire la scelta presa dal protagonista. Nonostante sia un prodotto godibile e interessante, il romanzo resta una lettura molto più intensa e coinvolgente. Probabilmente, per apprezzare entrambe le opere, si dovrebbe guardare prima il film e poi approcciarsi alla lettura, così da non aver alcuna aspettativa sulla visione e non sentire di essere di fronte alla versione sbiadita del romanzo.