Mariateresa Di Lascia nasce nel 1954 a Rocchetta Sant’Antonio, piccolo comune pugliese della Capitanata (5425 abitanti nel censimento del 1951), ma di cultura più vicina all’area irpina; si trova infatti a pochi chilometri dal confine con la Campania, dai paesi resi celebri dal terremoto del 1980 e dai libri di Franco Arminio1. I genitori – la madre Ida Ricciutelli, ostetrica originaria delle Marche e il padre Leonardo – non si erano mai sposati. L’instabilità della loro relazione causa alcuni problemi alla giovane Mariateresa. Consegue la maturità classica, di cui rimane evidente traccia nel suo stile di scrittura, intriso di echi rimandi alla letteratura greca e latina; si iscrive alla facoltà di Medicina dell’Università di Napoli, con il preciso scopo di diventare missionaria laica ma non completa gli studi, avendo nel frattempo fatto carriera all’interno del Partito Radicale.
L’apice della carriera lo raggiunge nel 1982 con l’elezione a vice segretario del Partito e, dall’anno successivo fino al 1987, come deputata nella IX legislatura.
Sostenne un maggior riconoscimento della medicina omeopatica firmando proposte di leggi e fondando a Napoli l’Associazione Pazienti Omeopatici. In questi stessi anni dirige il giornale “Notizie Radicali”, scrivendo anche articoli su vari temi, dell’ecologia all’attualità politica. Nel 1992 esce Compleanno, il suo primo racconto, con il quale si aggiudica il Premio Millelire e che in seguito è stato pubblicato in volume2 e da cui, nel 2005, è stato realizzato un omonimo cortometraggio dal regista Sandro Dionisio; tra il cast anche il nome noto di Giovanna Mezzogiorno. La trama, che presenta notevoli affinità con la vita della Di Lascia, racconta di una donna che dopo aver scoperto che morirà a breve, scrive una retrospettiva sulla sua vita sotto forma di lettera al marito.
Nello stesso anno scrive anche Veglia, altro racconto breve, che narra le vicende di una donna, vedova e con due figli, costretta a fronteggiare l’omicidio ai danni di un bambino di due anni commesso dal suo figlio minore. Anche quest’opera risulta essere vicinissima alla biografia dell’autrice che, infatti, nel 1993 fonda, insieme al compagno Sergio D’Elia3, l’associazione “Nessuno tocchi Caino” che si occupa dell’abolizione della pena di morte nel mondo, legata alle battaglie del Partito Radicale sulle condizioni di vita nelle carceri.
Dal 1989 stava lavorando al suo primo romanzo che esce per Feltrinelli nel 1994 con il titolo di Passaggio in ombra.
Il secondo, iniziato nel ‘94, con titolo provvisorio Le relazioni pericolose, è rimasto incompiuto a causa della morte prematura dell’autrice avvenuta nel settembre di quell’anno.
Nel 1995 Passaggio in ombra vince il Premio Strega.
Se si guarda alla lista dei vincitori dello Strega in quegli anni, si trovano i nomi di Domenico Rea – vincitore nel 1993 con Ninfa Plebea – e Giorgio Montefoschi – vincitore nel 1994 con La casa del padre – entrambi autori Bompiani, entrambi raccontano storie in qualche modo legate a vicende familiari sullo sfondo del Meridione italiano. Da questo punto di vista, la candidatura di Passaggio in ombra sembra inserirsi coerentemente in questo filone, se non fosse per alcune questioni che la rendono eccezionale: la morte dell’autrice; lo stile del romanzo; l’orientamento politico a sinistra dell’editore, Feltrinelli, in un momento storico di forte crisi di quello schieramento e l’esplosione del berlusconismo. Per quanto concerne il primo punto, se si considera la storia dello Strega, si nota che fino a quel momento il premio era stato assegnato postumo solamente due volte: nel 1959 a Tomasi di Lampedusa con Il gattopardo e nel 1986 a Maria Bellonci con Rinascimento privato. La consuetudine, quindi, era (ed è) quella di favorire gli autori viventi.
Lo stile del romanzo, poi, attirò critiche dai toni anche marcatamente accesi. A sponsorizzare la Di Lascia furono Raffaele La Capria e Antonio Tabucchi. Il primo in particolare, scrittore del Sud ma trapiantato a Roma, si espose maggiormente in favore della scrittrice pugliese, sia in quanto sostenitore della letteratura meridionale e sia perché la moglie, l’attrice Ilaria Occhini, era militante del Partito Radicale ed era in rapporti stretti d’amicizia con Mariateresa Di Lascia.
Il favorito di quell’edizione dello Strega era Luigi Malerba con Le maschere. Su 342 schede, la Di Lascia ottiene 58 voti e risultò prima; al secondo posto, a pari merito, Elisabetta Rasy e Marisa Volpi con 57 voti, poi Luca Canali con 56 voti e ultimo Luigi Malerba con 41 voti. La scrittura della Di Lascia viene messa in relazione a quella di Elsa Morante, la prima donna ad aver vinto lo Strega nel 1957, soprattutto in riferimento al suo romanzo Menzogna e sortilegio. Luigi Malerba, invece, critica aspramente il romanzo, arrivando addirittura ad ipotizzare brogli nelle votazioni del Premio. Per lo scrittore emiliano, Passaggio in ombra presentava caratteristiche troppo tradizionali, quasi da romanzo popolare ottocentesco. Si consideri che Malerba è considerato lo scrittore che ha traghettato il romanzo neorealista, attraverso sperimentazioni linguistiche, verso la contemporaneità e il postmodernismo. La morte della Di Lascia, inoltre, per Malerba, era stata sfruttata strumentalmente per influenzare la giuria. La terza questione relativa alla vittoria della Di Lascia allo Strega è rapportata all’orientamento politico tradizionalmente di sinistra del suo editore, Feltrinelli.
Gli anni dal ‘92 al ‘94 vedono il crollo di quella che sarà chiamata la Prima Repubblica, con lo smantellamento o, meglio, con la rimodulazione, del sistema politico originato dal secondo dopoguerra e il disfacimento del Partito Comunista Italiano che era stato in passato tra i più grandi ed importanti d’Europa. Il 1994, in particolare, è l’anno della discesa in campo di Silvio Berlusconi che in pochi mesi ottiene un enorme successo politico, ma ha contro la maggioranza degli intellettuali del Paese. Si consideri che il Premio Strega è un premio in cui spesso il peso degli editori è più importante di quello dei romanzi. Malerba, il favorito, era stato pubblicato da Mondadori, gruppo di recente acquisizione da parte di Berlusconi. Da questo punto di vista, la vittoria della Di Lascia, pubblicata da un noto editore di sinistra, ed essa stessa dello stesso orientamento politico, essendo stata membro del Partito Radicale, può essere letta come il tentativo da parte dell’ambiente intellettuale italiano di dare un segnale politico. Il genere di Passaggio in ombra non è chiaramente identificabile. Presenta numerosi elementi propri del romanzo d’appendice: l’ambientazione popolare e la saga familiare, ampia presenza di sottotrame legate ad intrighi e tradimenti, gli amori sfortunati e i lutti improvvisi. Manca però la caratteristica fondamentale di questo genere letterario, il lieto fine. Tradizionalmente le fratture e le disavventure narrate, nel romanzo d’appendice portano ad un finale in cui la disgregazione familiare si ricompone. La mancanza di quest’elemento – come nelle opere di Elsa Morante – non rende possibile ascrivere Passaggio in ombra a questo genere letterario. I valori tradizionali che il romanzo d’appendice tende a salvaguardare, in questo caso, vengono definitivamente distrutti. Anche la vicenda editoriale del romanzo ne dimostra la sua difficile collocazione. Il primo editore a cui la scrittrice pugliese lo propose fu Adelphi. Giuseppe Pontiggia, che era il consulente della casa editrice, valutò il romanzo troppo ancorato a canoni letterari ormai superati.
Feltrinelli, invece, accettò il manoscritto considerando la sua pubblicazione come una sfida. Inge Feltrinelli dichiarerà subito dopo la proclamazione della vittoria allo Strega: «Un romanzo di grande vitalità, con un grande linguaggio poetico. […] Un libro importantissimo anche come documento di un’Italia del sud, un’Italia che non esiste più». Sempre l’editore ne decise il titolo definitivo. La Di Lascia voleva inserire un riferimento preciso alla famiglia protagonista, probabilmente il cognome D’Auria, ma alla fine si preferì un titolo più vago ma, come si vedrà, comunque indicativo della storia.
La prima cosa che si può notare è il contrasto tra il titolo, appunto, Passaggio in ombra, e il nome dalla protagonista Chiara. L’incipit fotografa la protagonista ormai anziana e trasandata che vive in una casa poco curata ed è dedita all’acquisto di vestiti usati.
La creatura sgraziata che mi viene in contro nello specchio ombrato dell’ingresso, […] sono io. […] Quello strano animaletto dall’aria spaurita e indolente sono io, e lo specchio, nelle parti in cui non è cieco, conserva intatto il suo diabolico potere e mi guarda con odio, rimandando il disordine zingaresco del mio bottino4.
L’ombra, di cui parla il titolo, è lo status finale della protagonista, l’aver esaurito l’energia vitale che ci consente di evolvere come persone. L’incipit descrive una stasi quasi fuori dal tempo, ormai immutabile. Da questo punto di vista, il romanzo può essere letto come il racconto del percorso verso l’ombra; il passaggio dalla vita ad una pre-morte. Il modello narrativo di riferimento è Elsa Morante, in particolare il romanzo Menzogna e sortilegio.
Numerosi in Passaggio in ombra sono i rimandi a Morante; il primo, ad esempio, è un parallelo tra le due protagoniste e la vita in casa delle rispettive madri.
Mia madre e io abbiamo sempre vissuto a lungo sole, innamorate senza rimedio l’una dell’altra, con una piccola folla di creature benefiche che si occupava di me, nelle molte ore in cui Anita era fuori a lavorare.5
Son già due mesi che la mia madre adottiva […] è morta. […] Fui da lei raccolta e adottata, entravo appena nella fanciullezza; da allora (piú di quindici anni fa), avevamo sempre vissuto insieme.6
Per quanto riguarda la figura paterna, invece, il modello sembra essere Wilhelm Gerace de L’isola di Arturo.
Se fossi stata meno ingenua; se mi fossi avveduta della pretesa insanabile che si celava dietro il mio dolore; se la ragione mi avesse avvertita che l’accanimento contro mio padre era l’unico modo che avevo per continuare ad amarlo, avrei potuto dirmi subito quello che ho impiegato la vita intera ad ammettere: egli era un uomo qualunque.7
Adesso, cioè, mi appariva chiaro che nei suoi pellegrinaggi alla Terra Murata non lo aspettava se non una solitudine vergognosa; che lassù, egli veniva mortificato e ripudiato come l’ultimo servo. E a simile scoperta, non so perché, il mio affetto per lui, che credevo soffocato e quasi spento, si riaccese in me più amaro, struggente, quasi terribile!8
Entrambe sono all’inizio figure quasi eroiche che poi, perdendo il velo di mistero e avventura che li avvolge, arrivano fino a quasi perdere la stima dei propri figli.
La vicenda ruota attorno alla vita di una giovane donna, Chiara, protagonista e voce narrante, che si confronta con la propria storia e con quella della sua famiglia. Attraverso una struttura non lineare, il romanzo si sviluppa in una serie di flashback e ricordi frammentati che ricostruiscono le esperienze traumatiche vissute dalla protagonista. La memoria diventa un filtro attraverso cui emergono i temi della solitudine, dell’oppressione femminile e del peso delle aspettative sociali.
La scrittura di Di Lascia è lirica, evocativa e ricca di immagini poetiche. Ogni frase sembra essere costruita con cura, quasi fosse parte di un mosaico che si completa solo alla fine del romanzo. Il tono è malinconico, ma mai privo di speranza, e le descrizioni degli ambienti e dei personaggi sono vivide e coinvolgenti. La prosa è fortemente introspettiva, permettendo al lettore di immergersi nei pensieri e nelle emozioni della protagonista.
Di particolare rilievo è la capacità dell’autrice di dare voce ai silenzi, alle pause e agli spazi vuoti che segnano le vite dei suoi personaggi. Questo silenzio narrativo diventa una sorta di metafora per le cose non dette, per i sentimenti repressi e per le opportunità mancate. I personaggi di Passaggio in ombra sono complessi e sfaccettati, ognuno con le proprie contraddizioni e vulnerabilità. La protagonista, pur rimanendo anonima, diventa il simbolo universale di una lotta interiore tra il desiderio di autonomia e il peso delle tradizioni e dei legami familiari. Accanto a lei, si stagliano figure come la madre e il padre, rappresentazioni archetipiche ma non stereotipate di una generazione segnata da sacrifici e incomprensioni. Di Lascia riesce a tratteggiare con grande sensibilità il rapporto madre-figlia, esplorandone le tensioni, le aspettative reciproche e il non detto. Allo stesso tempo, il romanzo offre uno sguardo impietoso ma empatico sui personaggi maschili, spesso intrappolati in ruoli patriarcali che li rendono incapaci di esprimere affetto o comprensione.
Mariateresa Di Lascia – qualcosa in più di una Morante minore – ha fatto da apripista all’affermazione tra la fine del Novecento e gli anni Duemila delle scrittrici anche all’interno dei concorsi letterari. La sua voce, seppur circoscritta ad una sola opera, risulta comunque un tassello importante della letteratura del Meridione.
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[1] In particolare: Vento forte tra Lacedonia e Candela, Laterza, 2008; Terracarne, Mondadori, 2011
[2] M. Torchio, Dio & C. – M. Di lascia, Compleanno, MilleLire Stampa Alternativa, Roma, 1994
[3] Ex terrorista del gruppo di estrema sinistra Prima Linea, condannato a 13 anni di reclusione e diventato poi sostenitore della non violenza e attivista politico nel Partito Radicale
[4] M. Di Lascia, Passaggio in ombra, Mondadori, Milano, 1994. Pag. 13.
[5]Op. Cit. Pag 14.
[6] E. Morante, Menzogna e sortilegio, Einaudi, Torino, 2014. Pag. 2
[7] Op. Cip. Pag 23.
[8] E. Morante, L’isola di Arturo. Pag 317.