Napoli-New York, un regalo di Natale che scalda il cuore

La pellicola di Salvatores, nata da un soggetto di Fellini e Pinelli, rievoca il sogno americano e coniuga alla perfezione leggerezza, spirito del neorealismo e la voglia di affacciarsi a un mondo nuovo

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Gabriele Salvatores, rievocando fieramente le sue origini napoletane, racconta con la dolcezza di una carezza a grandi e piccini una favola intitolata “Napoli New York”. L’avventura ha inizio con il magico ritrovamento, in un baule di scartoffie, di un soggetto di Federico Fellini e Tullio Pinelli. Si dice che quest’ultimo, sulle orme di tutti i grandi autori come Virgilio con l’Eneide, avesse addirittura pensato di bruciare l’opera. Se così fosse stato, forse ci saremmo persi un film che coniuga alla perfezione l’aria di leggerezza e speranza che si respirava nel periodo del neorealismo e della commedia all’italiana, la modernità e l’attualità del cercare sogni, libertà e fortuna affacciandosi al mondo e alle sue culture diverse.

Tra le macerie di un terremoto in una Napoli postbellica, dopo la morte della zia, la piccola e indifesa Celestina realizza di essere ormai sola al mondo e di aver perso tutto ciò che le resta. Fuorché la preziosa amicizia che la lega a Carmine, uno scugnizzo poco più grande di lei, costretto a cavarsela lavorando con l’intraprendenza di un adulto senza perdere l’astuzia, la vivacità e soprattutto la speranza in una vita migliore. La speranza è il perno della vicenda dei due giovanissimi che, dopo aver remato verso una nave ancorata al largo, decidono impulsivamente di imbarcarsi come clandestini. Carmine al fine di ottenere dal cuoco George (un brillante Omar Benson Miller) il compenso che gli spettava, mentre Celestina col desiderio di raggiungere la sorella Agnese (interpretazione incisiva e toccante di Anna Lucia Pierro), emigrata da tempo per costruire un futuro e una famiglia col fidanzato americano. I due piccoli clandestini però rappresentano un pericolo per la reputazione del commissario di bordo Domenico Garofalo (un autoritario Pier Francesco Favino), che in tanti anni di servizio si era guadagnato una stima impeccabile all’interno della compagnia navale per il rigore che lo contraddistingueva. Una volta arrivati a destinazione, l’immensa e cosmopolita Nuova York, armati solamente di un bigliettino con un indirizzo e di tanto coraggio, starà a Carmine e Celestina affrontare le peripezie e gli imprevisti che si interporranno tra la loro forza di volontà e la realizzazione del loro grande obiettivo.

La spontaneità e genuinità dei bravissimi e giovanissimi protagonisti, Dea Lanzaro e Antonio Guerra, prende per mano lo spettatore e illustra le asperità del mondo dal punto di vista innocente e fantasioso dei bambini, capaci di trasformare con ingegno ogni imprevisto in opportunità. Favino ha raccontato di aver esplorato con curiosità e meticolosità il suo ruolo. Oltre a sperimentare con successo il dialetto napoletano e la lingua inglese, il suo lavoro l’ha portato a concordare assieme al regista una sfumatura: il sogno non realizzato di avere una famiglia, condiviso con sua moglie (una dolcissima e materna Anna Ammirati). Questa variazione ha permesso all’attore romano non soltanto di rappresentare il severo antagonista di cui inizialmente i bambini avevano bisogno, ma anche di far emergere il suo lato più comprensivo, umano, generoso e paterno.

Onde evitare anticipazioni, basterà sottolineare la rilevanza di tematiche politiche e sociali quali la violenza sulle donne, l’esercizio della giustizia e la legalità, l’influenza della stampa e dei media, l’emancipazione femminile. È proposto un originale parallelismo fra elementi dell’iconografia da un lato dell’American Dream come i cookies, la Statua della Libertà, i grattacieli e i vividi manifesti pubblicitari, e dall’altro della tradizione napoletana come il caffè e la sfogliatella, il calore del popolo, la musica del tamburello che anima i vicoli dei quartieri contrapposta al silenzio e al vuoto negli sguardi di chi respira quotidianamente la fame e la miseria. La spensieratezza dei turisti che guardano meravigliati quella che per i napoletani rappresenta la realtà, la quotidianità. Gli sguardi incuriositi e schizzinosi di composti ed eleganti bambini agiati, nei confronti degli espansivi e poveri scugnizzi che cercano di guadagnarsi un pezzo di pane per sfamarsi. Le luminose immagini del lusso e lo sfarzo dei passeggeri della prima classe, e le scure e drammatiche raffigurazioni delle condizioni pessime di napoletani che, a volte senza successo, hanno venduto tutti i loro averi affidando a un biglietto di sola andata la loro sorte.

Quasi paradossale, come suggerisce il sapiente uso della fotografia, è il chiaroscuro delle scene che esplicitano il non essere realmente “tutti sulla stessa barca” pur viaggiando sulla stessa nave e con analoga destinazione. Quanto può essere determinante nascere in una determinata famiglia, nella parte giusta del mondo?

Ma soprattutto, quanto è attuale questo quesito ai tempi d’oggi? La risposta è nel detto napoletano che pronuncia saggiamente Celestina: “Tu nun si straniero si sul povero, chi è ricc nun è straniero a nisciuna parte“.

Sorge spontanea la domanda: si può reagire per cambiare le cose? La risposta è nei dettagli della statuetta della Madonna di Pompei stretta nelle mani di Celestina, che simboleggia la fede e il legame alle proprie origini, e nelle carte da gioco che Carmine padroneggia, indicanti l’imprevedibilità del caso. Un fato che Carmine e Celestina sfidano coraggiosamente e cercano di cambiare con la consapevolezza, nonostante la giovane età, che nulla è già scritto e imposto, che faber est suae quisque fortunae e che la fortuna aiuta gli audaci.

Alla proiezione al cinema Metropolitan a Napoli, i protagonisti definiscono l’opera “un regalo di Natale”, una storia che riscalda il cuore, infonde fiducia e tenerezza nell’anima, e mostra quanto ci si possa sentire a casa con la persona giusta, pur girovagando per il mondo senza cardini e certezze. In fondo è la metafora della parabola della vita di chi ha il coraggio di sognare in grande, e di correre ogni rischio pur di svoltare il proprio destino.

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