Videogames, spazio di sperimentazione creativa e multidisciplinare

Passato e presente dell'industria videoludica italiana che si mostra oggi più che mai come una importante fucina di idee

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I temi della XXIX edizione di Linea d’Ombra Festival – diretto da Giuseppe d’Antonio – sono stati i diritti, giocando sulla doppia accezione della parola e, di conseguenza, dello slogan: diritti al Festival. Dal sito si legge: “con una programmazione attenta alle nuove tendenze e alle opere innovative, Linea d’Ombra Festival mantiene la sua identità eclettica, offrendo una variegata selezione di PROIEZIONI in e fuori concorso, RING – incontri con personalità illustri del cinema italiano ed europeo, MEDIA EDUCATION FACTORY – matinée di cinema dedicate alla formazione di giovani studenti e progetti speciali, e il QUINTO ELEMENTO – laboratorio permanente di sperimentazione dedicato all’intersezione delle arti”. Proprio quest’ultima sezione, curata dal Prof. Alfonso Amendola e Franco Cappuccio, diventa col tempo uno spazio sempre più importante del festival, “un’area interdisciplinare dedicata all’indagine sull’audiovisivo in forma espansa” (dal sito di LdO) dove osservare e capire, quindi, come attraverso i processi culturali ci siano inevitabilmente delle contaminazioni con altri media, tecniche e contenuti. In questa edizione, infatti, Quinto Elemento ha avuto come protagonisti musica, teatro, animazione e le parole dei libri. Protagonista per il terzo anno consecutivo è stato nuovamente il mondo del game con un talk serale tutto dedicato alla storia del videogioco.

Per una storia del videogioco, a cura di Franco Cappuccio e Aldo Galelli, esperti curatori di eventi videoludici del festival, e Annachiara Guerra, esperta e studiosa di Game Studies, è stato un dialogo con un approccio sociologico e divulgativo in cui l’aspetto storico del medium è stato un interessante pretesto per parlare delle varie sfaccettature con cui esso si presenta oggi nel contemporaneo, frutto di tante evoluzioni riscontrabili in tappe significative. L’incontro ha, infatti, seguito un ordine cronologico andando a selezionare alcuni di questi step importanti rappresentati da un videogioco del passato, accostandolo, però, ad un videogioco altrettanto rappresentativo degli ultimi anni. La connessione fra passato e presente, e quindi tra i due – o più, in alcuni casi – titoli videoludici, risiede in uno o più aspetti che hanno in comune. Queste analogie (concetto molto caro ad Umberto Eco) aiutano non solo ad affrontare le sfaccettature del videogioco, ma sottolineano anche come le evoluzioni del passato abbiano determinato l’evoluzione del medium videoludico come lo si conosce oggi.

Il panorama indie e il made in italy

Il viaggio inizia con l’anno 1962 e il videogioco Spacewar! connesso a due titoli del contemporaneo: Undertale del 2015 e Vampire Survivors del 2022. In questo caso si hanno tre videogiochi aventi in comune l’essere stati sviluppati da una sola persona, e per questo appartenenti al panorama dei videogiochi indipendenti. Ovviamente Spacewar!, creato da Steve Russel, non poteva che essere ai tempi inevitabilmente sviluppato da una sola persona, per di più legata all’ambiente informatico e all’interno di un contesto universitario di ricerca. I primi videogiochi infatti sono stati frutto di sperimentazioni su grandi elaboratori di calcolo all’interno di università – come l’MIT – aziende o laboratori del settore dell’ingegneria e informatica. Luoghi in cui erano accessibili le tecnologie necessarie per sperimentare avvicinabili da chi frequentava quei contesti, ovvero tecnici, ingegneri, informatici e studenti universitari. Con il graduale avvento ed evoluzione di Internet e la commercializzazione di massa dei computer, risorse e tecnologie sono diventati accessibili su larga scala a più persone, uscendo anche dai confini di università, aziende o laboratori. Sono stati creati, a tal fine, software open source o a basso costo con cui poter creare la propria opera, e oggi il panorama indipendente, nell’universo videoludico, rappresenta una grande fetta della produzione, che si contrappone ai videogiochi delle grandi case di sviluppo con alti budget alle spalle. Casi emblematici sono proprio quelli di Undertale, sviluppato da Toby Fox con il programma Phaser, e di Vampire Survivor creato da Luca Galante con Game Maker. Videogiochi “piccoli” nella loro creazione, ma grandi per la loro creatività e successo di portata mondiale, che mettono in luce come oggi il settore dei videogiochi indipendenti sia uno spazio di sperimentazione così come lo furono i primi videogiochi come Spacewar! e tanti altri. Vampire Survivor, inoltre, ha fornito durante l’incontro un ulteriore spunto di riflessione per parlare dell’industria videoludica italiana oggi, di come si presenti e come si stia muovendo nello scenario globale.

Il fenomeno eSports

Il secondo step si è concentrato sull’iconico videogioco giapponese Space Invaders, del 1978, in parallelo con Overwatch, del 2016. Sebbene molto distanti in tutti gli aspetti, sono accomunati dalla competizione. Nel 1980, infatti, con il successo in occidente ottenuto grazie alla conversione di Space Invaders dal cabinato alla console Atari 2600, si è tenuto negli Stati Uniti lo Space Invaders Championship con oltre 10.000 partecipanti e con in palio un ricco montepremi. Competizione, sfida, videogiocatori, un premio finale, sono le più importanti caratteristiche dell’odierno e importante fenomeno degli eSports. Il campionato di Space Invaders è ritenuto il precursore dei moderi tornei di videogiochi competitivi di cui Overwatch fa parte insieme a molti altri. Anzi, il fenomeno degli eSports è oggi talmente vasto e diventato così importante da non poter essere più considerato interno al mondo del game, ma un settore a parte, parallelo e complementare. Con l’evoluzione degli eSports dagli Anni Novanta ad oggi si è creato un vero proprio ecosistema che ha dato vita a nuove professioni legate al mondo del digitale, dato che si tratta per la maggior parte di gaming online: videogiocatore professionista, il coach del team, l’analyst, il caster, per non parlare di come sia indicativo la costruzione di arene totalmente dedicate ad ospitare competizioni esportive.

Diritti e trasposizioni dal cinema al videogioco e viceversa

Con la terza tappa della storia del videogioco si è arrivati alla connessione col cinema in due diversi aspetti: il primo inerente una controversia legale, il secondo legato alle trasposizioni reciproche tra cinema e videogioco. Nel 1981 esce Donkey Kong in cui una fanciulla viene rapita da un gorilla e portata sul tetto di un palazzo mentre un eroe, di nome Jumpman, deve affrontare gli ostacoli saltando su diverse piattaforme per arrivare in cima e salvare la donzella in pericolo. La (accennata) trama del videogioco non può che ricordare il film King Kong e, di conseguenza, la casa cinematografica Universal Studios, proprietaria dell’omonimo marchio registrato, citò Nintendo in giudizio, affermando che il videogioco Donkey Kong ne fosse un plagio, in particolar modo della trama e dei personaggi che la Universal rivendicava come propri. Nintendo si difese, attraverso l’avvocato John Kirby, sostenendo che la trama e i personaggi di King Kong erano in realtà di pubblico dominio e diffusi nella cultura giapponese, arrivando a vincere la causa. Per ringraziare il legale che aveva aiutato la casa di sviluppo nipponica in tribunale, Nintendo battezzò il personaggio rosa che tutti conoscono dandogli proprio il nome Kirby. Col tempo i dissapori e le diatribe vengono meno, ed ecco perché, nel 2023, la trasposizione cinematografica di Super Mario venne distribuita, ironia delle ironie, proprio da Universal. Il secondo aspetto trattato nell’incontro, come accennato, è stato quello delle trasposizioni da un medium all’altro: se anni fa erano i videogiochi a fare una trasposizione di un film famoso, oggi è il mondo del cinema e delle serie tv che guarda a quello del game per adattamenti e ispirazioni.

La scrittura dei videogiochi

Quando oggi parliamo di “scrittura videoludica”, non intendiamo più solo la scrittura di codici informatici legati alla programmazione. Il videogioco è diventato col tempo un medium con un aspetto letterario e di sceneggiatura molto importante, con la scrittura di storie complesse e inedite che racchiudono non solo linearità ma anche spazialità, in quanto vengono scritti e raccontati i mondi in cui le storie si svolgono.

Due videogiochi collegati da questi aspetti sono Fahrenheit 451 del 1984 e Elden Ring del 2022 che sono legati alla letteratura in modo particolare. Durante l’incontro, infatti, è stato spiegato che l’avventura testuale Fahrenheit 451 non solo è il sequel del romanzo di Ray Bradbury, ma lo stesso scrittore ha collaborato al videogioco scrivendone il prologo e le cento possibili risposte che il videogiocatore può ricevere da Ray, computer all’interno del gioco. C’è quindi un coinvolgimento diretto della figura professionale dello scrittore proprio come in Elden Ring in cui George R. R. Martin, autore della serie di romanzi Le cronache del ghiaccio e del fuoco, ha co-scritto la storia ambientale del videogioco insieme a Hidetaka Miyazaki.

Due videogiochi, due icone, due generazioni

La quinta tappa dell’incontro ha trattato non due videogiochi, ma le protagoniste di due serie videoludiche: Lara Croft di Tomb Raider e Aloy di Horizon Zero Dawn e Horizon Forbidden West, rispettivamente 1996 e 2017/2022. Lara e Aloy sono connesse in prima analisi dall’essere entrambe finite sulla copertina di due riviste, la prima sulla rivista britannica The Face e la seconda su Vanity Fair, in due momenti storici diversi in quanto rappresentanti di due generazioni e due modi di intendere le protagoniste femminili nei videogiochi come specchio delle società dei rispettivi periodi. Lara Croft rientra nel periodo della terza ondata femminista e rispetto al passato, dove non c’erano vere e proprie protagoniste nei videogiochi e per lo più dovevano essere salvate, è una donna protagonista non solo del videogioco ma della sua vita. Una donna determinata sia a livello caratteriale, intellettuale che fisico e dimostra tutto ciò attraverso una presenza del corpo molto forte. Col passare degli anni e i valori e le idee sono cambiate perché cambiata la generazione, quindi, il mondo del game ha incanalato tutto ciò in protagoniste che incarnassero le tematiche sensibili alla Generazione Z. Aloy rappresenta proprio questa nuova ondata femminista, con una bellezza che non risponde agli standard e canoni della società, che mostra le sue fragilità e ne fa punto di forza. Inoltre, proprio per avvicinarsi ai post-millenials, le protagoniste sono adolescenti o giovani donne (Chloe e Maxine di Life is Strange; Ellie di The Last of Us) tant’è che la stessa serie Tomb Raider ha ricevuto un reboot in cui viene mostrata una pre Lara Croft, più giovane, inesperta, fragile e che sta costruendo la sua identità.

Dalla musica alle performance attoriali

La sesta tappa vede una triplice connessione fra Omikron The Nomad Soul del 1999 e Beyond Two Souls del 2013. La prima risiede nel fatto che entrambi i videogiochi sono stati prodotti dalla Quantic Dream e ideati dall’autore David Cage. La seconda è l’aspetto della musica che si può subito evincere dalla copertina di Omikron The Nomad Soul cui al centro si trova David Bowie. Il cantante, ai tempi, è stato contattato da David Cage per collaborare alle musiche del videogioco creando una colonna sonora originale composta da dieci canzoni. Se da un lato si ha quindi un artista di un certo calibro appartenente al settore dell’industria musicale, dall’altro si ha la connessione col cinema. Infatti, a curare la colonna sonora di Beyond Two Souls è stato Hanz Zimmer, uno dei compositori più importanti nel panorama cinematografico. Zimmer ha in realtà curato molte colonne sonore di videogiochi, da Call of Duty Modern Warfare II al recente Dragon Age The Veilguard. L’aspetto della musica, così come del sound design, sono un ulteriore sfaccettatura affrontata durante l’incontro che caratterizzano e arricchiscono il medium videoludico.

Autorialità videoludica

La penultima tappa dell’incontro si è concentrata sulla figura dell’autore di videogiochi. Per farlo sono stati messi in connessione due videogiochi, Metal Gear Solid 2 Sons of Liberty del 2001 e Death Stranding del 2015, ideati dalla stessa persona: Hideo Kojima. Autore giapponese che ha decisamente cambiato e inciso sul panorama videoludico è il “nome ombrello” rappresentativo che racchiude altri nomi importanti come Sam Lake (Alan Wake, Control, Max Payne), Sam Barlow (Her story, Immortality), Fumito Ueda (Ico, Shadow of the colossus, The Last Guardian), Neil Druckmann (The Last of us, Uncharted), Amy Hennig (Legacy of Kain: Soul Reaver, Uncharted) che costellano il campo dell’autorialità nei videogiochi. Figure che si muovono nei confini fra i media e i loro linguaggi.

Tra passato e presente, il futuro del videogioco

L’ultima tappa dell’incontro si è concentrata su un aspetto che, nonostante l’approccio sociologico, resta comunque fondamentale nel videogioco: le tecnologie. Inevitabile parlare di intelligenza artificiale e come essa stia impattando anche sul futuro del medium videoludico, attraverso ad esempio un videogioco come Suck Up! del 2024, in cui si utilizza l’IA per parlare attraverso il microfono e ricevere risposte complesse dai personaggi. Anche in questo caso l’analogia col passato è quanto mai immediata. Rompendo la catena cronologica, l’incontro pone al pubblico tre videogiochi che hanno contribuito, ognuno in un modo, all’evoluzione del medium. Bertie the Brain, Nimrod e Oxo, rispettivamente del 1950, 1951, e 1952 sono stati quelle sperimentazioni di cui si parlava nella prima tappa dell’incontro e si basavano proprio sul testare la potenza e le capacità delle prime intelligenze artificiali. Parlando di nuove tecnologie non si è potuto non parlare dei nuovi dispositivi per una fruizione ancora più immersiva del videogioco, ovvero Realtà Virtuale e Realtà Aumentata. Uno dei primi a tentare un approccio immersivo è stata Nintendo nel 1995 con il Virtual Boy, che si può ritenere un antenato degli attuali visori per la realtà virtuale ma che utilizzava la visione stereoscopica dando un’illusione di tridimensionalità. Ciò dimostra che il videogioco è sempre stato a partire dalle sue origini e per tutti i suoi settant’anni e oltre di storia uno spazio di sperimentazione creativa e tecnologica, multidisciplinare, trasversale e fucina di idee e lo è ancora oggi più che mai.

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