Il 17 novembre 2024, presso la Sala Pier Paolo Pasolini di Salerno, il videogioco è stato protagonista di un evento all’interno del Campania Teatro Festival – con direzione artistica di Ruggiero Cappuccio – in cui il medium ha espresso la sua forma artistica e dimostrato le sue capacità di ibridazione mediatica. La potenzialità di un medium, infatti, risiede anche nello sconfinare dal canonico contesto di fruizione senza perdere la sua essenza e le sue caratteristiche principali. Anzi, un medium può avere le capacità di plasmarsi a seconda dei luoghi in cui esso viene immerso per dar vita a nuovi linguaggi e modi di fruizione, e quindi, nuove esperienze. Ad esempio, Francesco Casetti (semiologo, critico cinematografico e critico televisivo) in “La Galassia Lumiere” parla del cinema e del concetto di rilocazione, ovvero dell’esperienza cinematografica non più legata solo al contesto della classica sala al buio, con le poltrone, il rumore della pellicola che gira nel proiettore. Il cinema oggi può essere fruito all’aperto o in casa, attraverso altri dispositivi e dinamiche, o ancora, nuove forme di fruizioni sperimentali all’interno degli ambienti digitali come il metaverso. Per il videogioco può avvenire lo stesso. Oltre la fruizione in casa attraverso PC e console, smartphone, tablet e portatili danno la possibilità di poter giocare in altri luoghi al di fuori delle mura casalinghe. Tuttavia, non si pensa di certo alle sale cinematografiche o teatrali come luogo per poter videogiocare, eppure una forma di ibridazione fra media con una di rilocazione del medium videoludico è ciò che è avvenuto alla Sala Pasolini con asses.masses.
Si tratta di un progetto corale con un team proveniente da varie parti del mondo, creato con il supporto di Shadbolt Centre for the Arts, the Theatre Centre, Vivo Media Arts, Embassy of Canada to Argentina and Paraguay e realizzato con i fondi di Creative BC e the British Columbia Arts Council e Canada Council for the Arts, in collaborazione con the National Arts Centre of Canada’s National Creation Fund. Gli ideatori, nonché registi di asses.masses, sono Patrick Blenkark e Milton Lim che – si legge dalle info presenti sulla brochure – sono “artisti concettuali che esplorano domande attuali sul valore sociale dell’arte, sul lavoro digitale e sul potenziale politico dei giochi. Mescolando i loro background tra performance, filosofia, psicologia e media digitali, durante la loro collaborazione hanno sviluppato videogiochi, installazioni partecipative, archivi digitali e giochi di carte.” Da ciò si intuiscono due elementi uno consequenziale all’altro: il primo è come il videogioco oggi accolga artisti e creatori con competenze e conoscenze differenti, trasversali e multidisciplinari; il secondo è che grazie a ciò il medium videoludico può davvero esprimere le sue sfaccettature di forma d’arte e mezzo di comunicazione con scopi che non sono necessariamente quelli di un intrattenimento con fine commerciale. Asses.masses è proprio tutto ciò, un videogioco collaborativo in cui si ibridano i linguaggi del gioco da tavolo e dei party videogame online, ma tutto in presenza, all’interno di una sala cinematografica o teatrale. Il videogioco – come si legge dal sito ufficiale – è stato progettato per essere giocato dall’inizio alla fine da un pubblico dal vivo, una persona alla volta. Tra pixel art che si alterna a fasi di grafica 3D, la durata della storia è di oltre 7 ore e parla di una mandria di asini disoccupati che cercano di riavere il loro lavoro, il tutto mentre affrontano i pericoli di una società post-industriale. Asses.masses è stato descritto infatti come un mix tra La fattoria degli animali di Orwell, Pokemon e Final Fantasy ma, per i videogiocatori più navigati, è impossibile non notare riferimenti ad altri videogiochi come Metal Gear Solid. Il videogioco è stato concepito proprio per questo unico scopo (non è disponibile alla vendita su store online e fisici), ovvero la collaborazione in presenza, il che rispecchia totalmente il gameplay ma soprattutto la storia.
Le tematiche affrontate sono quelle dello sfruttamento del lavoro, la distopia, i diritti dei lavoratori. L’etica degli esseri umani (o meglio, degli asini) nei confronti di temi come l’unione, l’aiuto reciproco, ma anche il conflitto fra tradizioni e innovazioni dove questi ultimi sono visti con timore da generazioni più anziane, mentre con entusiasmo dalle nuove generazioni. Tutti questi aspetti si ritrovano nella vicenda che viene raccontata con tono sfacciato e irriverente, con satira politica e sociale, ma soprattutto nei protagonisti: gli asini. Perché proprio gli asini? Come si legge sul sito di uno dei due autori: “Equus asinus, l’asino, ha svolto un ruolo centrale nella religione, nel colonialismo, nella guerra e nell’economia di quasi tutte le principali civiltà sin dalla sua domesticazione, avvenuta oltre 5000 anni fa. Ha simboleggiato tutto, dal potere, alla forza e alla stupidità, alla saggezza, alla pietà e alla fertilità. Negli ultimi anni, tuttavia, l’utilità dell’asino è stata resa superflua nelle società post-industriali e l’animale è stato transizionato per produrre altre forme di valore. Alla luce di queste transizioni, lo status contemporaneo dell’asino presenta un contesto particolarmente potente per comprendere lo stato del lavoro nella nostra era attuale, nonché un promemoria delle caratteristiche profondamente antropocentriche delle filosofie del lavoro e dell’emancipazione”. La storia è divisa in dieci capitoli e a turno ogni videogiocatore presente in sala può prendere il controller e fare la sua esperienza che tuttavia non è fine a sé stessa, anzi. Per decidere chi sarà il primo e il prossimo a giocare, quali decisioni prendere, come affrontare una determina sfida del gioco, si instaurano dinamiche di gruppo. La sala diventa un campo, riprendendo il concetto del sociologo Pierre Bourdieu: una sfera sociale che si dota di proprie regole e in cui ogni membro assume un ruolo e posizioni diverse, e creano fra di loro una serie di relazioni. Bourdieu parla di “regole del gioco” all’interno del campo e mai come in questo contesto sia decisamente appropriato, in quanto si hanno sia le regole del gioco intese come gameplay del videogioco, sia le regole che si instaurano all’interno della sala fra i partecipanti, regole fra di loro complementari. A sua volta, anche il mondo di asses.masses e la sua storia costituiscono un campo bourdieusiano: il gruppo di asini è una sfera sociale dotato di regole, in cui ognuno ricopre un ruolo diverso, e fra di loro si creano diverse relazioni. In pratica, da quando si avvia il videogioco si vanno man mano creando e scoprendo in contemporanea due sfere sociali che sono una il riflesso dell’altra e che si influenzano. L’unica differenza è che, mentre il gioco ogni due capitoli si stoppa per una pausa, in questo frangente i partecipanti continuano a parlare tra di loro, a conoscersi e dibattere magari sulle decisioni prese o fare ipotesi sulla storia, nonché a disquisire delle tematiche trattate. Il flusso di partecipazione e collaborazione dunque non cessa, ma continua in un’altra forma che può influire sull’esperienza videoludica.
Come detto, l’esperienza della persona che a turno prende il controller e gioca, non è fine a sé stessa ma si tratta di una vera e propria performance allo stesso tempo singola e di gruppo. Si crea un meccanismo interessante per cui il videogiocatore di turno che controlla la protesi digitale, ovvero l’avatar asinino, diventa egli stesso avatar e protesi umana degli altri partecipanti che collaborano all’avanzamento del gioco. Si vede quindi come proprio per questo aspetto si ha una sorta di rimediazione dei linguaggi teatrali, in cui c’è una performance dal vivo. Una situazione in cui, per richiamare gli studi del sociologo Goffman, la persona esce dal retropalco, sua zona intima e privata, per salire sul palco, zona pubblica, davanti ad altre persone, mettendo in moto dei meccanismi di recitazione che possono provenire anche da altri partecipanti del pubblico che si prestano a doppiare i dialoghi dei personaggi. Anche i linguaggi del cinema sono rimediati per via della visione in sala davanti uno schermo grande, in una sala (quasi) al buio e, per quanto possa sembrare banale, anche la possibilità di mangiare dei popcorn è un elemento che rimanda al cinema e contribuisce all’esperienza. Il collante sono poi i linguaggi del videogioco legati alla collaborazione che si rintracciano nelle community dei videogiocatori. L’aspetto del supporto – sebbene ci sia anche l’altra faccia della medaglia in negativo – per risolvere enigmi, ostacoli o semplicemente estinguere dubbi su una parte del gameplay di un videogioco è cosa comune, sia online che offline. Per gli studi nell’ambito dei game studies, ma anche delle arti performative, progetti come asses.masses devono essere tenuti d’occhio per più motivi. Innanzitutto, per capire il modo in cui i media si possano ibridare fra loro, conoscendone bene i linguaggi e contenuti, e come proprio ciò possa attirare pubblici diversi: videogiocatori e non, frequentatori di teatro e cinema e non. Così il pubblico di uno spazio come quello di asses.masses diventa sì eterogeneo, ma non dispersivo perché si ha nell’esperienza un fine comune, condiviso e sentito. Si diventa, come afferma il motto del videogioco, degli “asini uniti!”.