Dalla propaganda al podcasting, come cambia il linguaggio della radio

Cialdini e Maraschio ricostruiscono la storia dell’italiano radiofonico, ponendo attenzione sull’importanza della parola trasmessa e sugli elementi di innovazione contemporanei legati alla diffusione capillare di internet e delle nuove tecnologie

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Testimone e voce di cambiamenti politici, sociali e culturali da oltre un secolo. La radio ha un ruolo di punta nella storia del nostro Paese. Il suo linguaggio e le evoluzioni dell’italiano radiofonico sono importanti per la storia della linguistica italiana per studiare come evolve il nostro linguaggio nel corso di un secolo. Con “L’italiano della radio” (Bussole di Carocci Editore, 2024) Francesca Cialdini e Nicoletta Maraschio, rispettivamente ricercatrice in Linguistica Italiana all’Università di Modena e Reggio Emilia, e professoressa onoraria di Storia della Lingua italiana all’Università di Firenze e accademica della Crusca, ricostruiscono la storia dell’italiano radiofonico dalle origini a oggi, ponendo attenzione sull’importanza della parola trasmessa nella storia linguistica italiana e sugli elementi di innovazione contemporanei che sono legati soprattutto allo sviluppo e alla diffusione massiccia di internet e delle nuove tecnologie.

La radio è da sempre stata considerata un medium vicino, “caldo” – per dirla con McLuhan – un amico con cui dialogare e a cui affidare la propria voce: da questo punto di vista le radio comunitarie sono un esempio lampante. Probabilmente lo è anche il modo di ascolto: una dimensione collettiva prima, familiare poi e, poi ancora, con l’invenzione del transistor, sempre più individuale. E a riprova della “vicinanza” della radio c’è anche l’inclusività: un medium che incrementa il dibattito e può dare voce a tutti. Forse anche per questo diventa interessante analizzare i cambiamenti del linguaggio e le evoluzioni di una delle forme di comunicazione maggiormente diffuse.

Per Tullio De Mauro la radio resta il primo medium “che abbia varcato decisamente la barriera dell’italofonia”, riuscendo a farsi ascoltare da milioni di italiani che, specie nell’Italia degli anni Cinquanta, avevano come lingua principale il dialetto. Un medium, dunque, che diventa uno dei fattori principali dell’italianizzazione: agisce, in maniera naturale, su tanti che non sapevano né leggere né scrivere.

Dall’unità d’Italia linguistica al parlato colloquiale: con la liberalizzazione dell’etere si accentua la distinzione tra radio di palinsesto e radio di flusso; si passa dalla radio che parla come un libro stampato a un medium che si apre alla lingua parlata. La grande offerta radiofonica che parte dalla metà degli anni Settanta e che arriva fino a oggi mostra una enorme varietà linguistica che porta sempre più verso crossmedialità e multimedialità: la radio si mostra, infatti, come il medium più prestante per l’interazione con i social media. Con le molteplici innovazioni tecnologiche che ci vedono protagonisti, oramai non è più necessaria la simultaneità tra emissione e fruizione di contenuti; anzi, si moltiplicano i modi con cui è possibile ascoltare un prodotto radiofonico e non è più necessaria solo la trasmissione unitalerale. Il podcasting e i vari linguaggi utilizzati per questo tipo di programmi sono un fenomeno tutto da studiare. Probabilmente, in certe circostanze, aumentano le forme più volgari e basse del linguaggio parlato, così come dilagano i forestierismi (broadcast, fading, speaker, jack: sono oramai termini di uso comune anche nella nostra lingua); ma aumentano senza ombre di dubbio le opportunità di fruizione.

Discorso a parte per l’italiano delle radiocronache sportive: un genere che ha fatto la storia del Paese, dando il via a un parlato in diretta, non programmabile, che deve essere in grado di far vedere senza le immagini uno spettacolo complesso come una partita di calcio o una gara di ciclismo. Può sembrare un’immagine storica, vecchia, stantìa, ma – come per la radio usata dai regimi autoritari come strumento di propaganda politica – è un dato di fatto che mostra chiaramente l’evoluzione di un medium che, a cento anni dalla nascita, sa essere sempre giovane e al passo con i tempi.

Barbara Ruggiero

Coordinatore del magazine, giornalista professionista, è laureata in Comunicazione. È stata redattrice del Quotidiano del Sud di Salerno e, tra le altre esperienze, ha operato nell’ufficio comunicazione e rapporti con l’informazione dell’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni). Già docente di progetti mirati a portare il giornalismo nelle scuole, è stata anche componente e segretaria del Consiglio di Disciplina dell’Ordine dei giornalisti della Campania.

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