Il sovraturismo dei social

Lo strapotere dei nuovi media ha un duplice effetto: da una parte un influsso positivo che aluimenta un boom turistico post Covid; dall'altra, però, la smania di postare tutto on line non fa vivere appieno l'esperienza del viaggio e causa pericolose mode. Il Ministero del Turismo indirizzi, pertanto, il settore con una adeguata programmazione

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Una collega che fa grandi eventi nel settore archeologico, in specie tra Pompei ed Ercolano, dice che – volendo – si potrebbero catalogare per comportamenti e cattive abitudini i frequentatori dei siti; certo non ci sono più le comitive Naïf degli anni ‘60-’70 che arrivavano con la colazione al sacco per fare pic-nic sedendosi sulla stele di via Arpaia o sui gradini di Villa dei Misteri, in questo per fortuna il turismo archeologico non è più una scampagnata fuori porta, ma la catalogazione porterebbe comunque ad osservazioni specifiche da ponderare.

Dice ad esempio che specie giapponesi e americani, contrariamente a qualche decina di anni fa, quando si limitavano a rubare le pietre dei siti archeologici e le mettevano furtivamente in tasca come souvenir, oggi arrivano con un carico di immagini prese dai social di influencer stranieri che consigliano cose da vedere in Italia: e vogliono vedere proprio le cose evidenziate dai social!… magari spazientendosi che l’immagine del dio Priapo della casa dei Vettii, il meraviglioso Fauno danzante o il Lupanare siano separati e distanti fra loro mentre nelle immagini social stanno uno accanto all’altro.

Questa premessa solo per fare una riflessione – siamo nel periodo di massimo afflusso di stranieri – su quanto stanno incidendo i social anche sul turismo: da una parte sicuramente hanno avuto un influsso positivo, solo così si può spiegare il boom turistico post Covid a distanza di appena tre anni dalla clausura totale, ma dall’altra ci sono diverse negatività che quest’anno sono state subito evidenti agli occhi degli operatori.

In questo anno turistico infatti, iniziato solo da un paio di mesi, si è registrato subito un sovraturismo; i social negli ultimi tre anni hanno creato tendenze virali portando a sovraccarichi di visitatori nei luoghi più popolari, producendo:

Effetto di massificazione concentrando l’attenzione dei turisti su un numero limitato di luoghi o attrazioni iconiche, minimizzando altre zone meno note ma altrettanto interessanti. Questo ha portato a un afflusso sproporzionato di turisti in determinate zone, mentre altre regioni meno frequentate vengono trascurate.

Aspettative irrealistiche: Le immagini e i video pubblicati sui social media possono creare aspettative irrealistiche riguardo alle destinazioni turistiche. Ciò porta spesso a delusione o insoddisfazione quando i turisti scoprono che la realtà non corrisponde completamente a ciò che hanno visto o immaginato online.

Effetto selfie: Tante persone visitano luoghi turistici famosi solo per fare foto da condividere sui social media senza apprezzare o capire davvero cosa stanno vedendo. Questo fenomeno porta a comportamenti irresponsabili o a mancanza di rispetto per il patrimonio culturale e naturale; sono continui i casi come a Pompei dove a luglio un francese ha ritenuto di lasciare segno del suo passaggio su una statua o a Roma dove un inglese ha lasciato la sua firma sul Colosseo, cosa che ha fatto anche una ragazza svizzera… per poi mettere tutto on line.

Effetto sulla cultura locale: Il turismo massificato dai social media può portare l’offerta locale ad un livellamento verso il basso per soddisfare le aspettative minime dei turisti riducendo così le autentiche esperienze culturali locali e perdendo il loro carattere distintivo.

Dipendenza dai social media: I turisti potrebbero concentrarsi e accontentarsi troppo della condivisione di contenuti sui social media, perdendo l’opportunità di vivere appieno l’esperienza del viaggio in sé e dell’interazione con il mondo reale.

… Ma è importante sottolineare che, nonostante l’evidente sovraturismo del 2023, i social media potrebbero anche offrire vantaggi come promozione e visibilità per le destinazioni meno conosciute, possibilità di interazione diretta con i visitatori e uno scambio di informazioni rapido ed efficiente.

Pertanto, è fondamentale che il Ministero del Turismo indirizzi il settore verso un bilanciamento degli impatti negativi dei social media con una programmazione a monte. Occorre coinvolgere le comunità locali con politiche di promozione turistica affinché i social, pur nella loro totale libertà, vadano indirizzati a fini strategici per la gestione delle destinazioni turistiche.

Insomma per il 2024, con l’esperienza del boom di quest’anno, dobbiamo augurarci che al Ministero del Turismo che ha il compito di “…curare la programmazione, il coordinamento e la promozione delle politiche del turismo nazionale… in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale…” possano concentrarsi su cose più strategiche che non parare i cavoli della signora Daniela Garnero, detta Santanchè.

Carlo De Sio

Laurea in Scienze Politiche ed Economiche, Master in Psicologia sociale e P.R, ha lavorato nella Comunicazione d’impresa e nelle Relazioni Pubbliche per oltre 40 anni; dal 2015 è impegnato in attività di Lobbying indipendente in Italia e all’estero. Ha fatto parte dei direttivi di Organismi nazionali quali ACPI-Milano, FERPI-Milano e Confindustria. E’ iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1999

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