Dunning-Kruger, la sublimazione del Web

La rivoluzione digitale e il sapere accessibile a tutti porta ognuno di noi, paradossalmente, alla sopravvalutazione anziché alla consapevolezza dei limiti della propria conoscenza

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Vorrei iniziare ricordando un collega che non è più tra noi, col quale avevamo il vezzo di dirci le cose che pensavamo nella maniera più schietta ma con grande stima professionale: Pino Grimaldi.

Pur venendo entrambi dalla grande scuola della Comunicazione degli anni ’80-’90, avevamo due formazioni professionali totalmente diverse, lui designer e creativo io uomo marketing. Nell’ultimo incontro a fine 2019, il Covid se lo portò via agli inizi del 2020, convenimmo che -scherzando, ma mica tanto- era il caso che ci trovassimo un altro lavoro, perché sia la creatività che il marketing erano ormai spazzati via dai Social che avevano il grandissimo pregio di costare poco ed essere alla portata dei tanti che fossero pratici di Internet (Social Media, Specialist, Consultant, Content, Strategist, etc, etc..) e concludemmo, parafrasando la nota battuta di Woody Allen “La grafica sta male, la creatività è grave, il marketing è estinto e anche noi non ci sentiamo tanto bene”.

Certamente il nostro era un atteggiamento di chi aveva avuto l’opportunità e la fortuna di conoscere il mestiere ab origine, ma qualcosa di profondo e vero c’era in quel che ci dicevamo: il problema reale era che il mondo della Comunicazione d’impresa era cambiato molto e noi che avevamo contribuito a crearlo, pur in vista della senilità, continuavamo a raccontarne e scriverne imperterriti, senza badare che quelli che ci ascoltavano sembravano cadere dal pero e fossero sempre in meno, perché il Nuovo era ormai una realtà consolidata.

Il Nuovo, nato ufficialmente 15 anni prima con Facebook e poi a ruota prima con Istagram e quindi tutti gli altri, prescindeva da tutto ciò che si era costruito dagli anni ’80 in poi, per cui era alla portata di tutti quelli che in qualche maniera conoscevano i meandri del Web e dei Social e sembrava non ci fosse più bisogno di cultura, preparazione tecnico-artistica e meno che mai di esperienze nel campo del marketing o di quello creativo.

Questo portava a sentirci degli “eletti” ma sapevamo fosse un’illusione, non fosse altro per il fatto che noi venivamo da un mestiere artigiano che cercava di differenziare il nostro cliente dal resto delle offerte di mercato, mentre la nuova cultura digitale prescindeva dalla costruzione strategica di un Concept di Comunicazione perché trovava tutto on line e portava alla sublimazione un processo di omologazione e livellamento concettuale iniziato diversi anni prima.

Questo senso acclarato di farsi bastare la propria conoscenza tecnico digitale, di non voler sapere da dove venga il concetto stesso di Comunicazione, crea il presupposto vero di questa nuova tipologia di divulgazione del messaggio pubblicitario: il non conoscere da dove vieni ti lascia libero di scrivere o tracciare quello che credi senza riserbo, cautele o ritegno: è il contrario di ciò che capita a chi soffre (specie tra le donne) della Sindrome dell’Impostore, che obbliga chi conosce davvero la materia a mille dubbi, a mille domande prima di rilasciare una dichiarazione o mettere la sua firma su un testo, un’immagine o una relazione tecnica per tema di non aver detto o scritto tutto corretto e documentato.

Alla lunga la frase emblematica del pressappochismo culturale di castelliana memoria “Questo lo dice Lei…” l’ha avuta vinta, ché mette tutto in discussione, anche il sapere certificato e sancisce la vittoria dell’effetto Dunning-Kruger sulla Sindrome dell’Impostore di cui è proprio l’esatto opposto, il reale antipode.

Siamo in piena navigazione nella rivoluzione digitale causata dalle nuove tecnologie che creano nuovi paradigmi, con la necessità di rivedere completamente la struttura della conoscenza, perché è noto che nel Mare Magnum dei frequentatori di internet non spicca una consapevolezza delle proprie conoscenze, anzi ci si porta a sopravvalutarsi, ed infatti solo il 20% dei soggetti è in grado di comprendere realmente un testo scritto, il resto ne estrapola solo ciò che sembra già far parte del proprio limitato bagaglio di conoscenze (Dati OCSE, Skills Outlook Italy 2022).

In poche parole, secondo la teoria di Dunning-Kruger: gli incompetenti sanno troppo poco per sapere di non sapere (cit. Pino Grimaldi) e risolvono la cosa cercando idee e soluzioni su internet; di contro si spiega anche l’opposto, l’effetto dell’Impostore: chi sa molto, ed è abituato a studiare “si mette sempre in discussione temendo ogni volta di sapere poco rispetto agli altri” (cit. Elisabeth Cadoche).

Forse è questa in nuce la differenza tra la Comunicazione degli anni ’80-’90 e quella nel nuovo millennio: Allora si partiva con un fervore ed un lunghissimo apprendistato, ma pochissimi emergevano… col nuovo millennio si riparte da zero, non c’è assoluto bisogno di conoscere i fondamentali (marketing, semiotica, psicolinguistica, etc..) e tanti possono farlo perché quel che c’è da sapere è nel web…

Insomma ricordando le chiacchierate con Grimaldi: al “So di non sapere” socratico e tipico della Sindrome dell’Impostore, il Nuovo risponde con l’effetto Dunning-Kruger: “So di poter sapere collegandomi ad Internet”.

Carlo De Sio

Laurea in Scienze Politiche ed Economiche, Master in Psicologia sociale e P.R, ha lavorato nella Comunicazione d’impresa e nelle Relazioni Pubbliche per oltre 40 anni; dal 2015 è impegnato in attività di Lobbying indipendente in Italia e all’estero. Ha fatto parte dei direttivi di Organismi nazionali quali ACPI-Milano, FERPI-Milano e Confindustria. E’ iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1999

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