Ma l’Influencer influisce davvero?

È in atto una ridefinizione del ruolo dei novelli digital creator: si va verso i testimonial del settore, veri e propri esperti specializzati in determinati ambiti

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…ma l’Influencer, influisce?

Non c’è una risposta risolutiva a questo quesito, qualcosa di serio però l’ha scritto lo scorso anno, con tanto di ricerca scientifica, uno dei giornali più letti al mondo, The Wall Street Journal, che ha dato una risposta piuttosto lapidaria: “Sì, ma molto meno di quanto si creda”, prevedendo tra l’altro anche uno scoppio della bolla influencer nel giro di pochi anni, ma questo lo potevamo anche supporre, è fisiologico, capita per tutti i nuovi media.

Fino a una decina di anni fa l’influencer marketing consisteva in gruppi di Topi di biblioteca digitale, Nerd, Blogger o giù di lì, che testavano un prodotto, un programma, più raramente un servizio, lo provavano sul campo e poi comunicavano ai propri follower le loro opinioni al proposito; era quindi un uso tecnico e tutto sommato concreto del web, graditissimo specialmente da chi ambiva ad acquistare articoli poco conosciuti ma dal grande appeal tecnologico.

Chiara Ferragni e Fedez

Da qualche anno invece il marketing di influenza, complice il successo clamoroso di alcune Webstar, parte esattamente dal contrario: “Si concentra più su persone influenti o conosciute, su ciò che fanno, ma soprattutto su come appaiono, piuttosto che sul mercato di riferimento del prodotto collegato ad essi”… quindi poco mercato e tutta apparenza. Se questa affermazione è accettata e riportata anche in alcuni dizionari moderni e dall’omnisciente Wikipedia, l’influencing è un marketing ben strano.

Allora vien da chiedere: se quelli che da anni testano articoli e prodotti prima di relazionarne ai propri follower non sono influencer, cosa sono allora? E per essere chiari, se quel minuto e misogino Nerd che macina contatti come un Caterpillar, quello che ha scoperto falle in Google, Apple, Microsoft, etc.., quello che spiega tutto di tutto, anche ciò che nemmeno i Giganti del software sanno del proprio prodotto e che dal 2021 ha l’inezia di oltre 16 milioni di utenti al mese e che pur essendo considerato il vero Deus ex Machina del web è ritenuto dagli investitori solo un blogger: che mestiere fa Salvatore Aranzulla? “…è bruttino, calvo e non ha le tette”: Ecco spiegato l’arcano!

Ma ritornando sui binari, ogni nano, micro o mega Influencer ha la propria community con la quale resta in contatto giornaliero e su cui esercita una influenza mediante la condivisione di messaggi e incidendo sulla visibilità e la percezione dei brand ai quali sono collegati. Per questa ragione, dalle super star del web ai micro influencer, si creano opportunità per le aziende che ritengono di investire, ma è basilare scegliere l’influencer come se stessimo scegliendo un testimonial tenendo conto del suo seguito e di ciò che comunica attraverso il suo sito.

Attenzione, però: salvo singolari casi costituiti da ex atleti che si dedicano alla tecnica degli articoli collegati al loro settore sportivo e qualche volto noto (cantante o attore) sul viale del tramonto che ha scoperto che si può guadagnare anche senza fare stancanti tour, l’influencing funziona solo sull’immagine dell’influencer, quindi il prodotto viene trainato di striscio, è bene saperlo; come è bene sapere che l’immagine del veicolo che si va a scegliere vive sulla vita mostrata e molte volte sulle grazie esibite: quel marketing antico, vecchio come il cucco. È bene esserne coscienti.

Anche per tale motivo oggi i mega Influencer preferiscono essere chiamati Digital Creator (The Wall Street Journal, non aveva torto sul prossimo scoppio della bolla influencer). Celebrità come Clio Makeup, Chiara Ferragni, Alice Pagani (tutte abbondantemente molto oltre il limite di 10 mln di followers) non possono più tollerare che la figura dell’influencer si sia così democratizzata tramite Instagram ma soprattutto con TikTok che ha allargato ad libitum la platea di possibili influencer, né possono accettare che il 90% (ed oltre) di essi, essendo donne, facciano l’occhiolino al sesso tramutando il tutto in un quasi porno-soft.

Non è che fino a qualche tempo fa alcune Mega Influencer non abbiano anche loro pubblicato immagini sexy… ma il tempo passa per tutti e si cerca di correre ai ripari cercando un riposizionamento, non sempre felice: la Clio ha i suoi 40 e passa anni ed oggi non si espone più a piena figura, al contrario della milionaria Ferragni che -in prossimità dei 40- ha appannato la sua immagine sovraesponendosi al Festival di San Remo dove ha rivelato una magrezza ai limiti rivelando come Fake quel bel décolleté e quel e tondo lato B che mostrava in solitaria nel suo sito, palesemente non suoi (gli hater sono andati a nozze!).

È quindi in atto una ridefinizione del ruolo; da una parte ci saranno gli influencer che per la loro storia -per alcuni più che decennale- che non saranno più concepiti come tali ma come Testimonial di settore, per l’ampio seguito sui social media e quindi visti come esperti nel proprio (vedi Clio per il Make up o la Ferragni per la Moda), e dall’altra una caterva di altri influencer che sgomiteranno per emergere e che, per durare, dovranno inevitabilmente specializzarsi in qualcosa che vada oltre il porno-soft, perché di quello ce n’è in tutte le salse sul web.

E forse solo così potranno essere presi in considerazione dagli inserzionisti i Blogger, cioè quei Nerd, che hanno una funzione sociale: faci capire cosa leggiamo in quel mare magnum del web.

Carlo De Sio

Laurea in Scienze Politiche ed Economiche, Master in Psicologia sociale e P.R, ha lavorato nella Comunicazione d’impresa e nelle Relazioni Pubbliche per oltre 40 anni; dal 2015 è impegnato in attività di Lobbying indipendente in Italia e all’estero. Ha fatto parte dei direttivi di Organismi nazionali quali ACPI-Milano, FERPI-Milano e Confindustria. E’ iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1999

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