Gruppi di pressione & Public Affairs

Le lobby sono spesso sinonimo di poca trasparenza, ma se non ci fossero la maggioranza delle attività governative e parlamentari si fermerebbe all'istante. Sarebbe allora il caso di cominciare a regolamentare le relazioni pubbliche?

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Quando si parla di Lobby, in Italia ancora oggi si fa subito mente locale a una mancanza di trasparenza, accordi sotterranei, malaffare, etc..: c’è qualcosa di vero e molto di gratuito, perché senza le Lobby la stragrande maggioranza delle attività governative e parlamentari, sia in Italia che in Europa, si fermerebbe all’istante.

Il problema è antitetico: abbiamo un’opinione perversa delle Lobby ma poi mandiamo al Parlamento gente che -se va bene- ha un background culturale pagato a rate a società che impacchettano Lauree in confezione regalo: come possiamo pensare che questi non si servano delle Lobby per entrare a conoscenza di settori svantaggiati, magari sotto attacco di prodotti simili o per scrivere un intervento tecnico, una mozione, un disegno di legge da leggere poi solennemente in Aula?

Ma parlando di Lobby, occorre fare chiarezza, all’interno di questo mondo grigio e poco conosciuto: c’è una enorme differenza tra Lobby indipendenti e Gruppi di pressione.

Le LOBBY INDIPENDENTI, che faremmo meglio a chiamare Public Affairs, sono società o studi professionali di servizio, più o meno grandi ed efficienti che perorano gli interessi di aziende e consorzi che hanno necessità di far capire al legislatore perché una produzione, tipica di una realtà locale, non possa essere rifatta altrove con lo stesso nome, oppure con criteri diversi sia pur nel rispetto delle norme sanitarie o con materie prime diverse da quelle originali autoctone, legate al clima e al mangime naturale.
In tal modo noi italiani, che abbiamo il massimo numero mondiale di prodotti tipici (4700 ca) che sono oggetti al maggior numero di facsimili o riproduzioni al mondo, stiamo difendendo i nostri prodotti locali: abbiamo così ottenuto che la UE riconoscesse che il Lardo di Colonnata possa continuare a maturare solo nel marmo di Carrara e non in recipienti di acciaio inox, abbiamo evitato che in Polonia si cominciasse a produrre Mozzarella dop (sic!), abbiamo imposto che il Parmigiano Reggiano, il Caciocavallo Silano etc.. si faccia solo in Italia e in determinate regioni, alla faccia di oscenità tipo Pàrmesan e Casecàval 😱, e così via…

Le Lobby indipendenti sono quindi indispensabili perché nonostante il gran bailamme creato dalla globalizzazione, che già dal 2010 stava mostrando i suoi grandi limiti ma che con la guerra in Ukraina ha dimostrato il suo rovescio, oggi l’Europa è fatta di interessi locali che hanno bisogno di essere portati all’attenzione delle Istituzioni che difficilmente se ne farebbero carico: questo è il lavoro specifico delle Lobby/Public Affairs.

Tutt’altra cosa sono i GRUPPI DI PRESSIONE; sono multinazionali o consorzi di multinazionali, queste propriamente denominate Lobby, storicamente concentrati in tre campi: Banche/Finanza, Tabacchi e Carburanti… ma da un po’ presidiano anche i campi dell’Energia, della Vendita on line e dei Paesi del Golfo che si sono resi conto che il Petrolio sarà sempre meno uno strumento di ricatto e quindi cercano di investire in Reputazione (sic!, sic!), Turismo e Calcio (il Campionato del Mondo in Quatar ricorda qualcosa?)… ovviamente non facendo mai dimenticare al Mondo che sono e saranno sempre regimi totalitari.

Questi Gruppi di Pressione sono un mondo a sé, hanno enormi riserve di finanza, operano con molta discrezione tenendosi sott’acqua e con solo il periscopio emerso; rappresentano interessi che non coincidono mai con quelli del genere umano; basti pensare solo agli ostacoli per ritardare l’inizio delle operazioni “bancarie” a basso o nullo costo offerte dalle Finanziarie private, ai miliardi venuti dal cielo per salvare una banca depredata e decotta, al ritardo trentennale dello sviluppo dell’elettrico e dell’idrogeno per l’autotrazione, alla mancata coltivazione nei deserti vicini agli oceani (cosa che Israele fa per cavoli suoi da decenni), agli ostacoli messi fino a ier l’altro per il fotovoltaico.

I Gruppi di Pressione significano soprattutto grandi investimenti, soldi facili e riserve in nero, ma soprattutto corruzione di politici: basta ricordare l’ultimo scandalo accaduto in UE con la Lobby del Qatar, ma la memoria va facile al 2014 con la Lobby del tabacco che pagò milioni di euro ai politici europei per le leggi sull’accisa sul tabacco, al 2016 quando la Lobby dei combustibili fossili pagò milioni ai politici europei per influenzare le leggi sul clima e al 2018 quando la Lobby farmaceutica pagò i politici europei per influenzare le leggi sui prezzi dei farmaci… ma la lista è molto, molto più lunga.

In Italia, non esiste una legge che regolamenti l’attività delle Lobby, ciò significa che possono operare liberamente, con le sole (ed eventuali) regole deontologiche; il disegno di legge presentato nel 2017 galleggia ancora in mare aperto, ma sarebbe un passo importante per dare fonti di diritto ai Gruppi di Pressione che vivono comprando e vendendo parlamentari a peso e all’ingrosso -e come potrebbero impedirglielo?- ma soprattutto al settore delle Lobby indipendenti-Public Affairs visto che per i Parlamentari sono vitali in quanto obiettivamente impossibile a conoscere tutto di tutto…

Ma a mio modo di vedere, essendomi occupato per molto tempo di R.P., il legislatore dovrebbe andare ancora più a monte, dovrebbe regolamentare le Relazioni Pubbliche: non ci si pensa, ma esse sono la madre di tutte le attività di comunicazione e di affari interpersonali e comprendono tutte le azioni di relazioni e rapporti con l’informazione e sono la base per chiunque si occuperà di Lobbying in futuro… meglio cominciare dalla fonte, o no?

 

Carlo De Sio

Laurea in Scienze Politiche ed Economiche, Master in Psicologia sociale e P.R, ha lavorato nella Comunicazione d’impresa e nelle Relazioni Pubbliche per oltre 40 anni; dal 2015 è impegnato in attività di Lobbying indipendente in Italia e all’estero. Ha fatto parte dei direttivi di Organismi nazionali quali ACPI-Milano, FERPI-Milano e Confindustria. E’ iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1999

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