Più dignità a chi lavora nella sanità pubblica

Chi programma e gestisce risorse non dovrebbe tenere presente solo i dati finanziari; dovrebbe passare una giornata al pronto soccorso per rendersi conto delle difficoltà. Il caso Cardarelli in Campania

Tempo di lettura 2 minuti

Negli ultimi giorni ho fatto esperienza diretta della mancanza di personale nella sanità pubblica in Campania, specialmente nel pronto soccorso. E, poi, ho fatto esperienza diretta della carenza di posti letto negli ospedali, compresi quelli che si autodefiniscono “di rilievo nazionale” come il Cardarelli di Napoli. Al tempo stesso, ho fatto esperienza, con mio padre, della grandissima capacità, generosità e attenzione del personale medico e infermieristico della sanità pubblica, in particolare dello stesso Cardarelli.

I politici che parlano di sanità con l’obiettivo di programmare e distribuire risorse dovrebbero partire non solo dai dati finanziari, demografici ed epidemiologici, ma anche da qualche giornata e nottata passata nei servizi di pronto soccorso. Guardando le condizioni di lavoro e quelle dei degenti. E guardando quanti diritti sono ridotti o negati, compreso il diritto a soffrire con dignità, così come quello a lavorare in sicurezza. È su questo che qui vorrei richiamare l’attenzione: sulla vita lavorativa del personale sanitario e su quella di chi si rivolge agli ospedali pubblici. Guardare da questa prospettiva lo stato della sanità pubblica in Campania aiuta a capire di cosa si ha bisogno.

In primo luogo, risulta evidente che di fronte a un alto numero di ingressi in pronto soccorso (con codici rosso e giallo compresi) c’è un numero di medici troppo piccolo. In secondo luogo, c’è il fatto altrettanto visibile – che ho visto presso l’ospedale Cardarelli – delle circa 40 persone nel grande salone del pronto soccorso, con barelle e sedie una vicina all’altra, in attesa per ore e ore: evidentemente, anche in questo caso a causa del basso numero di medici. Ho visto un’umanità sofferente ma anche forte: sia per la preparazione e disponibilità dei medici e la dedizione e concentrazione delle infermiere e degli infermieri, sia per la compostezza e serietà dei degenti e dei loro parenti, stanchi per la preoccupazione, i dolori e le lunghe e disagevoli attese, ma fiduciosi verso quel personale sanitario. Dunque, ho fatto esperienza della mancanza di personale nelle strutture pubbliche della sanità campana: una mancanza che va affrontata restituendo dignità a questo tipo di lavoro. E questo richiede il superamento del precariato di medici e infermieri, stipendi coerenti con il livello di preparazione e responsabilità richiesto ai sanitari, aumento degli occupati anche per garantire maggiore sicurezza nell’esercizio del lavoro. Il miglioramento della condizione di lavoro dei sanitari si attua, dunque, solo migliorando la vita dei degenti nei reparti di pronto soccorso, con minori tempi di attesa, minore affollamento degli spazi, maggiore velocità di risposta dagli stessi reparti specialistici degli ospedali.

Se non si affrontano questi nodi, la forza di medici e infermieri sarà insufficiente ad affrontare le difficoltà delle loro condizioni di lavoro e delle persone che si trovano ad assistere. Questi nodi vanno, però, non solo individuati ma anche compresi e per farlo è necessario tornare alla carne, ai sentimenti, ai dolori, alle speranze di chi si rivolge al servizio di pronto soccorso e alla sanità pubblica nel suo insieme. È necessario rimettere al centro il lavoro e la vita e la loro dignità, lasciando da parte i proclami politici, utili per la propaganda, così come le misure tecnocratiche, solitamente utili per ridurre la forza della sanità pubblica.

Gennaro Avallone

Nato nel 1973, è professore di sociologia dell'ambiente e del territorio presso il Dipartimento di studi politici e sociali l'Università degli studi di Salerno. Tra i suoi temi e ambiti di ricerca si segnalano i processi di emigrazione e immigrazione, il razzismo, il lavoro agricolo, l’ecologia politica e la sociologia urbana.

Previous Story

Panetta governatore, le tre sfide da non tradire

Next Story

Liste di attesa ed esami inutili: ko la sanità al Sud