Sanitari in fuga in Svizzera, miti & realtà: la molla non è il salario

La scelta di trasferirsi spesso è una combinazione di fattori sociali che coinvolgono la qualità del lavoro, le opportunità di crescita, il riconoscimento professionale e la sicurezza occupazionale e sociale

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Ho qualche conoscente “fugato” all’estero, non è una novità: è da decenni che l’Italia perde personale, in particolare nel settore sanitario, verso Paesi che offrono condizioni migliori. Secondo dati recenti, solo nel campo sanitario sono migliaia infermieri e medici che ogni anno lasciano il nostro Paese per lavorare all’estero. Le destinazioni più comuni sono i paesi vicini, come la Svizzera, la Germania e la Francia, ma anche paesi più distanti come Regno Unito, Canada e Stati Uniti, stanno vedendo un afflusso di professionisti sanitari italiani. La decisione di emigrare è in genere motivata dalla ricerca di stipendi più alti, ma scava-scava vengono fuori anche le opportunità di crescita professionale, l’assenza della politica nelle promozioni e una maggiore considerazione sociale specie per la figura dell’infermiere… e in questo la Svizzera è la destinazione più gettonata: è vicina, con retribuzioni più elevate e un sistema sanitario efficiente.

Tuttavia, dietro l’apparente convenienza economica si nascondono complessità e contraddizioni che meritano di essere analizzate: l’aspetto economico è di certo un fattore motivante per i sanitari italiani, gli stipendi dei medici e degli infermieri in Svizzera sono, effettivamente, molto più alti. In Italia lo stipendio medio netto di un infermiere si aggira tra i 1.500 e i 2.200 euro al mese, in Svizzera può facilmente raddoppiare o triplicare, arrivando a circa 4.500-5.500 (CHF), equivalenti a circa 4.200-5.100 euro; per i medici la differenza di stipendio è ancora più marcata; qui un medico dipendente del servizio pubblico può guadagnare dai 2.000 ai 4.000 euro netti mensili, a seconda dell’anzianità e della specializzazione, mentre in Svizzera i guadagni mensili di un medico possono facilmente superare i 10.000 franchi svizzeri lordi (circa 9.400 euro)… ma il tutto, va precisato, rappresenta il lordo: ci sono poi le trattenute fiscali svizzere -certamente minori di quelle italiane- e i costi aggiuntivi -che sono tanti- che riducono significativamente il netto mensile.

L’aspetto economico cruciale è il costo della vita. Vivere in Svizzera è notevolmente più caro rispetto all’Italia, specialmente se si considera il costo della Sanità. Mentre in Italia il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) garantisce assistenza sanitaria gratuita o a basso costo per tutti i cittadini, in Svizzera ogni residente deve sottoscrivere un’assicurazione sanitaria privata, con costi che variano a seconda della copertura e dell’età dell’assicurato. In media, il costo mensile per un’assicurazione sanitaria privata con una copertura simile a quella del SSN italiano si aggira intorno tra i 350 e i 500 euro per persona, ma con franchigie (importo minimo annuale da pagare di tasca propria prima che l’assicurazione intervenga) che possono raggiungere anche i 2.000-3.000 euro, senza poi dimenticare la ritrosia delle società di assicurazione di rifiutarla agli ultra 75enni e poi ci sono le medicine se non sei ben assicurato.

Oltre alla sanità, altri aspetti della vita quotidiana incidono fortemente sul potere d’acquisto di chi si trasferisce in Svizzera. Affittare un appartamento nelle principali città svizzere è costoso: a Zurigo un bilocale in periferia può costare tra i 1.800 e i 2.500 CHF al mese (circa 1.700-2.300 euro). A Ginevra, i prezzi sono simili o addirittura superiori… in Italia, specialmente nelle regioni meridionali, con la stessa cifra è possibile comprare un appartamento più ampio coprendo l’intera rata di un mutuo. Anche beni di consumo come generi alimentari e servizi essenziali hanno prezzi più alti rispetto all’Italia, il che implica che una porzione rilevante dello stipendio viene destinata alle spese quotidiane.

In questo contesto, l’attrattiva del salario elevato può quindi risultare ridimensionata: se un infermiere italiano guadagna circa 1.500-2.000 euro al mese e riesce a vivere dignitosamente, spostandosi in Svizzera può guadagnare più del doppio, ma se non ci si arrangia in qualche modo anche il costo della vita raddoppia o triplica. Di conseguenza, il netto reale, in termini di potere d’acquisto, non è sempre proporzionato all’aumento della retribuzione lorda.

Da non sottovalutare poi -più di uno me l’ha confidato- la pressione lavorativa che molti sanitari italiani avvertono una volta trasferiti all’estero. La Svizzera, è nota per la qualità del suo sistema sanitario, ma applica standard di lavoro rigidi, con turni impegnativi e una produttività richiesta ai massimi livelli. Il sistema sanitario svizzero è in buona parte privatizzato e orientato all’efficienza: la dedizione richiesta, unita alle aspettative elevate, ai turni intensi e alla concorrenza interna, può rendere difficile mantenere un equilibrio tra vita professionale e privata, causando stress e alienazione: è noto che molti sanitari, specie medici, soffrono di burnout.

E allora? … se non è la vil moneta, cos’altro li attrae altrove?

La scelta di trasferirsi in Svizzera non è solo una questione di stipendio; è una combinazione di fattori sociali che coinvolgono la qualità del lavoro, le opportunità di crescita, il riconoscimento professionale e la sicurezza occupazionale e sociale. I medici e gli infermieri italiani che decidono di lasciare il nostro per la Svizzera lo fanno spesso perché cercano un ambiente di lavoro più organizzato, una carriera con più prospettive e una società che rispetti e valorizzi il loro contributo.

È evidente che l’Italia si trova a dover affrontare sfide strutturali per migliorare il proprio sistema sanitario, ridurre la burocrazia e offrire condizioni di lavoro che possano competere con quelle estere. La vera soluzione alla fuga di sanitari italiani richiede un impegno politico e sociale a favore di una sanità pubblica efficiente e di un ambiente di lavoro che restituisca a medici ed infermieri il ruolo e il rispetto che meritano, ma soprattutto:

  1. Condizioni di lavoro migliori; in Svizzera, il carico di lavoro è generalmente meglio distribuito, con personale e risorse sufficienti a garantire una gestione più organizzata e meno frenetica.
  2. Opportunità di crescita e specializzazione; all’estero, in genere, le possibilità di carriera e di crescita professionale sono maggiori; Il percorso di carriera per un medico o un infermiere in Italia è spesso limitato da un sistema di avanzamento non sempre meritocratico.
  3. Riconoscimento sociale e valorizzazione della professione. In Svizzera, la professione sanitaria è vista e trattata con un grande rispetto. I medici e gli infermieri godono di uno status sociale elevato.
  4. Maggiore sicurezza e stabilità lavorativa. Il sistema sanitario svizzero, caratterizzato da una combinazione di pubblico e privato, offre maggiore sicurezza occupazionale e salari più stabili, senza il rischio di tagli drastici o blocchi delle assunzioni, situazioni che invece in Italia si verificano spesso, specialmente nelle strutture pubbliche.
  5. Qualità della vita e sicurezza sociale, oltre alle motivazioni professionali, per molti il trasferimento in Svizzera è anche una scelta legata alla qualità della vita. La Svizzera è riconosciuta come uno dei paesi più sicuri e con un ordine sociale sconosciuto a noi, dove si fa la fila anche per comprare la frutta

Quindi il salario doppio o triplo è fondamentale ma non decisivo, si va all’estero -e in Svizzera in particolare- soprattutto per altro…Ma l’allegria, la simpatia degli amici lasciati in Italia? Un mio cugino mi ha chiarito: “Ci si abitua a tutto, anche a non essere nemmeno guardato per strada da una persona con la quale magari la sera prima avevi pensato di essere diventato amico per la pelle…”

Fonti: Rapporti ISTAT, OCSE, FNOPI (per dettagli sui trend di occupazione e migrazione del personale sanitario).

 

 

Carlo De Sio

Laureato in Scienze Politiche ed Economiche, con Master in Psicologia sociale e P.R, ha lavorato nella Comunicazione d’impresa e nelle Relazioni Pubbliche per oltre 40 anni. Ha fatto parte dei direttivi di Organismi nazionali quali ACPI-Milano, FERPI-Milano e Confindustria. E’ iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1999.
Fa parte di un gruppo di specialisti per la revisione di testi generati dall’I.A. e partecipa nel Deep Web a un gruppo di approfondimento che ha come focus notizie e valutazioni sulle crisi politiche in atto.

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