“Libro Aperto” ricollega alla vita il mondo dei giovani

Incontro con Angela Albarano, docente, formatrice, event manager, che ha lavorato in tutta Italia, per poi tornare nel Salernitano, dove ha fondato nel 2021 il Festival della Letteratura per Ragazzi, una rassegna unica nel suo genere. Così è nata una kermesse che dà l’occasione ai ragazzi dai 7 ai 19 anni – con un focus sugli studenti universitari – di incontrare veri autori che si occupano di storie di giovani e giovanissimi

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Cultura, passione e la volontà di cambiare il mondo (anche di un briciolo). Se si dovesse descrivere Angela Albarano con tre concetti chiave, sarebbero di certo questi. Docente, formatrice, event manager, la Albarano ha vissuto e lavorato in tutta Italia, per poi tornare a Salerno perché sentiva di voler fare qualcosa per il proprio territorio, così meraviglioso ma complesso, soprattutto per quanto riguarda la dimensione culturale. Ha fondato il “Libro Aperto. Festival della Letteratura per Ragazzi” e da quando è nato – nel 2021 – ne è brillantemente la direttrice artistica. Ha saputo realizzare un progetto importante, prezioso e canalizzare tantissime importanti personalità del mondo dell’editoria a Baronissi, luogo in cui si svolge la rassegna. Ne abbiamo parlato – tra tante altre riflessioni – in una ricca intervista.

Nel 2021 ha fondato “Libro Aperto. Festival della Letteratura per Ragazzi” di cui è direttrice artistica: un progetto ambizioso che ha ottenuto un enorme successo e, da tre anni, inonda per qualche giorno le strade di Baronissi di giovani e cultura. Da dove nasce l’idea e come ha preso forma il progetto?

Questa idea nasce dal mio essere una event manager di grandi eventi culturali da oltre vent’anni; quindi, un’esperienza nazionale che mi porto dentro, iniziata in ambito musicale e continuata in quello culturale, sia legata all’antropologia culturale che ai grandi festival da Casa Sanremo a Giffoni Film Festival. Da qualche anno, poi, sono anche docente part-time di Letteratura italiana nella scuola secondaria di primo e secondo grado. Durante la pandemia ho avuto l’idea di unire queste mie due anime: quella che si vuole occupare di cultura sul nostro territorio e quella legata alla docenza e al rapporto con i ragazzi. Mi sono resa conto che nel nostro territorio, in generale nel sud Italia, mancava qualcosa che avesse a che fare con l’educazione alla lettura, al buon libro, alla letteratura contemporanea dedicata ai ragazzi. Sebbene l’editoria riconosca ai ragazzi il primato della lettura, non c’era un festival per incontrare autori e libri. Ho pensato che fosse giusto e importante per la crescita culturale del nostro territorio e dei nostri ragazzi dare l’opportunità a loro di essere protagonisti della letteratura a loro dedicata. Così è nato “Libro Aperto Festival” che dà l’occasione ai ragazzi dai 7 ai 19 anni – con un focus sugli studenti universitari – di incontrare veri autori, coloro che scrivono per lavoro e che si occupano di storie per ragazzi. Per prima cosa ho creato un premio letterario: i ragazzi sono giudici della letteratura a loro dedicata e grazie ad un comitato di selezione di cui fanno parte anche molti membri dell’Università degli Studi di Salerno scegliamo una terna di libri in concorso e la cosa bella è che in questo comitato ci ho sempre tenuto ad avere una rappresentanza di bookblogger e di ragazzi. C’era qualcuno che all’interno del comitato era un po’ scettico su questa mia decisione di voler unire professionisti della cultura con giovanissimi e, invece, il primo anno entrambe queste anime hanno proposto lo stesso libro, a dimostrazione che, quando c’è una passione, un interesse c’è anche la capacità di leggere le buone storie. Anche all’interno delle scuole oggi c’è poca contemporaneità, il mio intento era quello di fare capire che gli autori sono vivi, esistono, si possono incontrare, ci si può raccontare con loro, capire da dove è nata la loro passione.

Infine, il mio intento è quello di far diventare gli autori delle vere e proprie rockstar, qualcuno a cui ispirarsi, degli influencer e questo è accaduto perché i 250 giurati per ogni sezione sono super felici di farsi firmare i libri dagli scrittori proprio perché la votazione del nostro festival avviene dopo l’incontro con l’autore e questo è voluto perché si deve creare quella possibilità di fare domande, quella empatia fra storia e autore che aiuta anche il ragazzo a chiudere il cerchio della storia. Sono coscientemente tornata a Salerno perché sentivo di voler dare il mio contributo a un territorio che è molto ricettivo e merita di avere più possibilità. Dal lato management è molto complicato organizzare un evento come il nostro che già dal primo anno si è espresso in maniera nazionale sia dal punto di vista degli autori che degli ospiti provenienti anche dal mondo del cinema, della televisione, della musica e abbiamo però tenuto duro e, fino ad ora, il festival è completamente gratuito e doniamo oltre 2000 libri a più di 900 studenti. Se partecipi a Libro Aperto Festival, infatti, hai in dono il kit giurato: i tre libri da leggere, studiare e approfondire per poi votare il tuo preferito. E questo lo facciamo senza grandi sovvenzioni pubbliche. Al momento il nostro budget è quasi tutto trovato da noi, attraverso privati e bandi, quindi, c’è un grande impegno sotto.

Angela Albarano, la fondatrice dell’interessante rassegna della quale già si preannuncia la quarta edizione

Siete già a lavoro per la quarta edizione? Quali sono le novità che avete in programma?

Sì, siamo già a lavoro per la prossima edizione e la parte più dura a volte è dover sacrificare lo spirito creativo che contraddistingue il team di direzione artistica a fronte della necessità di dover avere una piccola base da cui partire. Le novità ci sono e ci saranno: una di queste è voler dare più spazio alle illustrazioni e agli illustratori e anche ad un segmento che è quello della graphic novel per bambini che a me sta molto a cuore perché credo che sia per molti – come è per mia figlia – un ponte tra la lettura del romanzo, della narrativa vera e propria e la lettura dei bambini, quella che ti fa la mamma. È molto importante come momento di passaggio. L’altra novità è che abbiamo deciso definitivamente di trasferire il festival ad aprile [già dalla terza edizione, mentre le prime due si sono svolte a giugno] perché abbiamo trovato un grande riscontro nei docenti e nelle scuole durante questo periodo dell’anno.

Laureata in lettere moderne, docente e formatrice, appassionata di arte e cultura a tutto tondo, ma attraverso una prospettiva imprenditoriale. Quale è stato il suo percorso di formazione?

Sono laureata in Lettere moderne con indirizzo artistico e dello spettacolo con una tesi su Giffoni Film Festival – con cui poi ho collaborato negli anni – con il professore Paolo Apolito. In particolare, nella mia tesi ho approfondito il Festival di Giffoni sia nell’ambito del marketing territoriale che in quello dei modelli culturali che erano cambiati nei film dal 1980 al 2000, anno in cui mi laureai: un lavoro di ricerca molto ampio sulle sinossi dei film nell’arco di vent’anni. E già venivo da un percorso di amore profondo e dedizione per la danza classica. Ho fatto un master in management e marketing territoriale e sono andata a lavorare a Roma come Ufficio Stampa dell’agenzia di eventi che si occupava di gran parte dei tour di Massimo Ranieri. Mentre lavoravo con loro, il mio capo diventò il manager di Massimo Ranieri ed è stata un’esperienza immensa perché a 24 anni mi sono trovata catapultata in una tournée bellissima. Ricordo che imparavo tutte le coreografie per essere pronta, nel caso, anche a sostituire qualcuno! Poi ho fatto tanta esperienza nell’organizzazione di eventi in ambito musicale e, successivamente, sono rientrata a Salerno, completando il mio percorso di studi con l’abilitazione per l’insegnamento e lavorando per il professor Apolito con cui ho organizzato tutti i Campus in festa che sono stati realizzati all’università, alcuni eventi a Roma quando lui era consulente al Ministero dei Beni Culturali e anche per il Comune di Salerno ci siamo occupati di residenze creative e molti eventi. Dopodiché ho aperto la mia agenzia con mio marito, la Wave Tribe Agency, e collaboriamo con tante realtà italiane non solo nell’ambito culturale ma anche farmaceutico, medico e commerciale. Tutto questo è conciliato con il mio lavoro da insegnante a scuola e come formatrice post-laurea – lavoro che mi appassiona moltissimo e continua ad essere tangente – di management degli eventi culturali. Mi piace molto ispirare i ragazzi che stanno per approcciarsi al mondo del lavoro a non mollare perché i giovani, purtroppo, sognano poco, ma dovrebbero farlo di più.

Cosa pensa delle realtà culturali salernitane? Quali sono le potenzialità e quali le criticità?

Per citare Apolito, lui chiamava Salerno “la bella addormentata sul Golfo” perché è meravigliosa a livello di potenzialità – abbiamo il mare, il turismo, la cultura – però spesso manca la visione d’insieme e di rete. È difficile fare rete realmente, perché ci sono tante belle realtà singole che faticano a collaborare. Un po’ lo capisco perché le risorse sono poche, ma sarebbe bello poter fare vera rete: calendarizzare gli eventi insieme in modo da non sovrapporsi, tematizzare i diversi eventi in modo da avere ognuno il proprio spazio e, soprattutto, auspico sempre un vero supporto tra coloro che fanno cultura in modo da poterci aiutare e amplificare, ognuno con il proprio target, l’uno l’evento dell’altro. Questo sarebbe bellissimo. Amo gli eventi ai Giardini della Minerva, la Fiera del Crocifisso, l’Associazione Limen – questi ragazzi giovanissimi che sono molto bravi – gli eventi a Palazzo Fruscione con i Racconti del Contemporaneo a cui nell’ultima edizione ho avuto il piacere di partecipare presentando un libro di Simona Dolce su Letizia Battaglia, cosa che abbiamo fatto in modalità “libro aperto”: l’ho fatto leggere al nostro gruppo di lettura (venti ragazzi da tutta la Campania che fanno parte della nostra redazione) e lo abbiamo presentato insieme portando all’autrice le esperienze di lettura dei ragazzi. La cosa positiva è che, dopo la pandemia, oggi ci sono molti giovani che si stanno interessando alla cultura sia per la partecipazione agli eventi che per l’organizzazione.

L’interessante percorso professionale della Albarano: gli anni della formazioni, quelli delle sfide, la intensa creatività nell’ideazione dei maggiori eventi nazionali

Lei è anche una grande appassionata di danza classica a cui si è avvicinata da giovanissima. Come è stato (e com’è oggi) il suo rapporto con questa arte?

La danza mi ha insegnato tutto, per me è stata maestra di vita. Se sono una top event manager, devo tutto alla danza. Da quando avevo sei anni fino ad oltre venticinque anni sono andata sempre nello stesso posto, con una sbarra, a micro-migliorare lo stesso movimento: mi ha dato costanza, determinazione, la capacità di misurarmi con altri e con me stessa, perché la gara nella danza io l’ho vissuta in primis con me stessa e questo è un approccio che ho nella vita e che mi dà sempre la voglia di migliorarmi. Inoltre, penso alla fortuna di aver ascoltato per anni musica classica almeno due ore al giorno. Non è poco la capacità di stare su un palco, di esibirsi e queste sono tutte cose che nell’organizzazione di eventi sono fondamentali. Che sia un ministro, un imprenditore, un Sindaco: raccontare la tua idea a qualcuno è come stare su un palcoscenico, con le spalle dritte e la testa alta. Questo ci tengo a dirlo anche per i ragazzi che leggeranno questa intervista: come nella danza, anche nella vita, cadere e rialzarsi è fondamentale per andare avanti, per tornare sul palco.

Che consiglio darebbe ai giovani che vogliono intraprendere una carriera nel mondo della cultura?

Intanto bisogna partire dalla passione perché questo è un lavoro per cui non basterebbero 40 mila euro al mese per tutto l’impegno, l’energia mentale, fisica e organizzativa che investo durante tutto l’anno per gli eventi e, in particolare per il mio, quindi se non ci fosse davvero la volontà di voler cambiare il mondo con il proprio piccolo contributo non si potrebbe andar avanti.

Ho imparato questa parola giapponese, “ikigai”, che è, letteralmente, il “trovare il proprio scopo nella vita e perseguirlo” e l’ho fatta mia e questo dico alle nuove generazioni: bisogna far sempre riferimento al proprio scopo interno, alla propria motivazione interiore per poter affrontare le difficoltà della vita, che sono tantissime, e anche se si pensa di micro-migliorare un briciolo il mondo, ecco questo è quello che deve far andare avanti. Inoltre, credo sia fondamentale anche la volontà di sacrificarsi perché, se vuoi guidare un evento, una manifestazione, un festival devi comprendere le difficoltà che hanno tutti i lavoratori, da chi fa il facchinaggio a chi si occupa del marketing e della comunicazione, e per guidarli devi averlo fatto. Infine: osservare tutto ciò che accade attorno e farne tesoro, anche quello che non piace per non ripeterlo nel proprio progetto.

Martina Masullo

Giornalista, social media manager e dottoranda di ricerca in Politica e Comunicazione (Policom) presso l'Università degli Studi di Salerno. Collabora con le cattedre di Sociologia dei processi culturali, Media classici e media digitali e Sociologia dell'immaginario tecnologico. Si occupa di audience studies, innovazione nella digital society, fake news e cancel culture

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