Se l’amore è visto come la forza che muove il mondo, cosa succede quando invece potrebbe essere una forza che lo ferma? Questo uno dei temi di “A Happy Day”, per la regia di Hisham Zaman, ultimo film in concorso per la sezione Generators +18 della 54esima edizione del Giffoni Film Festival. Il film segue la storia di tre ragazzi, Hamid, Aras e Ismail, bloccati in un gelido campo norvegese per giovani richiedenti asilo. I tre decidono di escogitare un piano di fuga per sperare di raggiungere un mondo in cui i loro desideri possano realizzarsi, tutto l’opposto della vita all’interno del centro, dove un’allegra festa per il compimento dei 18 anni dei rifugiati è un palliativo per l’espulsione imminente.
Nel campo dove i tre escogitano la fuga c’è un non-tempo che sembra non scorrere, tutto immerso in una distesa bianca e immobile, in edifici fatti di corridoi che si assomigliano fin troppo, labirinti opprimenti che sfregano contro la sanità mentale dei protagonisti. Il loro cameratismo è saldo, così come è genuina la loro capacità di trasformare anche una condizione precaria e tragica in qualcosa di cui ridere a crepapelle. In “A Happy Day” la risata è sicuramente un veicolo per esorcizzare l’attesa inquieta di essere catapultati nel nulla fuori dal campo, ma è anche e soprattutto un’arma per tenere sempre stretta la propria umanità.
Molto umano è anche lo sgomento con cui gli amici di Hamid reagiscono quando questi si innamora della frizzante new entry Aida – quella perplessità tipica degli adolescenti maschi immersi fino alle punte dei capelli in una cultura che guarda al “bro code” quasi come legge morale alla quale aspirare, secondo la quale gli amici vengono sempre prima delle ragazze. E quando si vive una vita che sembra avere una data di scadenza, questo “codice” si radica ancora più in profondità, perché diventa una questione che va oltre la solidità del gruppo – rallentare un piano di fuga per imbarcarsi in una maldestra relazione sentimentale è vissuto come un tradimento ben più grande di quanto si possa immaginare. Eppure, è una dinamica molto comune, a voler sottolineare che anche a fronte di una condizione precaria, i ragazzi restano sempre e comunque ragazzi.
Le atmosfere fredde, anche dal punto di vista cromatico, accompagnano sequenze da sogno che rendono ancora più interessante questa panoramica all’interno di menti abbastanza lucide da pianificare nel dettaglio una fuga, ma non abbastanza da non perdersi di tanto in tanto in quelli che in gergo vengono chiamati “film mentali”.