Lev Nikolàevič Tolstòj: “Ricredetevi!”

Il titolo di questo “J’accuse” è preso dal versetto evangelico di Luca: ““Se non vi ricrederete, perirete tutti” (Luca, 13, 5), assunto nella particolare religiosità di Lev Tolstoj. Tra echi profetici e critica del cristianesimo storico. Lo scritto, del 1904, esprime orrore per la perdita di ragionevolezza e buon senso di fronte ai preparativi e alla pratica della guerra. E nella parte conclusiva non si rivolge ai potenti, ma alla gente comune perché si rifiuti ai loro comandi ed eviti l’abisso: “il dubbio se sia giusto o no davanti a Dio che il comando ci obblighi ad ammazzar la gente, sta diventando sempre più forte, e non può venir distrutto da nulla”.

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Di nuovo la guerra! Di nuovo sofferenze che non servono a nessuno, e che non hanno nessuna ragion d’essere, e di nuovo le menzogne, e di nuovo l’istupidimento universale, l’imbestialirsi degli uomini che vivono a decine di miglia di distanza gli uni dagli altri, centinaia migliaia di questi uomini, da una parte i buddisti, la cui legge proibisce d’uccidere non soltanto gli uomini ma anche gli animali, e dall’altra parte i Cristiani, che professano una legge di fratellanza e di amore, e invece ora si cercano gli uni gli altri, bestie selvagge, sulla terra e sul mare per uccidersi, torturarsi, storpiarsi a vicenda nel modo più crudele. Ma cos’è tutto questo? È sogno o realtà? Si sta commettendo qualcosa che non bisogna commettere, qualcosa che non può esistere – e si vorrebbe credere che sia un sogno, e svegliarsi… Ma come possono le cosiddette persone istruite predicare la guerra, contribuire ad essa, prendervi parte, e, quel che è più tremendo, chiamare altri a prendere parte alla guerra, restandosene dal canto loro al sicuro dai pericoli di essa, e mandare alla guerra i propri fratelli disgraziati, ingannati? Giacché queste cosiddette persone istruite non possono non essere a conoscenza di quel che è stato scritto, e si scrive, ed è stato detto e si dice di tutta la crudeltà, l’inutilità, l’insensatezza di professarla. (…) Tutte le persone istruite non possono non sapere che questo universale armamento degli Stati l’un contro l’altro dovrà,  inevitabilmente condurli tutti a guerre senza fine o a una totale bancarotta, o all’una e all’altra cosa insieme; non possono non sapere che nelle guerre, a parte il folle, insensato spreco di miliardi di rubli – ovverosia di un’enorme quantità di lavoro umano – spesi per prepararsi ad esse, periscono a milioni gli uomini più energici, più forti, in quel periodo della loro vita che li vede più  adatti ad un lavoro produttivo. E tutti sanno e non possono non sapere la cosa principale, e cioè che le guerre, destando negli uomini le passioni più basse, più bestiali, corrompono gli uomini e li rendono simili a bestie.
E però poi, all’improvviso, incomincia una guerra e tutto ciò viene tutt’a un tratto dimenticato, e quegli stessi uomini che soltanto ieri andavano dimostrando la crudeltà, l’inutilità, la follia delle guerre, adesso non pensano, non parlano, non scrivono d’altro se non di come fare per ammazzare il maggior numero possibile di persone, per rovinare e distruggere il maggior numero di prodotti del lavoro umano, per suscitare nel modo più  violento l’odio per il prossimo in quegli uomini pacifici, innocui, amanti del lavoro, che con le proprie fatiche nutrono, vestono, mantengono quelle stesse persone pseudo istruite, e di come costringerli a compiere queste cose terribili, che sono contrarie alla loro coscienza, al loro bene e alla loro fede. (…) E istupidita dalle preghiere, dalle prediche, dai proclami, dalle processioni dai dipinti, dai giornali, la carne da cannone – ovverosia centinaia di migliaia di uomini vestiti allo stesso, modo, con i loro svariati strumenti d’omicidio abbandonano i genitori, le mogli, i figli, e con l’angoscia nel cuore, ma affettando ardimento, partono per luoghi in cui, rischiando la morte, dovranno commettere la cosa più orribile: l’omicidio di uomini che essi non conoscono e che a loro non han mai fatto nulla di male. E al loro seguito partono medici, e infermiere, convinti sia gli uni che le altre di non poter essere utili, qui a casa loro, alla gente semplice, alla gente pacifica che soffre, e di poter invece essere utili soltanto a coloro che siano impegnati nel darsi la morte l’un l’altro.

[Lev Nikolàevič Tolstòj, “Ricredetevi!”]

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