I paradossi della nostra epoca: il desiderio scambiato per diritto

Le vittime diventano carnefici e l'imperativo categorico al godimento la fa da padrone

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I termini dei rapporti di violenza alle donne sembrano oggi ribaltarsi:   le vittime appaiono carnefici e i carnefici le vittime.

Certo, se le ragazze non bevessero nei locali, non verrebbero stuprate“, “Le ragazze dovrebbero essere più prudenti“, “Uscire vestite come prostitute, certo che poi è come se se l’andassero a cercare“, “Usare disinvoltamente minigonne molto succinte espone le ragazze a dei rischi“.

Queste, più o meno, le affermazioni pubbliche che sentiamo sempre più spesso da parte di giornalisti e di esponenti politici di un certo schieramento per spiegare le ragioni delle crescenti, terribili ed esecrabili azioni di stupro e di violenza nei confronti delle donne, con l’intento anche di suggerirne implicitamente la soluzione, una soluzione che sembra dipendere solo dalle donne stesse. Sono le donne, infatti, che devono stare attente, che devono essere prudenti e che “non se la devono andare a cercare“. Magari – possiamo dire a questo punto – se non uscissero proprio di casa sarebbe ancora meglio!

Tali affermazioni sono ripugnanti al pari – al pari, non di meno – delle stesse azioni di stupro, almeno questo è l’effetto che sortiscono in me. Passa il messaggio – di chiara matrice fascista e biecamente sessista – che, in fondo, le vere cause degli stupri sono le donne stesse, con i loro comportamenti troppo disinvolti e sessualmente provocanti, sono le donne a provocare tanti bravi ragazzi trasformandoli in lupi famelici e assatanati di sesso.

Insomma, viviamo in un’epoca nella quale se, per esempio, una donna fa la donna, la vera donna, quindi riesce ad essere anche provocante e seduttiva, causando, come è giusto, il desiderio nell’uomo, l’uomo in questione, solo perché causato nel desiderio per quella donna, può, oggi, facilmente ritenere di avere automaticamente il diritto a farla sua, senza minimamente pensare che il desiderio non dà nessun diritto di possesso di ciò che si desidera, piuttosto, invece, tutt’al più, quello di mettersi al lavoro – nell’etica dello scambio, della dialettica tra i sessi, del corteggiamento, magari anche audace, ma sempre rispettoso dei diritti e della volontà delle donne -per farsi desiderare eventualmente anche lui, sempre ammesso che sia capace di pensarsi come uno che possa farsi desiderare da una donna.

La logica del possesso a tutti i costi
prevale sul rispetto degli altri

Perché il punto è proprio questo, l’impossibilità a concepire che l’etica e la dialettica del rapporto tra un uomo e una donna si basano sul desiderio reciproco e non sul possesso o sul diritto unilaterale dell’uno sull’altra o – perché succede ovviamente anche questo – dell’una sull’altro. La società contemporanea tende invece ad indurre alla logica del possesso, dell’avere e del godimento a tutti i costi piuttosto che a quella del rispetto delle posizioni dell’altro, spinge al prendere senza chiedere, al volere senza desiderare piuttosto che alla domanda da destinare all’altro e al desiderio da causare come misura di regolazione del consenso al sesso e all’amore. Se il desiderio non viene riconosciuto ecco che la donna che fa la donna, cioè la donna che causa il desiderio (anche nell’uomo il desiderio è sempre “una donna che fa la donna”, per questo gli uomini hanno paura di manifestare il desiderio: temono di perderci sul piano della virilità) è una puttana, o “una che ci sta” o “una che se la va a cercare” e non una donna da desiderare.

Seguire l’assurda logica della nostra epoca, nell’accorgermi che un altro sfoggia un prezioso orologio al polso, causando in me il desiderio di averlo anche io, sarebbe come se poi fossi automaticamente autorizzato a farlo mio, prendendomelo con la violenza.
Per questo, chi sostiene che le donne debbano essere prudenti e non provocare è come se dicesse che uno deve fare attenzione a non provocare il desiderio dell’orologio che possiede.

Chi la pensa così, chi pensa che siano le donne a non dover provocare, dovrebbe allora coerentemente sostenere che anche la vittima di un furto ne sia responsabile in quanto, possedendo ciò che gli è stato rubato, avrebbe in effetti lui provocato il ladro, spingendolo al furto! E che diamine! Poteva essere più prudente prima di acquistare un oggetto di valore, meglio se avesse acquistato una patacca!
Ecco, chi la pensa così si ritrova nella stessa posizione logica dello stupratore o del ladro, anche se non compie nessuno stupro o nessun furto, quella di scambiare un desiderio per un diritto.

Gli stupri sono l’effetto drammatico
dell’impossibilità di desiderare

Gli stupri sono, spesso, un altro effetto, drammatico, da una parte, dell’impossibilità oggi a desiderare e, dall’altra, dell’imperativo categorico al godimento senza limiti e senza condizioni.

Per questo sono così dilaganti soprattutto tra i giovani, vittime, in questo sì,  di quell’impossibilità al desiderio e di quell’imperativo al godimento.

 

Egidio T. Errico

Medico, psichiatra e psicoanalista, già dirigente psichiatra presso il Servizio di igiene mentale dell’ASL SA/1 e primario psichiatra presso la Casa di Cura “La Quiete”. Socio Ordinario con funzioni didattiche della Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica e docente della Scuola di specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica.

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