Come un polittico che si apre, la vita secondo Franco Buffoni

Accademico, saggista, traduttore, romanziere, ma soprattutto una delle voci più autorevoli della poesia contemporanea. L'opera in versi di Buffoni è raccolta da un Oscar Mondadori del 2012

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Franco Buffoni vive a Roma. Professore universitario, saggista e traduttore, ha pubblicato le raccolte di poesia Nell’acqua degli occhi (Guanda 1979), I tre desideri (San Marco dei Giustiniani 1984), Quaranta a quindici (Crocetti 1987), Scuola di Atene (Arzanà 1991), Suora carmelitana (Guanda 1997), Il profilo del Rosa (Mondadori 2000), Theios (Interlinea 2001), Del Maestro in bottega (Empiria 2002), Guerra (Mondadori 2005), Noi e loro (Donzelli 2008), Roma (Guanda 2009). L’Oscar Poesie 1975-2012 (Mondadori 2012) raccoglie la sua opera poetica. In seguito, ha pubblicato: Jucci (Mondadori 2014, Premio Viareggio), Avrei fatto la fine di Turing (Donzelli 2015), O Germania (Interlinea 2015), La linea del cielo (Garzanti 2018 Premio Carducci-Pietrasanta), Betelgeuse e altre poesie scientifiche (Mondadori 2021). Per Mondadori ha tradotto Poeti romantici inglesi (2005), per Marcos y Marcos i quaderni di traduzione Songs of Spring (1999) e Una piccola tabaccheria (2012). Tra i suoi saggi: L’ipotesi di Malin. Studio su Auden (Marcos 2007), Mid Atlantic. Teatro e poesia nel Novecento angloamericano (Effigie 2007), Con il testo a fronte. Indagine sul tradurre e l’essere tradotti (Interlinea 2016, II ed). È autore dei romanzi Più luce, padre (Sossella, 2006), Reperto 74 (Zona 2008), Zamel (Marcos 2009), Il servo di Byron (Fazi 2012), La casa di via Palestro (Marcos 2014), Il racconto dello sguardo acceso (Marcos 2016). Del 2017 l’opera teatrale Personae edita da Manni. Del 2018 il libro-intervista Come un polittico scritto con Marco Corsi, edito da Marcos. Del 2019 Due pub tre poeti e un desiderio, del 2020 Silvia è un anagramma, editi da Marcos. Del 2021 Vite negate edito da FVE.

 

Suora carmelitana

Il convento di Via Marcantonio Colonna
È del trenta. E mia zia
Che aveva lavorato nella ditta
E quando è entrata la guerra era finita
È lì dal quarantasei.

Da allora è uscita tre volte per votare
(Divorzio, aborto e quarantotto)
E due per andare in ospedale.
Per votare ci vuole la dispensa
E anche per l’ospedale.

La regola prevede per tre anni il noviziato,
Poi con i voti la clausura.
Sono quasi tutte laureate
Le nuove suore entrate in questi anni.

Le suore sono in tutto una ventina,
Ventiquattro per la precisione erano prima
Della fondazione di un Carmelo nuovo.
Alcune sono state trasferite
E a Milano ora sono in diciassette
Le più vecchie.

Mi ricordo il convento da bambino
La zia si presentava con il velo
Dietro le grate:
Due, come la regola prescrive,
A un palmo di distanza tra di loro.
Ma il mio braccio ugualmente le giungeva
Vicino, fino a undici anni è passata la manina.

Ho pensato poi alla mano nella grata
Alla prima foto di fist-fucking.

Del parlatorio la ruota mi piaceva da morire
E oggi attira Stefano ugualmente.
Dall’apertura poteva fuoruscire
Il mio regalo
O anche niente.
Ma era bello così farla girare,
Per l’odore dentro.

Il Convento di via Marcantonio Colonna
È un convento moderno
Non ha i muri spessi sostiene mia zia
Non c’è umidità.
Hanno al massimo quattordici gradi d’inverno
E più di trenta quasi tutta estate.

Da studente le chiedevo se sapeva
Chi era Marcantonio Colonna.
Lei preferiva parlare d’altri papi
E qualche volta solo di dottrina.

Quando ero militare mi diceva che capiva.
Gli orari ben scanditi e quella forma
Di disciplina.
Il padre provinciale e il cardinale
Ai superiori si doveva dare
Obbedienza continua.

Ormai che la sua faccia è più vecchia
Di santa Teresa nel quadro
Appeso in parlatorio
Più di me non le mento, sto a sentire.

Di fronte al grande crocifisso
E alla zia che spiegava la passione
I chiodi degli uomini romani,
Stefano ha fissato a lungo quelle forme
Toccandogli le mani:
“Così sta su”.

Parlando della zia dice che è stato
Da una suora americana.

[Suora carmelitana e altri racconti, Parma, Guanda, 1997]

Come un polittico che si apre

Come un polittico che si apre
E dentro c’è la storia
Ma si apre ogni tanto
Solo nelle occasioni,
Fuori invece è monocromo
Grigio per tutti i giorni,
La sensazione di non essere più in grado,
Di non sapere più ricordare
Contemporaneamente
Tutta la sua esistenza,
Come la storia che c’è dentro il polittico
E non si vede,
Gli dava l’affanno del non-essere stato
Quando invece sapeva era stato,
Del non avere letto o mai avuto.
La sensazione insomma di star per cominciare
A non ricordare più tutto come prima,
Mentre il vento capriccioso
Corteggiava come amante
I pioppi giovani
Fino a farli fremere.

[Il profilo del Rosa, Milano, Mondadori, 2000]

Madre

Quando eri ancora adulta
Prima di rimpicciolire
Ti lasciavo sola volentieri,
Dovevi espanderti e io non mi vedevo
Nei tuoi spazi.
Poi per davvero ebbi l’occasione
Di fare attenzione alle tue forme,
Al loro chiudersi, e i tuoi spazi
Presi a difendere, meno li occupavi
Più li presidiavo. Finché non mi è restato
Che un batuffolo con voce da proteggere
In una ipotesi di spazio.

[Poesie 1975-2012, Milano, Mondadori 2012]

Dall’altro mondo

Ma sì ma sì fatina mia
Che hai chiuso gli occhi nell’altro millennio
Sono convinto anch’io che per capire
Davvero quello che dicevi
Ci voleva l’undici a New York
Ci voleva per me
Che non so dire…
Ma dovevi dirmela la storia delle Gorgoni,
Non tacere sempre perché poi
Me le sarei trovate davanti,
Come ora che cammino ansimante e giro al largo
Dalle ombre che trascinano
Sacchi pesanti tra i vecchi
Grattacieli di New York
Ingrigiti dal tempo.

[Jucci, Milano, Mondadori, 2014]

Vento di Marte

Sento il suono del vento di Marte
In una registrazione Nasa
Trasmessa dalla sonda Insight,
Vento a diciotto chilometri l’ora
Come a Gallarate stasera
Col soffio alle finestre e qualche ticchettio.
So bene che su Marte
Per via dei raggi ultravioletti non schermati
Non può esserci vita in superficie,
Ma nelle grotte forse sì.
Come in questa casa di Gallarate.

[Betelgeuse e altre poesie scientifiche, Milano, Mondadori, 2021]

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