Era il 22 giugno del 1984 quando nelle sale cinematografiche statunitensi fu distribuito il primo film di una tetralogia che ormai è parte integrante della cultura pop. Stiamo parlando di Karate Kid- Per vincere domani di John G. Avildsen, un film d’azione che ha il suo punto di forza nell’uso delle arti marziali. Probabilmente il regista non poteva immaginare l’enorme successo che avrebbe riscosso la storia di un ragazzino indifeso che si riscatta grazie al karate e al suo sensei. Eppure, le avventure di Daniel-san e del suo maestro Miyagi continuano con altri tre sequel. John G. Avildsen è tornato alla regia del secondo e del terzo film della saga (Karate Kid II – La storia continua… e Karate Kid III – La sfida finale) rispettivamente usciti nel 1986 e nel 1989. Negli anni ’80, questi tre film resero Ralph Macchio (interprete del giovane Daniel LaRusso) un vero e proprio idolo per i teenager del suo tempo e lo hanno consacrato ad essere un’icona, tanto da ricevere la sua stella nella Walk of Fame di Hollywood nel 2024. Indimenticabile è, poi, il compianto e amatissimo attore Pat Morita per il suo ruolo di sensei poiché ha insegnato i valori del rispetto, dell’onore e del perdono, valori che rispecchiano lo stile di combattimento adottato (il Miyagi-do) da lui nelle pellicole. L’ultimo della tetralogia rivede Pat Morita nel ruolo del maestro Miyagi, ma Macchio non è tornato sul set. A prendere il suo posto sarà una giovane ed esordiente Hilary Swank sotto la regia di Christopher Cain. Nel 1994, con The Next Karate Kid, dunque, si concludono le vicende legate al sensei più amato dalle generazioni di giovani del secolo scorso. Bisogna aspettare il 2010 per avere un quinto film della saga, The Karate Kid- La leggenda continua, diretto da Harald Zwart. In realtà, questo si presenta come un remake e riprende in parte la trama del primo capitolo cambiando l’ambientazione (la vicenda si svolge in Cina) e dedicando al kung fu un piano di spicco anziché al karate come nei precedenti film. Protagonisti di questo nuovo film d’azione sono Jaden Smith (figlio del celebre attore Will Smith) e il maestro del genere gonfu comedy Jackie Chan. Nonostante il discreto successo, non vi è stato un seguito, e sembrava che la pellicola non l’avrebbe avuto.
E alla fine arriva Cobra Kai, la serie
Le mode, però, ritornano, e la retromania accompagna gli spettatori, basti pensare al successo riscontrato da Stranger Things tra il pubblico. E le atmosfere del franchise Karate Kid, non a torto, fanno ancora colpo. Divenuto un cult del suo genere, il film viene ripreso in un episodio dell’apprezzatissima sitcom How I met your mother (E alla fine arriva mamma in italiano) grazie al personaggio di Barney Stinson (Neil Patrick Harris). Nell’episodio 22×08 (L’addio al celibato), andato in onda il 29 aprile del 2013, William Zabka, l’attore che diede il volto a Johnny Lawrence nel primo capitolo, e Ralph Macchio apparirono in un cameo interpretando loro stessi in quanto Barney è un appassionato della saga e crede che il vero eroe sia proprio l’antagonista del primo film Johnny e non Daniel. E alla fine arriva la serie Cobra Kai. Sembra proprio che sulla scia di questa intuizione si siano mossi Hayden Schlosberg e Jon Hurwitz, gli ideatori del sequel della saga cinematografica spostando la narrazione sullo stile di combattimento del dojo “Cobra Kai”, avversario di quello di Daniel, e sul quel ragazzino biondo che perse in un memorabile scontro, Johnny. Le prime due stagioni sono state distribuite rispettivamente nel 2018 e nel 2019 su YouTube Premium e hanno visto il ritorno dei volti amati di Zabka e Macchio, per poi riunirli con altri personaggi del cast originale. Cobra Kai nasce come un progetto personale, per pochi appassionati. Il suo destino cambia quando Netflix decide di comprare la serie e di lanciarla sulla propria piattaforma streaming. Dalla terza stagione in poi (dal 2021), la serie ha avuto un successo planetario avvicinando alla saga sia chi negli anni ’80 è cresciuto con “dài la cera, togli la cera” sia le nuove generazioni di adolescenti grazie al target eterogeneo a cui essa è rivolta. Difatti, se da una parte torna la rivalità tra un Johnny e Daniel adulti, dall’altra saranno i loro figli liceali e i loro amici a essere coprotagonisti.
Cobra Kai e il suo successo
La serie, con le sue sei stagioni distribuite dal 2018 al 2025, ha uno stile che richiama continuamente la saga madre sia per le musiche sia per sceneggiatura e regia. Cobra Kai riesce a creare una commistione perfetta tra il teen drama, lo sport e gli anni ’80, sebbene la serie sia ambientata ai nostri giorni. Inoltre, riesce laddove i film hanno fallito: approfondisce personaggi poco caratterizzati come Kreese e Terry Silver (rispettivamente Martin Kove e Thomas Ian Griffith che sono tornati a vestire i panni dei cattivi). I primi tre capitoli sono stati studiati minuziosamente così da dare un contesto a chi si approccia per la prima volta alla storia e, allo stesso tempo, ricreare quell’effetto nostalgia ai più appassionati; un puzzle che arricchisce il franchise senza tradirlo. Sono passati trentaquattro anni dagli eventi narrati nel primo capitolo e Johnny, ex rivale di Daniel, è un uomo sulla quarantina senza un lavoro stabile che vive alla giornata e con un figlio con cui non ha rapporti. Quando, però, difenderà un ragazzo ecuadoriano di nome Miguel da dei bulli, la sua vita cambierà totalmente grazie alla sua decisione di riaprire il dojo “Cobra Kai” per insegnare il karate che gli ha tramandato il suo maestro Kreese. Daniel LaRusso, ormai ricco grazie alla sua concessionaria e con una famiglia da mulino bianco alle spalle, teme che gli insegnamenti del “Cobra Kai”, ossia “Colpire per primi, colpire forte, nessuna pietà”, possano portano scompiglio nella Valley e decide a sua volta di riaprire il Miyagi-do. Paradossalmente, il suo primo allievo sarà Robby, un ragazzo che ha iniziato a lavorare nella sua concessionaria e che è, a sua insaputa, il figlio del suo acerrimo nemico, Johnny. La rivalità tra i due dojo sarà il punto cardine della prima stagione. Nel corso della serie, non mancheranno gli amori giovanili, le inimicizie e le amicizie, le competizioni e nuovi avversari da sconfiggere a suon di karate. Quel che sorprende è il modo autentico con cui esplora i rapporti genitori-figli, o tra adulti con idee differenti alle spalle e altre tematiche legate al mondo adolescenziale quali il bullismo e il prendersi le proprie responsabilità. E se alcune situazioni possono sembrare esagerate, sono perfettamente in linea con lo stile dei film e, dunque, la visione resta godibile e divertente. Cobra Kai è il connubio perfetto tra il passato e il presente, un prodotto sui generis che non stanca mai. Non solo vanta il merito di aver riportato le due star William Zabka e Ralph Macchio sul piccolo schermo e di aver dato nuovo lustro alla saga, ma ha il pregio di essere stata un trampolino di lancio per nuovi volti come Xolo Maridueña (nei panni di Miguel), Mary Mouser (interpreta la figlia di Daniel LaRusso), Tanner Buchanan (Robby), Peyton List (interpreta Tory e ora è protagonista di un teen drama soprannaturale, School spirits), Jacob Bertrand e Gianni Decenzo. Grazie alla serie, Karate Kid ha un fandom enorme che abbraccia diverse generazioni e tornerà al cinema con un sesto capitolo, Karate Kid: Legends, a maggio 2025 che vedrà lavorare insieme Jackie Chan e Ralph Macchio. Difatti, il film sarà ambientato tre anni dopo le vicende della serie e questo rende canonica la storyline di The Karate Kid- La leggenda continua, ormai non considerato più un remake. Il successo di Cobra Kai insegna che si possono fare dei sequel sensati e che, se c’è dietro un lavoro meticoloso e appassionato che non mira solo al marketing o al guadagno, alcune saghe non moriranno mai, proprio come il Cobra Kai. Ma forse il messaggio più puro che lancia questa serie è il sapere comprendere quando bisogna attaccare per primi e quando restare in difesa, poiché i due stili di combattimento praticati dai due sensei non sono uno la nemesi dell’altro, ma si completano a vicenda. E che, forse, le atmosfere degli anni ’80 mancano anche a chi non li ha vissuti.