C’è ancora domani, il fenomeno che divide in Francia

Un gaslight movie cattolico per la stampa di sinistra che evidenzia la potente influenza della religione nel finale del film. Per Paola Cortellesi ottime recensioni dai giornali popolari

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Dopo un’accoglienza particolarmente favorevole in Italia, C’è ancora domani, pellicola che vede per la prima volta come regista l’attrice e comica Paola Cortellesi, approda in Francia con il titolo ‘Il reste encore demain’ scatenando non poche polemiche.

Il film, inizialmente, proprio come in Italia e ora in Gran Bretagna, è stato apprezzato dai giornali più popolari, Le Monde scrive : ‘il cammino di una Madre Coraggio verso l’emancipazione’. La pellicola, difatti vede come protagonista Delia, interpretata dalla regista, che durante il secondo dopoguerra si divincola tra un marito violento (un inedito Valerio Mastandrea), il timore per la figlia di inciampare in un matrimonio analogo al suo e l’amore proibito per il meccanico del suo quartiere. Cortellesi, dunque, decide di incanalarsi nel tortuoso sentiero dell’emancipazione femminile, una scelta audace per il suo primo esemplare che dovrebbe definirla come regista, ma soprattutto perché nell’anno di Barbie e poi di Povere Creature, il rischio del cliché o del déjà-vu non è ai limiti storici.

In realtà, C’è ancora domani sembra colpire non tanto per il tema in sé, ma per come Cortellesi sceglie di metterlo in scena. È un film storico sì, il bianco e nero, il dialetto romano, l’atmosfera aurorale dell’immediato dopoguerra, i manifesti sui muri che urlano l’attesa per il referendum, le lenzuola stese sui terrazzi che ricordano la celebre scena Loren-Mastroianni di una Giornata Particolare, ma ‘C’è ancora domani’ è un film del terzo millennio e Cortellesi furbamente declina la storia in una chiave quasi postmoderna. Il sottofondo rock (Calvin, The Jon Spencer Blues Explosion) che accompagna Delia tra i vicoli di Trastevere, il riferimento a cenerentola nelle prime scene del film fanno uscire la pellicola da una dimensione meramente storica e nazionale rendendola più attuale e dunque universale. Les échos scrive: ‘un film in bianco e nero che ridà dei colori al cinema italiano’. La violenza, pur essendo centrale nello sviluppo della trama, non appare mai nella sua feroce crudeltà, ma attraverso una danza, una danza macabra che si scatena su Delia ogniqualvolta il marito Ivano desidera.

Voltandoci più verso sinistra, Les inrockuptibles stronca il film ‘un gaslight movie cattolico’, Helene Frappart sottolinea che il sorprendente twist finale che svela come la protagonista sia scappata, non con il suo amante, ma semplicemente per esercitare il suo diritto di voto, sia una scelta manipolatoria che risente della potente influenza cattolica. Libération invece accenna all’ennesimo film in cui il ‘il patriarcato le prende e i buoni sentimenti fioriscono al momento giusto’.

In realtà, il colpo di scena del rendez-vous finale non con l’amante bensì con la Costituzione, non è tanto un ammiccamento alla cultura cattolica, ma una scelta molto credibile. In un contesto in cui il divorzio era ammissibile solo se all’italiana, in un dramma in cui è evidente il rapporto che Delia ha con i suoi figli, recarsi alle urne per il referendum Monarchia o Repubblica risulta il gesto più semplice e rivoluzionario. Il film, dunque, si richiude nella sua dimensione storica, ma la Storia non si svela ingenuamente passiva, ciecamente proiettata verso un progresso obbligato, C’è ancora domani ci ricorda che a fare la Storia, siamo innanzitutto noi.

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