In questi primi giorni del 2025 Papa Francesco ha voluto mettere il mondo della scuola al centro dei sui interventi, non è la prima volta che il Pontefice interviene in modo deciso sui problemi che riguardano giovani e studenti invocando la centralità dell’istruzione nel percorso di crescita delle nuove generazioni.
Nel suo intervento davanti a studenti, insegnanti ed educatori ha condannato con veemenza il grave e diffuso problema del bullismo, individuandolo come comportamento deviante che lede la pacifica convivenza tra simili e ispira i giovani ad un’esistenza in cui la propria affermazione individuale passa attraverso l’esercizio sistematico del metodo della sopraffazione.
Francesco ha usato un’espressione che può sembrare iperbolica, ma non lo è,“il bullismo prepara alla guerra”; i comportamenti individuali violenti ed aggressivi tenuti da soggetti che, sia pur in giovane età, mostrano una personalità determinata possono suggestionare altri ragazzi e stimolare atteggiamenti emulativi. Senza tempestivi interventi da parte degli educatori, le relazioni fondate su aggressività e intimidazione rischiano di diventare l’esponente che genererà una comunità che si alimenta di una conflittualità violenta. Il Pontefice ha inserito questa forte presa di posizione contro il bullismo in un più ampio discorso sulla peculiarità dello spirito del docente, fondato sulla vocazione e sulla volontà di un’autentica missione, tanto più sentita quanto più indispensabile per far fronte alla “catastrofe educativa“ in cui versano milioni di minori che non hanno accesso all’istruzione.
Non è una presa di posizione personale quella di Francesco, non può mai esserlo, piuttosto è evidente l’impegno della Chiesa nel voler dare il proprio contributo culturale alla crescita del mondo scolastico, proponendo una piattaforma di valori universali che possano favorire l’inclusione, il senso di responsabilità, individuale e collettiva, al fine di preparare gli uomini e le donne di domani alle grandi sfide sociali ed economiche.
La scuola può ridisegnare una nuova comunità che sappia costruire la pace partendo dai comportamenti individuali e lo può fare soprattutto con la creatività di docenti ed alunni.
Bergoglio, nel suo incontro di inizio anno con le associazioni cattoliche impegnate nell’istruzione, ha stimolato gli educatori alla elaborazione di una nuova pedagogia, meno accademica ed ingessata, e più vicina ai codici comunicativi degli adolescenti, per instillare in loro il senso della “cura” nei confronti dell’”altro”, la disponibilità all’accoglienza nel proprio sistema di relazioni di chi è diverso, per provenienza, etnia, costumi o di chi semplicemente versa in una condizione di fragilità. Qui si pone, come centrale e insostituibile, il ruolo di una famiglia moderna che abbia capacità di osservazione dei mutamenti sociali e prepari i propri figli attraverso una vero e proprio lavoro etico; il Pontefice ha voluto ribadire l’importanza della semplice conversazione tra genitori e figli, quasi come se fosse un atto di rivolta nei confronti della comunicazione digitale; è da questo aspetto che nasce l’attitudine al dialogo, alla trattativa per comporre pacificamente i conflitti che nascono da diversi punti di vista. Il bambino, il ragazzo, che viene abituato alla conversazione sarà il professionista, il dirigente di domani in grado di creare la giusta armonia all’interno del proprio contesto lavorativo.
L’esigenza di dare un messaggio forte, irrobustito da indicazioni precise su aspetti specifici della didattica, restituisce l’idea di una forte preoccupazione del mondo ecclesiastico, non nella sua veste temporale, bensì’ in quella spirituale ed evangelica, riguardo ai fenomeni di devianza giovanile che impongono risposte adeguate alle agenzie educative, scuola e famiglia in primis.
In particolare, la dimensione sociale dei nostri istituti scolastici riproduce quel tessuto comunitario che prepara i ragazzi a misurarsi con le complessità della società “adulta” e su questo aspetto il Pontefice ha voluto, ancora una volta, ammonire sulla necessità di far aderire i valori del singolo a quelli dell’etica comunitaria.
Un futuro migliore non può che nascere tra i banchi di scuola e da un’educazione che anticipa e valorizza conoscenza e istruzione.