Mariano Bàino è nato a Napoli nel 1953. È stato tra i fondatori, nei primi anni ’90, della rivista “Baldus” e del Gruppo 93. Ha tradotto poesie di Góngora, Frénaud, Lely, Fersen. Figura in varie antologie e suoi testi sono stati tradotti negli Usa. Ha pubblicato: Le anatre di ghiaccio (2004); L’uomo avanzato (2008); Dal rumore bianco (2012); In (nessuna) Patagonia (2014). Di bistorte lune è la sua ultima raccolta di racconti.
scacchiera / zugzwang
otto colonne e righe e se tu prendi
le linee da sinistra – se conduce
la destra il verso a specchio ̶ se sei luce
spettrale che attraversa ̶ se comprendi
fra algebre il sistema che palude
è a sbiechi alfieri avversi ̶ se sorprendi
tu l’altra mente e mentre sali scendi
a lama di rasoio ̶ se traluce
la trama sua fra i tagli, le caselle
̶ se si accartoccia il fronte, si deforma
il nero bianco quadro come pelle
squarciata, se lì entri, un po’ a tentoni
rovisti e sei toccato dalla forma
a sbalzo dell’assurdo ̶ se abbandoni
mundus (homeless man)
chiuso il tuo chiuso dentro un cassonetto
conchiglia inconchigliata col suo mollo
fra la calda immondizia, in un brodetto
sapido di primordi finché il collo
ancora umano troppo umano non
lo scannano spirali in giro lento
di un vecchio camion nella notte con
tritarifiuti d’ordinanza ̶ il vento,
folate fredde in mezzo allo sfasciume,
fa volteggiare un po’ di cartastraccia
fra le baracche sul greto del fiume.
il vento, a due spazzini il cuore agghiaccia
con l’urlo che dà in fondo all’infernale
compattatrice ̶ un urlo d’animale.
(da Prova d’inchiostro e altri sonetti, Aragno, Torino, 2017)
della bellezza. dialogando
(a gaetano di riso)
e circa la bellezza potrebbe trattarsi soltanto
di cogliere il dissolversi la decolorazione e non
quello che è lì sul punto di sbucare giungere in vista
sopra alture di voce concedendosi alteramente
per rappresentazione originando da un giudizio
meglio nuda bellezza lì lì sul punto di un ritorno
allo spiano sommesso così comune della vita
abituale vita rifiatata di un po’ di gioia
da regalare ai molti come un sorriso per la strada
solo un gesto anche grigio un transitorio illuminarsi
thanksgiving
(a guillaume le blanc)
arrivare a comporre un mondo da quello degli altri
un insieme di gesti a trasformare materiali
diffusi sarà un’arte per quanto minore se vuoi
delle minime vite e con l’esempio di charlot
quando scontorna il senso di una scarpa nel giorno dedito
tutto al ringraziamento e diciamo così la mangia
di certo un’arte povera di chi non può starsene fermo
e l’assemblare un nido essere a casa è uno spostarsi
fra gli spazi degli altri mentre avviene il ruscellamento
della ricchezza a tutti secondo la nota teoria
la cordillera e poi
c’era una volta il lontano profumo chiamato domani
il progresso sotto gli occhi ma le fughe è chiaro finiscono
specie quelle su rotaie mutano il futuro in passato
così lasceremo perdere l’entrata del treno nel tunnel
semmai si accerta l’uscita la destituzione del mostro
da ogni pagina scritta resta solo il naso sui vetri
con la trafila subconscia dei pensieri il viaggio le luci
di testa coda l’incrocio dei binari questo tuo ultimo
fischio di carta e il satanico orario dei treni perduti
viejo expreso patagonico fra i cardi dai fiori azzurini
(In “Smerilliana”, numero 26 Anno 2023)