Alberto Bertoni, la luce d’alba prima dell’ultima svolta

L'autore insegna Letteratura italiana contemporanea all'Università di Bologna. È autore di importanti saggi, come poeta ha pubblicato diverse raccolte confluite poi nel volume Poesie 1980-2014 (Aragno 2018)

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Alberto Bertoni, docente di Letteratura italiana contemporanea presso l'Università di Bologna (foto di Dino Ignani)

Alberto Bertoni è nato a Modena nel 1955. Insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università di Bologna. Tra le sue pubblicazioni saggistiche: La poesia contemporanea (il Mulino 2012), Poesia italiana dal Novecento a oggi (Marietti 2019), Una questione finale. Poesia e pensiero da Auschwitz (Book Editore 2020). Per Einaudi ha pubblicato L’isola dei topi (2021). Come poeta in proprio ha pubblicato diverse raccolte confluite poi nel volume Poesie 1980-2014 (Aragno 2018).

L’ipotesi di un circo

No, non può essere lui, Luciano Erba,
poeta e tifoso nerazzurro
morto nel Dieci
quel sosia preciso che cammina
in giacca blu sulla sagoma smilza
e in cima ai capelli
bianchi con la riga
la montatura d’acciaio
la faccia un po’ tonda
piena di rughe, decisa

Ma che resti l’ipotesi di un circo
Tutt’attorno tenda chiara nel celeste
e Fata Morgana dell’infanzia
a salvarci dal muro che sovrasta
la nostra breve, intensa passeggiata
questo invece è sicuro

Ragnatela d’acrobata che filtra
una luce schermata, quasi d’alba
prima dell’ultima svolta, prima
delle briciole sulla tovaglia
a svanirti leggera fra le dita
senza che segno di luce o di danza
riaversi la strada

Alberto Bertoni, L’isola dei topi, Torino, Einaudi, p. 93

 

PÒST BASTÈRD ZITÈE CINA
a Francesco Guccini

Mèdra o pèder, la léngua,
èlber o smèinta,
àmm c’al cmànda e al bacàia
o dánna c’a-t insèigna a cantèr?

Alóra, gh-àla colpa Mòdna
s’l’a-s ciòca tótt i dè
in fànd a la bácca
fin a la punta di stivài
perché nuèter a sàmm sól
el paròli c’a bia∫gàmm
tramèζ ai dèint
e brì∫a la ca’ ind-va stàmm,
el prédi, al fiómm, chi dû fónζ
dabàs ai sintêr…
Post bastèrd, sé, zitèe cìna
mo anch la zitèe d’la prémma mina,
d’la prémma canzòun,
d’la prémma psìga
svudèda in un purtòun.

PICCOLA CITTÀ BASTARDO POSTO
a Francesco Guccini

Madre o padre, la lingua,
albero o seme,
uomo che a voce alta comanda*
o donna che t’insegna cantare?

Allora, che colpa ha Modena*
se ci batte tutti i giorni
in fondo alla bocca,
fino alla punta delle scarpe,
perché noi siamo solo
le parole che ruminiamo
fra i denti
e non la casa dove abitiamo,
le pietre, il fiume, quei due funghi
là sotto nei sentieri…
Sì, piccola città bastardo posto,
ma anche città della prima ragazza,
della prima canzone,
della prima vescica
svuotata in un portone.

Alberto Bertoni, Zàndri (Versi modenesi), Ferrara, Book Editore, 2018.

Bologna, Stalingrado

Quel quarto d’ora prima di te
o della lezione su Sereni
il quarto d’ora all’ingorgo rubato
che chiude in zona Fiera ogni spiraglio
e che dalla corsia di destra taglio
assieme a qualche altro
frettoloso, intemperante
neanche un minuto capace di civismo – questo
quarto d’ora lo trascrivo
dal nucleo senza sonno né parola
tranne un cenno viola
in corridoio – al bar perfino
col dollaro contato – io dal portico
muto di polvere e di buio
dico il tuo nome
al telefono per primo

Aberto Bertoni, Il catalogo è questo, Parma, Il cavaliere azzurro, 2000.

Autoscatto

Mi sveglio stamattina
e ho la faccia di un gallese
il ciuffo a banana, la carnagione rossa
ma quando apro bocca
non so neanche quel po’ d’inglese
sì e no un gorgoglio senza idioma
l’anima ridotta
a fumo sottoterra

Anche il piede destro non funziona
quasi subito sbanda, si accartoccia
da due giorni promette pioggia

Con la birra non va meglio
solo un baffo di schiuma sulla bocca
che ogni sguardo blocca

Va bene svegliarsi presto, avere
toccato il letto da poco più di un’ora
ma cos’è questo aroma di torba
il pavimento nero?4

Metamorfosi

Una delle prime cose che farò
quando tutt’e due saremo alberi
sarà dimenticarti
ma senza whisky e senza psicoanalisi
No, saprò dimenticarti
donando le foglie piú casuali,
ribelli, irregolari
alle schiere di passeri sui rami
e – vedrai – saprò dimenticarti
come ho già dimenticato
gli immani soffi atlantici
le diastoli e le sistoli del mare
che si tende o si apre
di sei ore in sei ore
cosí che ogni giorno quattro volte
avanza e si ritira
Io e te con le facce come
cortecce di rughe,
buchi da sembrare tane
e radici del buio piú profonde
io e te saremo entrambi bravi
a dirci come siamo stati
portatori nel complesso sani
d’abbandoni e resistenze
E cosí, rimanendo tali e quali,
fruste di salici, ali
potremo all’infinito ricordarci

Alberto Bertoni, L’isola dei topi, Torino, Einaudi 2021.

 

 

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