Silvia Comoglio, nei boschi del tempo ammutinato

Un libro imperdibile per chi fa della poesia uno spazio di gioia (di cura) e di riflessione. Simbiosi perfetta di linguaggio e vita, un testo davvero avvincente che conquista il lettore

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… perché fosse il Tempo senza Storia
un’ala fu messa, come chiavistello, dopo –
la mia morte.

Non sembra di leggere un frammento di Eraclito? O magari un responso oracolare a testimonianza di una parola “aurorale”? Una parola in apice di sapienza ma ricurva di follia? O velata come se fosse chiarore spiato a intervallo? … la distanza tra sillaba e sibilla è allora – mantice di casa a luce soffiata inter-mittente. No, non una dicitura profetica né si tratta di uno scritto dell’oscuro filosofo efesino, ma semplicemente di una parola “articolata” e costruita per dire ciò che d’indistinto o d’inudibile può essere detto, e che troviamo nell’ultimo lavoro di Silvia Comoglio, Il tempo ammutinato, Book Editore, pag. 70.

Ovvero, quel dire che non solo è scrittura essenziale, ma un dire che in una simbiosi perfetta è pensiero e vita: linguaggio. Idioma poetico che tenta una trascrizione di una ricerca volta a coniugare il continuo nascere e morire del senso nel tempo imperituro di un destino, di una fede, o di un delirio che la stessa parola, nella sua puntuale esattezza o mancanza, traduce in un fare ambiguo quanto incessantemente intemporale e interrogante. Non ho mai trovato così tanti punti interrogativi in una raccolta poetica! Per dire di un domandare insistente. Necessario. Addensato. Inebriante. … nel relitto di Dio il delitto del tempo?/– puntuale, oltre questo ciglio/terso di delirio? Eppure non manca l’intaglio prezioso, la finezza, quasi una leggiadra intemperanza, benché sempre con una resa estrema. … nostro amore, amore, sono gli occhi/doppi di dimora: iddio tagliato dalla luce,/issata e sillabata!, a corpo di parola. Ciò, forse, per poter meglio affondare la domanda, situata spesso tra due parentesi tonde come a voler rimarcare una pregnanza o un congedo. (… ma allora –/è orto laborioso/questa notte chiara?).

Sembra, già a questo punto, che il percorso della Comoglio si muova in due direzioni nodali: Dio e il Tempo. Entrambe sfociano in quella struttura fondamentale che è una lingua (Lògos?), medium ed esercizio, afferrabile nella sua equivalenza sensibile e teoretica non meno di quel suo mancare ontologico ed esistenziale; in altre parole, quel suo esibirsi per differenza in quell’essenzialità di un tempo assoluto (Aion?) che qui, e sempre, si declina nelle sue variabili sensibili di un tempo misurabile (Kronós) e di un altro fortuito e occasionale (kairós). Che cosa significa allora il tempo ammutinato? Proviamo qualche sinonimo: sovversivo, sedizioso, disobbedito. E poi chiediamoci cosa significa l’apparire di un’opera? Che cosa significa l’apparire di un idioma? Che cosa significa l’apparire di Dio? O ancora, può esser–ci una lingua senza Iddio? A questo punto si capisce che non si ha a che fare solo e soltanto con l’ente, (il libro, o l’opera) ma anche con qualcos’altro. Un linguaggio è un’altra Cosa? È quest’altra cosa, allora, ciò che la scrittura interroga senza sosta?

Come se si seguisse una via (methodòs), che conduca a una fondazione. Una fondazione che si sa infondata, ma che pur tuttavia si reclama e si persegue. (e): e la traccia, allora, è fiato che muta/l’insonne notte del tempo in –/luce ultraterrena?/lingua, tracciata a dirci, a dirci come avvenne/l’amore forte, impazzito, alla finestra, la vaga sorte/in pieno suo stupore. Meraviglia è thaumazein ma, come dice Severino, è, anche, e forse soprattutto, thâuma, prima reazione a quella paura angosciante di sentire la propria finitezza o l’imbarazzo di essere di fronte a un Tutto così magnifico o potente quanto irrisolto, e che il poetare, ma anche la scienza, cerca in tutti i modi di attenuare o di oltrepassare. Il Lògos nasce dalla paura. Aristotele e Platone, come aveva giustamente visto Nietzsche, hanno indirizzato il nostro sguardo che è il piglio della razionalità logica di quel Lògos che ha perso, però, la sua funzione originaria di essere stupore interrogante e laborioso lavoro di ricerca e di osservazione. allora, iddio mi sgrani le tue ombre/di acque in movimento, l’altrove –/di sillabe rimaste nel mondo/tempo della bocca/(…incantate sentinelle/implumi sulla lingua…).

La poesia della Comoglio, complessa nelle sue determinazioni linguistiche e filosofiche, lo abbiamo visto già in Afasia, la precedente raccolta pubblicata per Anterem, propaga quell’albore che forse solo una poesia iniziale restituisce nella sua incandescente purezza e integrità. Come non ricordare quel suo stupendo passo tratto da uno dei libri (Afasia) più belli pubblicati negli ultimi anni: l’antimondo! È il solo punto/in cui l’alba si sorride: il forte/bacio di chi bacia noi che siamo/tutti – i paradisi! Per tornare a Il tempo ammutinato, e perché sia tempo immortale, la Poesia lo è sempre, c’è nella scrittura della Comoglio una forte dimensione esortativa, non evidente nell’immediatezza di una parola incitante, quanto piuttosto in uno slittamento sognante, come se l’invito non fosse ribelle, ma fosse un bisbiglio, un Lògos taciuto, un tentativo di musica disegnata: una nota che si dà nel silenzio della scrittura e dell’ascolto. e l’esilio, allora, si contempla/nudo di parola/(stella in cuore all’orizzonte/stella issata nell’urna della terra/a cenere di luce. Una poesia, quella della Comoglio, senza dubbio abissale, non tanto per i suoi spazi alti o profondi che siano e che crea con un linguaggio cesellato a maestria di “velatezza”, quanto per la sua natura di scrittura fondante. Lògos come sfondo e fondamento. (ma): allora, la Vita e la Morte,/sono gli eterni Candelabri Celesti?/brocche, nell’acqua, sempre disciolte? Si fa fatica a scrivere sulla poesia della Comoglio, si fa fatica perché, in linea teorica, non si potrebbe né si vorrebbe mai smettere. E dunque finire. … e dunque, spargete, immobile vi prego,/questo lungo bosco venuto qui per gioco. (i boschi i sogni i mondi!/sono grandi sillabe di spazi,/labbra che mi allunghi dove/è ancora andare per echi/ennesimi di storie, enne-/simi di mari).

Il tempo ammutinato. Un libro imperdibile per chi fa della poesia uno spazio di gioia (di cura) e di riflessione.

 

[Silvia Comoglio, Il tempo ammutinato, Book Editore, pag. 70]

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