Sanità negata, curarsi è un’impresa

Il diritto alla Salute è diventato un miraggio: da brivido la situazione in Campania

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Non tutti i cittadini campani hanno le stesse possibilità di curarsi: e in Campania, curarsi è molto più difficile e oneroso che in altre regioni d’Italia. Non solo: anche all’interno della regione, la diversa residenza vale a determinare una diversa disponibilità pro-capite di risorse, e quindi di qualità e quantità di cure. Basta spostarsi di qualche chilometro, e i diritti crescono – o si riducono – incomprensibilmente in maniera esponenziale.

Col risultato che in tanti decidono di curarsi altrove, soprattutto al Nord con costi (266 milioni nel 2022) estremamente consistenti.

Il dato si evince dall’analisi incrociata delle deliberazioni del Cipess (Comitato Interministeriale per la programmazione e il coordinamento della politica economica: ex Cipe), del Ministero della salute, della Giunta regionale della Campania, dell’Osservatorio CPI su dati della Conferenza delle Regioni e dell’Istat.

Analisi non semplice: il budget destinato alla sanità oltre al Fondo Sanitario Nazionale (e all’equivalente Regionale) si articola in una serie di continui interventi modificativi e integrativi, al punto che determinare le reali disponibilità è pressoché impossibile (e la pandemia da Covid ha complicato ulteriormente il quadro). Ma è possibile, per farsi un’idea, limitarsi al solo cosiddetto fondo indistinto (anche perché i criteri di distribuzione raramente variano con ulteriori elargizioni).

Lo scorso anno queste sempre più profonde discrepanze hanno portato allo scontro frontale il presidente della Giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca, e il Ministero della salute. Con un ricorso al Tar, la Regione ha rivendicato una ripartizione tra le regioni del Fsn, nel rispetto di una legge risalente al 1996 che il Governo fino allo scorso anno pareva poco propenso ad applicare, frenato dalle Regioni più ricche e con maggiori finanziamenti (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto). Per certi versi l’ha avuta vinta: nel dicembre scorso il riparto per l’anno in corso è avvenuto con nuovi criteri. Ma non è affatto detto – anzi i numeri sembrano testimoniare il contrario – che la situazione possa migliorare nei prossimi anni, giacché prima la Conferenza Stato-Regioni, dipoi Ministero e Cipess, hanno adottato nuovi criteri che tuttavia sono ancora ben lontani da logiche di equità.

Tra i residenti nelle varie regioni (ma anche tra le province della medesima regione) persistono discrepanze anche notevoli, che in barba ai Lea (Livelli essenziali di assistenza), il Governo non pare voglia davvero colmare, almeno nel medio periodo. Basti pensare che l’equità – nei nuovi criteri di riparto del fondo sanitario nazionale – pesa appena per lo 0,5%.

Quanto valgono queste discrepanze territoriali? Stando all’ultimo riparto, tra la media-Italia e la Campania, 91,56 euro per ciascun cittadino residente. Di positivo c’è solo l’inversione del trend, giacché questo importo oscillava tra 150,24 a 200,76 euro pro-capite nel 2021 e addirittura tra 177,91 e 227,37 euro nel 2020.

Con i nuovi criteri, quindi, il gap comunque rimane. La prima ripartizione (cfr. Intesa sulla proposta del Ministero della salute di Deliberazione Cipess concernente il riparto tra le Regioni del Fondo sanitario nazionale 2022, adottata lo scorso 20 dicembre e successiva conseguente Delibera della Giunta Regionale n. 410 del 27 /07/2022) non pare affatto ancora orientata ad arginare i divari territoriali, ma più al mantenimento dello status quo e della spesa storica.

I più penalizzati sono i residenti nell’area di competenza dell’Asl Napoli 2 Nord e di Caserta: la quota pro-capite nazionale del Fondo Sanitario, è stata, nel 2021, in quei comprensori, rispettivamente di 1.741,13 e di 1741,95 euro. Per ogni cittadino campano il Governo ha previsto nel Fsn (in media) 1.767,34 euro: avuto a disposizione 174,55 euro in meno della media-Italia (1.941,89). Con differenze anche notevoli tra le varie Asl della regione (Napoli 1 Centro: 1.791,65; Benevento: 1.787,16; Avellino: 1.784,21; Salerno: 1.769,19; Napoli 3 Sud: 1.756,08; Caserta: 1.741,95; Napoli 2 Nord: 1.741,13).

Ovviamente i dati sono indicativi: i criteri di ripartizione delle risorse, infatti, tanto a livello nazionale quanto a livello campano, non si basano esclusivamente sulla popolazione residente. Il nuovo sistema di calcolo, che cancella il regime derogatorio e “transitorio” in vigore dal 1996, supera il criterio della popolazione residenza e dell’età anagrafica quale unico fattore di correzione della quota pro capite. Introducendo nuovi criteri, quali le caratteristiche demografiche, il contesto socio-economico, lo stato di salute o “carico di malattia” soprattutto per patologie cronico degenerative, e lo stato dell’offerta dei servizi quali-quantitativa. Che però incidono in maniera estremamente marginale. E che la stessa Regione Campania, fino allo scorso anno, ha applicato solo marginalmente: pesando in maniera determinante, ai fini della distribuzione delle risorse, proprio la popolazione residente.

Torniamo ai numeri e ai dati, provincia per provincia. Rispetto alla media nazionale, l’erogazione pro-capite del Fondo sanitario nel territorio di competenza dell’Asl Napoli 2 Nord è inferiore, rispetto alla media nazionale (€ 1.941,89), di 200,76 euro; nell’Asl di Caserta di 199,94; nell’Asl Napoli 3 Sud di 185,81; in provincia di Salerno di 172,70; in provincia di Avellino di 157,68; ed infine nell’Asl di Benevento di 154,73 euro.

E le discrepanze all’interno della Regione non sono da meno: basti pensare che la quota differenza della quota pro-capite tra un utente dell’Asl di Napoli Centro e uno della provincia di Caserta, è di oltre 50 euro (50,52).

Quanto tutto questo si traduca in una “offerta dei servizi quali-quantitativa” inferiore alla media nazionale, è nelle difficoltà di questi giorni (e nelle analisi di laboratorio ormai sistematicamente a pagamento, per esaurimento del budget, già nelle prime settimane di ogni mese), ma anche nelle compensazioni per mobilità sanitarie. Vale dire nel dato che testimonia quante persone decidono di curarsi al di fuori del territorio regionale, determinando “trasferimenti” di quote del finanziamento nazionale dal budget di una Regione a quello di un’altra. Nel 2022 la mobilità sanitaria è costata alla Campania 266 milioni di euro: un dato sicuramente in miglioramento rispetto al biennio precedente. Ma lo scorso anno, in Italia, nessuna Regione ha speso di più.

Ampiamente eloquente – sempre in termini di equità ed efficacia dei Lea – il dato che le prime Regioni con maggiori oneri per le migrazioni sanitarie siano tutte al centro-sud (dopo la Campania, Lazio, Sicilia, Puglia e Abruzzo); e, ad avvantaggiarsene, siano quasi tutte regioni del nord (prima la Lombardia, poi Emilia-Romagna, Veneto, Toscana e Friuli-Venezia Giulia: non a caso tutte regioni che hanno osteggiato i nuovi criteri di calcolo).

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