L’Italico disfattismo: ci salvano gli stranieri?

Siamo troppo autocritici e perfino pessimisti. Criticare il nostro Paese è la nostra arte ma spesso non ci rendiamo conto di quello che c'è altrove

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In estate una mia lontanissima parente dell’Illinois ha coronato il suo sogno di una vita di venire in Italia con i due figli (che, manco a dirlo, si proclamano fieramente Italiani) e in tre settimane con tappe forzate l’ha visitata da Nord a Sud, compresa Cava de’ Tirreni terra d’origine della nostra stirpe sin dal 1492. Totalmente stordita dalle meraviglie italiche ma ancor di più da Pompei “civiltà incredibile di due millenni fa quando qui in USA c’erano solo aquile e bisonti”, è rimasta sbalordita per la nostra venerazione per i capisaldi del cibo italiano: dal fiero rifiuto di un cameriere di Amalfi di portare ai suoi figli il formaggio da mettere su spaghetti e vongole 😱, passando per il pesto genovese nel quale è proibito da due secoli mettere il dado da brodo e finendo con la parmigiana -che opinava di saper fare- che qui da noi è reato penale annegarla nella panna e nel burro: la Cassazione dice pomodoro, parmigiano, mozzarella, olio evo e BASTA, ingredienti introvabili a Chicago, e lei: “ma come fate?”, mi chiede.

Culture distanti, ma nonostante abbia realizzato che dirsi Italiana non è proprio esserlo, pur essendo ancora in uno stato comatoso da Sindrome di Stendhal, continua rapita pazza a pubblicare su F.B. ed Instagram le migliaia di foto della sua avventura italica -dove un buon 15% sono foto di piatti da mangiare, verdura e frutta fresca presa dai fruttivendoli- e continua a dirmi: “Ma come fate?… in USA per vedere cose diverse dobbiamo fare migliaia di Km, in Italia a distanza di pochi chilometri cambia l’architettura, i monumenti, il modo di mangiare che è sempre eccezionale, ma come fate?… in Italia si parlino tante lingue locali? Siete così diversi da regione a regione ma sempre così italiani, leggeri e brillanti, ma come fate?… Siete i depositari della cultura occidentale, eppure per voi è tutto normale, il cibo, l’arte, i monumenti, vivete in tanta magnificenza senza essere presuntuosi ma neanche orgogliosi, ma come fate?… ma vi rendete conto che non è normale?

L’ultima affermazione è quella che mi ha fatto riflettere: ha ragione, come è possibile che per noi è tutto non vorrei dire normale ma abituale sì, e poi allo stesso tempo ci concediamo il vezzo di sminuire l’importanza dell’Italia e delle cose belle italiane come se avessimo un eterno complesso di inferiorità che forse è solo quel fatalismo che ci porta ad un’eccessiva razionalità che -unita al fatto che noi nella bellezza ci siamo nati e ne siamo avvezzi- potrebbe spiegare questo disfattismo latente che tende a sminuire le nostre cose belle e di conseguenza l’importanza dell’Italia.

Ma fortunatamente ci sono gli stranieri che, oltre a dirci “ma come fate?…”, ci apprezzano per quello che siamo, italiani, e ci copiano pure: ci chiedono come abbiamo fatto ad avere tante bandiere blu sparse in ben 8.000 km di costa, lunga come tutta la costa est USA, e stupiscono che siamo primi nel riciclo della carta, nel riciclo della plastica e ci siamo inventati pure la raccolta differenziata che ora, dopo le amministrazioni di diverse città della Spagna, della Cina e della capitale danese Copenaghen, anche il sindaco di New York alla fine –dopo aver creato otto isole di monnezza poi fortunatamente bonificate– ha annunciato di voler adottare: ma solo modello e tecnologie italiane “perché lì ci sono le migliori al mondo”. In Italia la raccolta dell’umido e dei materiali compostabili tocca percentuali molto alte ed è diventata un vero e proprio sistema complesso esportato in tutto il mondo 😎, ivi compresi i sacchetti ecologici quasi sconosciuti in molte nazioni.

Ma il disfattismo è il nostro sport preferito, ci fa affliggere se la nostra Regione fa solo il 55% di raccolta differenziata pensando che altrove, magari all’estero fanno sempre cose migliori di noi: criticare il nostro Paese è la nostra arte, ma di solito siamo sempre poco informati su ciò che c’è all’estero.

Per esempio la nostra Cucina prossima ad essere iscritta nel Patrimonio immateriale dell’Unesco: per noi è “normale” mangiare bene, con roba fresca, mille verdure e tipi di frutta fresca di stagione, cosa c’è di eccezionale? 😳 Per capire che invece lo è dovremmo stare un po’ di tempo in Nord Europa e mangiare le brode nordiche, egregie per carità ma sette giorni su sette visto che non c’è molto altro: lo Stamppot olandese, salcicce con immancabili cavoli e patate 😩, la leccornia per gli occhi dello Smørrebrød danese, la colazione con le Aringhe svedesi marinate, le Suppe nordiche (brodaglie con carne e sempre cavoli e patate), il tutto accompagnato sempre da frutta come mele, ribes e lamponi in tutte le salse e colori… se non vogliamo tenere in considerazione poi le specialità precotte inglesi appositamente ideate per chi vuole diventare obeso.

Questa sarà pure cultura italica ma per noi è usuale, come è normale essere intrisi di cultura classica, di musica, di architettura, di arte, di turismo e -perché no?, anche considerare abituale il nostro vituperato Sistema Sanitario che garantisce cure mediche a chiunque. Forse è vero che alla bellezza siamo abituati e non ce ne vantiamo: ma siamo conosciuti all’estero anche per un’altra particolarità: siamo contraddittori e non ci sta bene mai nulla dell’Italia e questo specie gli americani non lo capiscono… non capiscono che è il nostro Sport nazionale! Francesi, Tedeschi etc.., anche loro hanno voci autoctone che criticano le loro nazioni, ma la nostra è la sublimazione dell’ottava arte: se non ci piangiamo addosso di notte non dormiamo.

È vero, siamo troppo autocritici e un tocco pessimisti, ma cosa fare d’altro se grandi come la Fallaci in Inshallah, DeRita ne “L’Italia dei Comuni”, Calvino ne “Il Barone rampante” e con Montanelli e Biagi a far da coronamento, puntualizzano tutti sulle nostre défaillances di popolo su corruzione, burocrazia e catastrofismo: a noi poveri mortali sarà pur concesso un atteggiamento di insoddisfazione e delusione!

Fortunatamente ci consolano gli stranieri, che nonostante i nostri malumori continuano a vederci con i loro occhi attoniti, sognando il nostro Italian Sounding & Feeling: “L’Italia -contrariamente a ciò che può sembrare- è un Paese con un forte senso di identità e comunità, un Paese straordinario con una storia e una cultura senza pari. Amo l’arte, la musica, la cucina italiana e amo il popolo italiano: quando vengo qui ringiovanisco e rinasco… “, e questa l’ha detto una certa Angela Merkel in una intervista del 2012, critica verso la nostra politica ma profondamente innamorata dell’Italia e degli Italiani.

Carlo De Sio

Laurea in Scienze Politiche ed Economiche, Master in Psicologia sociale e P.R, ha lavorato nella Comunicazione d’impresa e nelle Relazioni Pubbliche per oltre 40 anni; dal 2015 è impegnato in attività di Lobbying indipendente in Italia e all’estero. Ha fatto parte dei direttivi di Organismi nazionali quali ACPI-Milano, FERPI-Milano e Confindustria. E’ iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1999

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