La scomparsa di Navalny, boomerang per il regime putiniano

L’impatto che questa morte ha avuto sui canali d’informazione occidentali restituisce l’immagine di un uomo che ha rappresentato e rappresenterà ancora una Russia “altra”, desiderosa di un destino non imperiale, ma pienamente democratico

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La morte di un oppositore politico è come un sasso gettato nella palude, nelle acque immobili e putride di un regime che ferma e paralizza il tempo e la vita delle persone. Un rito che rappresenta più un inizio che una fine; quanto più saranno lunghe le onde dell’emozione suscitata dalla morte del grande oppositore, tanto più rilevante e densa di conseguenze politiche sarà l’energia sprigionata.
Inizia una nuova vita per Aleksej Navalny, il martire lascia il campo e lo spazio dell’azione all’icona, al simbolo di una lotta che forse, adesso, vivrà una nuova e più incisiva fase. La storia insegna che il corpo di un leader, perseguitato politico, condannato o morto in carcere, “risorge” nella testimonianza che lascia ai suoi proseliti, a chi intende portare avanti la battaglia contro l’oppressione.  La storia, al riguardo, ci consegna una miriade di esempi.
Il funerale dell’ultimo grande critico del Cremlino è stato di per sé un fatto politico, un gesto di rivolta e contrapposizione; molti dei seguaci di Navalny sono da tempo all’estero, ma tanti sono ancora in Russia, visibili e invisibili. Le resistenze delle autorità russe alla riconsegna della salma alla famiglia, i timori legati alle proteste spontanee, quando in Russia si è ormai alla vigilia del voto per le presidenziali, hanno rivelato ciò che era prevedibile; Navalny, non in più in vita, sarà percepito dal potere russo come una fonte di pericolo per la coesione tra autorità e società della Russia.
Che cosa spaventa della morte di un leader?
Sicuramente il sentimento di rivalsa ed emulazione che può scatenare, soprattutto nelle giovani generazioni, dando inizio a una nuova ondata di proteste e a un periodo di instabilità sociale. L’impatto che la morte di Navalny ha avuto sui canali d’informazione occidentali restituisce l’immagine di un uomo che ha rappresentato e rappresenterà ancora una Russia “altra”, desiderosa di un destino non imperiale, ma pienamente democratico.
Le esequie del grande oppositore erano sorvegliate dagli apparati di polizia in tenuta antisommossa, non è chiaro quanti siano stati i partecipanti, di sicuro c’erano molti giovani, quelli che sognano una Russia diversa, pacifica. C’era una compostezza impersonificata dal dolore composto della madre, colei che ha bussato con coraggio e senza tregua alle porte del potere per riavere le spoglie di suo figlio.
Se, a detta di molti, riecheggia l’immagine epica di Priamo che reclama da Achille il corpo di suo figlio Ettore, è giusto riconoscere nella madre di Navalny semplicemente un dolore che reclama dignità, rispetto e giustizia. Nessuno può sapere con certezza quali effetti sortirà nel breve e medio termine la morte del dissidente russo, chi prenderà in mano il suo testimone, perché dovranno essere le idee a doversi diffondere, dagli ambienti più progrediti e moderni della cultura russa, al corpo vivo della società civile.
Oggi il Cremlino sembra essere padrone assoluto delle sorti del popolo russo, ma la storia è fatta di processi latenti che poi sfociano in cambiamenti epocali, ritenuti impensabili. Sarà sempre e solo il popolo russo a decidere, né i suoi governanti, né l’Occidente; questa era la grande speranza di tutti coloro che sono stati messi a tacere dal regime. Quel che è certo che in queste ore una fila silenziosa di persone continua a rendere omaggio, deponendo fiori, sulla tomba di Navalny nel cimitero Borisov, senza paura, con fiducia nel futuro.

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