Da giovane leggevo quello che capitava, o libri prestati, non avendo risorse per comprarli. Credo però che la varietà di cose lette in quell’epoca, sia stata fruttuosa per iniziare a viaggiare nella lettura. Da adulta amo sempre di più leggere i classici. Forse perché leggere (o rileggere) un grande libro in età matura è un piacere unico. Intanto, fa capire che le letture giovanili possono essere formative, ma non fanno cogliere bene le sfumature, i dettagli importanti per scandagliare i fondali di un’opera. La definizione di libri classici da me preferita, recita: “I classici sono libri che esercitano un’influenza particolare sia quando s’impongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale.”
E ancora: “Di un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima.”
Il mio focus stavolta è su Bel Ami, di Guy de Maupassant, esponente della corrente letteraria del naturalismo (abbandonando eccessi e fantasie del romanticismo, rappresentato oggettivamente il reale), famoso per le sue oltre trecento novelle nonché per svariati romanzi. Fu pupillo di Gustav Flaubert, compagno d’infanzia di sua madre Laure, donna di elevato sentire appassionata di Sheakspeare, che gli trasferì l’amore per l’arte e che prima di ogni altri riconobbe il suo genio. Il padre invece era un uomo amante solo della bella vita, dedito poco alla famiglia e molto alle donne. Per questo i due si separarono e lui andò a vivere a Parigi, mentre Guy (suo primo nome Henri) e suo fratello Hervé rimasero con la madre in Normandia, dove vissero a stretto contatto con la lussureggiante natura dell’entroterra e passeggiando spesso in riva al mare, ed anche quando più tardi Guy vivrà a Parigi, i suoi momenti più belli saranno quelli passati a remare, a volte sino a notte fonda, in canoa sulla Senna.
Da giovane rifiuta l’ambiente religioso e si fa espellere dal seminario dove forzatamente era stato iscritto. La rigidità di quel tipo di educazione sperimentata, lo renderà per tutta la vita refrattario alla religione.
Nel 1877, quando sta cominciando, con l’aiuto di Flaubert, a pubblicare qualche novella ed anche ad occuparsi di giornalismo e lavori teatrali, gli viene diagnosticata la sifilide, ma lui non se ne cura. Non gli dispiace che si sappia della sua malattia, perché alimenta la sua fama di scrittore antiborghese. Nel 1880 Flaubert muore, lasciandolo orfano di amicizia e protezione. Intanto per motivi di salute Henri è costretto a rinunciare al suo impiego presso il Ministero della Pubblica Istruzione. Soffre di tremende emicranie che lo inducono a fare abuso di etere. Eppure nei dieci anni che vanno dal 1880 al 1890 scrive e pubblica forsennatamente, riscuotendo grande successo e arricchendosi. E non ha solo il favore del pubblico, bensì anche quello della critica. Come naturalista, sfruttando i ricordi del suo vissuto in Normandia, e delle sue escursioni in Alvemia, descrive ogni palpito della natura. La sua scrittura, una prosa col ritmo del verso ma che resta prosa, così come Flaubert desiderava per lui, è lucida, precisa. È bravissimo nel gioco dell’intreccio, e nel mettere a fuoco ogni ingiustizia sociale, ogni sopruso a danno dei deboli. Descrive gli orrori della guerra, il mondo delle prostitute, delle passioni, la carnalità, la morte. Ama la solitudine, la meditazione, i viaggi in Algeria, Gran Bretagna, Italia, soprattutto in Sicilia. Molti li fa col suo yacht Bel Ami, dal nome del suo romanzo. Viaggia soprattutto per scrivere e da ogni viaggio torna con un volume nuovo. La sua idiosincrasia per l’ambiente parigino falso e pettegolo, nonché l’invidia suscitata dal suo successo, lo tengono spesso lontano da Parigi e gli regalano parecchie inimicizie, ma godrà anche di amicizie sincere come quella con Dumas figlio. Altre inimicizie se le procura in virtù della sua ostilità per la tour Eiffel, che definì “un camino da cucina in ferraglia” e di cui avversò in ogni modo la costruzione. Un duro colpo gli venne dall’internamento in istituto psichiatrico del fratello Hervé, che dopo una terribile agonia lì muore nel 1989. Nel 1990 Henri, inseguendo una quiete che non trova, è preso ancora dalla frenesia di viaggiare dalla Francia all’Inghilterra all’Algeria. Purtroppo all’età di 41 anni i suoi problemi di salute si fanno ingravescenti, per un cancro alla prostata ed anche disturbi mentali. Fa testamento, lasciando tutti i suoi beni in eredità alla nipote, figlia di Hervé.
Nel 1992, mentre si trova a Cannes, tenta il suicidio. Preda di crisi epilettiche, demenza e paralisi progressiva, viene internato nella clinica Maison Blanche di Passy dalla quale non farà mai più ritorno. Muore per neurosifilide il 6 luglio 1893, dopo 18 mesi di incoscienza, all’età di 43 anni e viene sepolto nel cimitero di Montparnasse a Parigi. Delle faccende burocratiche collegate alla sua morte si occupa Alexandre Dumas flglio. L’elogio funebre viene invece celebrato da Emile Zola.
In una biografia a lui dedicata, il pittore Savinio, scrive: “Morì nel 1993, ma cessò di essere lui due anni prima.”
Bel Ami, ambientato durante la fine dell’800 a Parigi, è la storia di un uomo figlio di contadini della provincia francese, che dopo la sua deludente esperienza di soldato in Algeria, arriva a Parigi povero in canna ma deciso a farsi una posizione. Spiantato ma ardito, di bella presenza, sfrenatamente ambizioso, riesce ad intrufolarsi come reporter nella sede di un noto giornale. Da lì comincia la sua inarrestabile scalata verso il successo, il danaro, il potere. Gli fanno gioco il suo essere avido e senza scrupoli, e l’accondiscendenza delle donne che seduce. Pubblicato inizialmente a puntate nel 1885 sul quotidiano Gil Blas, è il secondo romanzo di Maupassant dopo Una vita. Vende molto: 37 ristampe in 4 mesi, ma all’inizio ha un’accoglienza bifida: da un lato quelli che ritengono il libro geniale, dall’altro quelli che vorrebbero farlo sparire o quantomeno censurarlo. Il motivo? L’autore descrive l’ambiente giornalistico troppo crudamente, come un mondo sporco e corrotto, soprattutto per le connivenze con la mala politica, e di sicuro gli si può credere, visto che anche lui fu giornalista. Sta di fatto che grazie a Bel Ami, Guy De Maupassant si configura come padre del romanzo moderno. Infatti, a distanza di 150 anni dalla sua nascita, viene naturale leggerlo in chiave attuale. L’autore, che scrive un po’ distaccato, con uno stile sobrio da osservatore, con questo libro ci lascia lunghe pagine che descrivono l’ipocrisia, la miseria morale, il trasformismo delle classi sociali in ascesa. L’anziano poeta Varenne recita in Bel Ami un indimenticabile monologo sulla vecchiaia e la morte, tra i temi preferiti di Maupassant. Le dichiarate influenze sull’autore sono da parte di Zola, Schopenhauer e naturalmente Flaubert. L’accademico Giovanni Bogliolo, nella introduzione a una edizione Mondadori del libro, afferma: “Si respira aria di morte in questo romanzo che celebra e premia le forze più istintive della vitalità.” Una vitalità maligna aggiungerei, giacché Bel Ami, George Duroy, nella sua scalata al potere non si cura di calpestare persone e sentimenti. Con questo libro, Maupassant annuncia che il ventesimo secolo alle soglie vedrà un rifacimento della società nella sua struttura antropologia. Assenza di etica, aggressività, solitudine, desolazione, insomma, la società fluida ed arsa in cui ora siamo immersi. Bello anche l’omonimo film, Bel Ami-Storia di un seduttore, diretto daDeclan Donnellan e Nick Ormerodo, uscito nel 2012.