Esami di stato, rinunciare è uguale a perdere e la fuga non serve

Ben venga la “protesta” dei ragazzi che hanno rinunciato alla prova orale. Hanno aggirato il sistema. Bene! Squarciato il velo di finzione e menzogna. Benissimo! Ma, c’è un grande “ma”: non si ripresenterà mai più, per loro, l’occasione di sedere di fronte ad una commissione e vedere se si è capaci di sostenere un colloquio, a 18 anni

Tempo di lettura 4 minuti

Che l’esame di Stato vada rivisto è un dato di fatto. Che una giustizia unica e univoca sui voti della maturità non esista – questo da sempre, con qualsiasi tipologia di esame – è altrettanto certo.

Che la ratio del sistema dei crediti di tutto il triennio sia contraria al percorso di formazione pure è palese, poiché dovrebbe funzionare il criterio “se sbaglio, mi correggo, cresco, miglioro” e, invece, si fa valere quello del percorso netto e pulito. In pratica, bisogna aver avuto una media altissima fin dalla terza classe, per poter aspirare al 100 o al 100 con lode, al quinto anno.

Aver dato il massimo, per tre anni consecutivi, quindi. In tutte le materie. Senza esitazioni né inciampi. Condizione questa rarissima, se non irreale o comunque lontanissima dal naturale andamento di un adolescente che impara e vive la scuola e i suoi anni.

E allora come si fa? Come con i filtri di Instagram, si altera la realtà. I proff, già dagli scrutini della terza, iniziano a pompare i voti, perché magari quel ragazzo o quella ragazza – così, per sensazione dettata dall’esperienza o dall’inesperienza del consiglio di classe – farà bene in quarta e in quinta, e allora perché precludergli il successo finale?

Ottime le intenzioni. Catastrofiche le conseguenze.

I genitori amano credere a quei voti gonfiati e si fanno sempre più pretenziosi. Più pretenziosi dei loro figli. I figli, poi, se sono poco coscienziosi, vistisi comunque giudicati sufficienti o più che sufficienti, pensano che basti poco o niente, per andare avanti, e continuano a prendere sottogamba la scuola; quelli più dubbiosi e insicuri, invece, sviluppano un complesso di inferiorità rispetto alle aspettative, col risultato di diventare sempre più fragili. Quelli più ingenui vengono ingannati. Quelli capaci di interpretare le reali intenzioni dei docenti non sono ancora nati.

Quegli alunni i cui proff., invece, non fanno pronostici e non vogliono essere demiurghi del futuro e, dunque, assegnano i voti così per come sono in quell’anno e danno, che so, un debito in matematica, si portano dietro, fino all’esame di Stato, il peso di quell’insufficienza, come una lettera scarlatta, anche se hanno studiato e recuperato, raggiungendo o magari superando il livello di preparazione dei compagni di classe.

Quale misero o quantomeno confuso quadro della realtà si nasconde dietro ai migliori quadri dei migliori licei. Quelli che fanno strabuzzare gli occhi per l’elevato numero di eccellenze!

Quanti dubbi nascosti dietro ai sorrisi, ai fiori, ai selfie, alle corone d’alloro! Quante voci e sentimenti inascoltati!

Stando così le cose, dunque, ben venga la “protesta” dei ragazzi che hanno rinunciato alla prova orale. Hanno aggirato il sistema. Bene! Squarciato il velo di finzione e menzogna. Benissimo! Ma, c’è un grande “ma”: non si ripresenterà mai più, per loro, l’occasione di sedere di fronte ad una commissione e vedere se si è capaci di sostenere un colloquio, a 18 anni.

Occasione, che, per loro, sarebbe stata la prima, visto che i maturandi del 2025, l’esame di terza media – il primo della carriera scolastica – lo hanno sostenuto a distanza, per via del covid, davanti a un pc, nel comfort della propria cameretta, magari con i genitori che suggerivano o comunque troppo vicini. In conclusione, in terza media, hanno sostenuto solo l’orale, in modalità remoto. In quinto superiore, solo gli scritti. Come dire? Cinque anni per un solo esame. Non mi sembra un’incetta di esperienza.

Cari ragazzi, che avete rifiutato o marinato l’orale, se avete voluto protestare – per voi stessi eh, perché non si può certo parlare di protesta organizzata: siete, infatti, dei casi isolati dell’ultim’ora – la posta l’avete pagata completamente voi. Ed è cara. Carissima.

È vero, non siete un numero. Ma vi siete fatti promuovere, con un numero. E non vi sarà altra occasione, per voi, di rivivere quella che, tra tutte le prove, è la più bella ed autentica. Quella in cui si vede se si è capaci di parlare o no, quando ci si ritrova, giovani adulti, seduti davanti a tanti proff., uno per ogni disciplina, in un’aula calda del vostro liceo semivuoto, in cui si respira, comunque sia andato il quinquennio, un’aria di addio, di commozione e di libertà.

La prova orale è quella in cui si vede se si vince l’emozione del momento. Se si scioglie il nodo in gola e non si scoppia a piangere. Se si riesce a mantenersi lucidi. A trovare la risposta giusta, sul momento, ad una domanda fuori programma. Se si riesce a meravigliare i proff interni, a stupire gli esterni. A tenere il filo del discorso. Le redini della logica e dell’ansia. A trasmettere nelle parole le proprie passioni.

L’unica prova dove non si copia. Dove è tutta farina del tuo sacco. Dove non ci sono suggerimenti. Dove il colloquio è interdisciplinare.

Il sistema non funziona e voi l’avete aggirato. Ma al momento di sedervi, per sostenere il primo esame all’Università – sempre che scegliate di proseguire gli studi e di non abbandonarli come forma di protesta o di seguire un’università online – capirete che di tutto l’esame di Stato, se non resta il voto, come già sapete benissimo, restano la forza e l’incoraggiamento, che derivano proprio e solo dall’esame orale. La grinta che avete avuto. La stessa adrenalina. La base concreta dell’autostima. La convinzione, vera e tangibile, di essere capaci, perché lo avete dimostrato, perché vi è stato riconosciuto in un complimento, in un sorriso, in uno sguardo, in una stretta di mano di un commissario qualunque. Nella pacca sulla spalla di un amico.

Siete stati promossi, ma uscite dal Liceo con un’esperienza in meno che vi mancherà sempre. Non saprete mai come sarebbe andata.

Avreste scritto tutt’altra storia, se aveste protestato, che so, per un orale più difficile o meno prevedibile, con una commissione composta solo da professori esterni. Allora sarebbe stato un esame di Stato per quello che oggi, visto che interni o esterni che siano i proff. vengono dalla stessa provincia, è più un esame del Comune!

Se voi aveste detto, uno, due, tre anni fa, “a sostenere questa prova non ci sto, ne pretendo una più oggettiva, più libera, senza tutele e senza pregiudizi”, allora la vostra sarebbe stata una posizione di maturità. Il vostro dire “non rispondo alle domande” sembra più una fuga vile di un detenuto, che è già stato messo in libertà.

Forse una protesta articolata contro il sistema sarebbe stata impossibile da mettere in pratica. Ma da giovani in gamba, soggetti pensanti e rivoluzionari, ci si aspetta che siano capaci anche di mettere in campo le strategie dell’impossibile.

 

 

Previous Story

Silicon Valley lucana per aprire una nuova era