Ho avuto il piacere di vedere l’ultimo film di Woody Allen, Coup de chance, il primo recitato in lingua francese e coerente con la scelta del regista: sono andata a vederlo all’antico Cinema Lumiere Terraux di Lione poiché in Italia uscirà nelle sale a partire dal 6 dicembre.
Con Coup de chance, Allen torna alla sua amata Parigi, città che sembra sempre che gli dia quel je ne sais quoi necessario per creare dei piccoli gioiellini cinematografici, ma se in Midnight in Paris (2011) ci catapultò nella Parigi degli anni ’20 tra gli artisti più celebri del XX secolo, con Coup de chance siamo nel nostro presente, nella Parigi bene, avvolta dai colori pastello di Vittorio Storaro, con una coppia Fanny e Jean (Lou de Laage e Melvil Poupad) la cui vita coniugale apparentemente perfetta viene ben presto stravolta.
Come suggerisce il titolo ‘Coup de chance’ colpo di fortuna, il tema fondante dietro a quella che può sembrare una banale storia di tradimenti e inganni è la casualità della vita e la miccia che può far girare la ruota degli eventi non è né il talento e né la volontà bensì la mera casualità, il fato, il destino, veri motori che nel bene e nel male ci liberano dal peso delle conseguenze del nostro libero arbitrio.
La celebre frase del suo più riuscito e più intenso Match point ‘preferisco avere fortuna che talento’ ritorna sottoforma di una commedia con sfumature noir attraverso intrighi, omicidi, pedinamenti, non estranei alla filmografia alleniana (Scoop, Misterioso omicidio a Manhattan) che però non sfociano mai nella banale drammaticità perché su tutto domina l’ironia e la filosofia del regista.
Jean, marito di Fanny, che sembra quasi una giovane Diane Keaton dei primi film di Allen, storce il naso al ‘coup de chance’ , è sicuro di poter essere egli stesso il garante della propria fortuna, di averla sempre sotto controllo, di poterla manipolare a proprio piacimento (anche rinunciando alla propria etica) proprio come i trenini telecomandati da cui è ossessionato; e nel momento in cui capisce che sua moglie ha un amante, il sognante e carismatico Alain interpretato da Neils Shneider, è disposto a compiere qualsiasi azione per riallineare il suo matrimonio sui giusti binari.
Amore e Caos, un mondo verso cui Allen si scaglia in quasi tutte le sue opere, ma se i film del secolo scorso erano sovrastati dal suo inquieto e nevrotico autobiografismo, il late Allen di Coup de chance sembra ormai serenamente rassegnato all’evolversi di una vita che non ha – né può avere – un reale senso e tutto ciò che gli resta è quello di testimoniare questo grande traguardo attraverso il cinema. Non sono più i salotti psichiatrici, i monologhi in primo piano a dare ad Allen il là per mettere in scena il suo cinismo, le sue nevrosi, le sue idiosincrasie, bensì azioni crudeli e crimini efferati nella loro veste più grottesca e buffa che trovano terreno fertile nell’ipocrisia e nella ridondanza dell’alta borghesia.
Allen gira attorno al genere noir senza mai entrarci veramente dentro; mancano le note acide che hanno caratterizzato molti dei suoi film, a quasi novant’anni il regista newyorkese si mostra molto più indulgente nei confronti delle viltà umane deridendole sì, ma sempre in modo giocoso. Se in Match point la dea bendata posa la sua ala favorevole su un crimine efferato, nella sua ultima pellicola più immatura e incantata sarà proprio il perfido Alain a scontare il peso maggiore. Non è una partita a tennis, né una combinazione della lotteria, ma sarà una battuta di caccia il set per l’ultimo colpo di regia da parte del caso che stravolgerà o metterà tutto a proprio posto.
Anche nella sua ultima fatica, capiamo che per Allen il cinema è una sorta di contenitore in cui riversare la sua patologica ansia per il futuro, la sua disperazione per l’ineluttabilità della vita come se fosse un modo per delegare agli altri ciò che non vuole che sia esclusivamente di sua proprietà e anche se ritroviamo sempre la presenza ingombrante ma obbligata della morte, Coup de chance riconferma il grande amore che Woody Allen ha per la vita, una vita che molto spesso appare nella sua veste più grottesca e sadica ma che tutto sommato vale sempre la pensa di vivere.