Cinzia Della Ciana, la sabbia non vuole lenti / gode del vento anche cieca

La poetessa ama sperimentare “contaminazioni” con altre discipline (dalla musica alla danza passando per la pittura). Importante il suo contributo al progetto “Dalla parte delle cattive” con il melologo “La Fata Malefica” musicato da Barbara Rettagliati e rappresentato in vari teatri da Piacenza a Genova a Rieti

Tempo di lettura 2 minuti

Cinzia Della Ciana, avvocato, con alle spalle una giovanile formazione musicale, è autrice poliedrica che fin dal suo esordio alterna la sua produzione tra prosa e poesia, curando un linguaggio sonoro dal timbro evocativo. Ricordiamo per la narrativa le sue raccolte di racconti (“Quadri di donne di quadri”, Aracne 2014, “Solfeggi”, Helicon 2018 e “Grumi sciolti”, Helicon 2020) e il romanzo familiare “Acqua piena di acqua”, Effigi 2016. Fanno da contrappunto le sillogi poetiche: “Passi sui sassi”, Effigi 2017, “Ostinato – Suite in versi”, Helicon 2019 e “Gutta Cavat”, Helicon 2021.  A partire dal 2021 coltiva l’amore per la scrittura teatrale pubblicando con Helicon “Tre passi con Dante”, “Mad24 – Tragedia moderna di una mistica del Seicento”, “Discendenze Impossibili. La Madama e La Loca”, “Genio e Regolatezza nel Rinascimento”, opere da cui nascono riduzioni per reading sonorizzati che l’autrice propone partecipando a varie manifestazioni artistiche in tutta Italia. Ama, infatti, sperimentare “contaminazioni” con altre discipline (dalla musica alla danza passando per la pittura). Si segnala il suo contributo al progetto “Dalla parte delle cattive” con il melologo “La Fata Malefica” musicato da Barbara Rettagliati e rappresentato in vari teatri da Piacenza a Genova a Rieti. Più volte recensita (come in “Annali d’Italianistica”), numerosi i riconoscimenti (tra tutti il “Premio d’onore” per la poesia al Casentino 2020).

 

Un bicerin

L’acqua va dove vuole andare

non scordarlo nel tuo inutile

operare ma non per questo

trascura di lasciarti andare

godi del tuo saper contare

all’infinito. Brinda al brivido

la schiena che distrattamente

calda si volta nei capelli

sciolti e non ha vento, l’acqua.

 

Tempus fugit

I.

Ma così giallo, pieno di gialli

quello oltre l’orlo sboccia

sulla buccia di foglie di tiglio

senza blu senza arancio

solo viali di luce folle

veste i piedi di vita

una mattina di novembre.

 

II.

Prima che cada l’ultima foglia

un cane nero la calpesterà

sopra il tappeto di carte gialle

la maschera rossa la ingoierà.

Prima che cada l’ultima foglia

tagliati corti tutti i capelli

lasciagli accese le candeline

i compleanni son conti bizzarri.

 

Nobis

E mi sento libera ora

all’ora ferma del giorno

che libertà è non rendere

conto nemmeno a me – perdo

tempo – indugiano carezze

brivido e brezza di dita

alla vita di tua vita.

L’amore dall’alto è sabbia

dove luccica la luna

gobba in un binocolo brinda.

La sabbia non vuole lenti

gode del vento anche cieca.

 

(dalla silloge in via di pubblicazione Cartoliriche)

 

 

Dio mio (preghiera)

È che ora suonano

ma non va mai bene l’ora.

È che ora stonano

a tutte le ore e spaccano

dentro ripetono tonfi

e tirano le orecchie

ma non sono auguri.

Sono il pianto del bambino

che ti fa scattare nel sonno.

Sono il biascicare del mangiare

in bocca al commensale.

Sono il ritmo dell’uomo

che ha l’ossesso di contare

alla rovescia battendo le ore.

Sono l’impotenza dell’allerta

la futilità dell’allegria

il diaccio fermo della morte.

Non c’entrano né vangeli né angeli

falle smettere Tu queste campane!

 

Gutta cavat

Tra strobili in bilico camminando

calpestio verde, attutito muschio

tappeto pressato di ombre di raggi

a fianco costeggiano pozze di rio.

Ride, ghirigora versi e rifrulli,

inganna suoni: ora sfrega ora liscia,

steglia, ploppa, sguilla, plana da spalto.

Di sasso in masso, su lastra e su pietra

la seguo, non scavo, distillo solo

lei cristallo di lacrima e d’anima

non più mera acqua,

una sciabola:

la goccia.

 

(da Gutta Cavat, Helicon, 2021)

 

Previous Story

Giacomo Garzya, un bagliore lattiginoso indicava la via Lattea e chissà quante anime lassù a vagare