Candelora, Carnevale e l’invocazione della pace

La profondità storica dei lutti delle dominazioni e delle guerre ha evidentemente alimentato un sentimento diffuso altrettanto profondo di rifiuto dei conflitti bellici: un sentimento che si riafferma nei canti della tammurriata e anche in quelli devozionali alla Madonna. Le orme del compianto cantore Marcello Colasurdo

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Marcello Colasurdo, impareggiabile cantore delle tradizioni locali e del connubio laicità-religiosità

“Meglio una tammurriata che una guerra”. È da almeno venti anni che il periodo della Candelora e del Carnevale è caratterizzato in Campania da questo slogan-manifesto, diffuso nelle feste e devozioni alla Madonna di Montevergine, attorno al suo cantore Marcello Colasurdo. Quest’ultimo, scomparso il 5 luglio 2023 e protagonista della canzone popolare e di lotta sociale sin dai primi anni ’70, è divenuto nel tempo il corpo di questo momento sincretico che miscela sentimenti religiosi e laici tesi a richiamare un tema fondamentale: la necessità di “mettere un po’ di pace su questa terra[1]”.

La juta a Montevergine e i carnevali sociali di Scampia e di altre aree della città di Napoli, con il loro corredo di musiche e canzoni della tammurriata, a cui negli ultimi quindici anni si sono aggiunte quelle della Murga di derivazione argentina[2], segnalano la diffusione di questa invocazione popolare, che non vuole più donare i propri figli e le proprie figlie a guerre che sacrificano i poveri e i subalterni (e l’ambiente). Questa necessità prorompe, non a caso, da una parte del mondo che è stata attraversata da secoli di lutti: quelli della povertà nei periodi della subordinazione agli imperi stranieri, quelli dell’emigrazione di massa tra Ottocento e Novecento, quelli delle due guerre mondiali, comprese le miserie del dopoguerra. Una storia lunga che ha trovato espressioni nella canzone popolare e sempre sul ritmo del tamburo, come segnalato emblematicamente da “Tammurriata nera”, scritta nel 1944 da E. A. Mario e Edoardo Nicolardi e rilanciata nel 1974 dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare[3].

La profondità storica dei lutti delle dominazioni e delle guerre ha evidentemente alimentato un sentimento diffuso altrettanto profondo di rifiuto dei conflitti bellici: un sentimento che si riafferma nei canti della tammurriata e anche in quelli devozionali alla Madonna. Questi ultimi si diffondono soprattutto verso il santuario di Montevergine, dove la Madonna prende diversi nomi: Mamma Schiavona, Madonna nera, la Grande madre. Tutti nomi di rispetto e di riconoscimento della necessità di un legame sociale fondato sulla centralità della vita e della sua difesa. Marcello Colasurdo, sullo scalone che porta al santuario, diceva nel 2020: “oggi è la festa nostra, dell’umanità, della luce, dell’amore. E Masculill’ e femminell’, simm tutt’ figlie belle. Senza discriminazioni”[4].

La luce è un elemento che ritorna non solo come riferimento all’uscita dall’inverno, ma, più ampiamente, come esigenza, come prospettiva di una vita libera dalla cupezza della guerra. I canti sul tamburo e sui suoni della festa inseriscono questa rivendicazione in una prospettiva collettiva: la festa diviene rito e, dunque, momento di affermazione di una volontà sostanzialmente politica. Da almeno tre decenni, in connessione con quanto accadeva nei secoli precedenti, questa volontà si esprime esplicitamente nelle tammurriate cantate e ballate nel periodo della Candelora e del Carnevale, riproducendosi di anno in anno e, così, rinnovandosi con le nuove generazioni, attirate, ancora una volta, dalla potenza dei ritmi del tamburo. E, probabilmente, dai ripetuti messaggi di rifiuto della guerra.

[1] Si ascolti “Tammurriata a Muntevergine”: https://www.youtube.com/watch?v=bv5G3tdsV4E.

[2] La murga in azione durante il Carnevale di Scampia: https://www.youtube.com/watch?v=sPSIGKy02ss

[3] Qui, con l’introduzione-spiegazione di Peppe Barra: https://www.youtube.com/watch?v=Mb03JcLxcmg. Si ascolti anche una delle ultime versioni di Colasurdo: https://www.youtube.com/watch?v=qUE1V2BJR9M.

[4] https://www.youtube.com/watch?v=t7ItKSptd-s

Gennaro Avallone

Nato nel 1973, è professore di sociologia dell'ambiente e del territorio presso il Dipartimento di studi politici e sociali l'Università degli studi di Salerno. Tra i suoi temi e ambiti di ricerca si segnalano i processi di emigrazione e immigrazione, il razzismo, il lavoro agricolo, l’ecologia politica e la sociologia urbana.

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