Barra, quando l’incontro tra due sconosciuti diventa odissea

Lo scrittore salernitano, già dirigente medico ospedaliero, continua a tenere i conti aperti con la letteratura. Dopo l’esordio con un’antologia di poesie, “Vivere l’amore”, ha pubblicato diverse raccolte poetiche e romanzi; ora è in libreria con “Mannaggia! Poteva essere Jazz!”, il romanzo di un incontro tra due estranei, Cesare e Aldo, un racconto profondo che si snoda sul filo di confidenze, destino, casualità e rinascita.

Tempo di lettura 3 minuti

«Una volta, su un autobus a Napoli, mentre andavo all’Università, chiacchierai con una ragazza che mi aprì gli occhi: “Da un semplice incontro su un autobus può nascere un’odissea”. Ecco, anche questo è uno spunto di riflessione per il mio ultimo romanzo».

Il dottore Vicente Barra

Vicente Barra, già dirigente medico ospedaliero, specialista in ortopedia e traumatologia, continua a tenere i conti aperti con la letteratura. Dopo l’esordio con un’antologia di poesie, “Vivere l’amore”, ha pubblicato diverse raccolte poetiche e romanzi e ora è in libreria con “Mannaggia! Poteva essere Jazz!”, il romanzo di un incontro tra due sconosciuti, Cesare e Aldo, un racconto profondo che si snoda sul filo di confidenze, destino, casualità e rinascita.

Dottore, come nasce l’idea di questo nuovo romanzo?

Questa storia nasce da una percezione che caratterizza alcuni momenti della vita: spesso ci si trova ad affrontare cambiamenti radicali, dei bivi dell’esistenza in cui si resta sovente in dubbio su cosa fare. È accaduto anche a me quando sono andato in pensione. Mi sono chiesto: cosa faccio? Continuo a fare solo quello che facevo prima? O mi dedico anche ad altro? Anche Cesare, il protagonista della storia, fa questa ricerca e si confronta con gli altri. Solo che non si confronta con un amico ma con una persona estranea, con uno che non lo conosce. È un incontro casuale, da cui potrebbe anche nascere un’amicizia. È un dialogo tra due persone da cui si capiscono tante cose, omissioni, errori, fattori esterni che condizionano troppo le nostre vite…

Quasi come se la chiacchierata con uno sconosciuto avesse un potere terapeutico: è questo quello che intendeva fare?

Non proprio. Quello che accade tra i due personaggi del romanzo è quanto accadeva un tempo, quando eravamo abituati a incontrarci davanti a un bar per parlare, per raccontare che finalmente sei riuscito ad avere il numero di telefono della ragazza che ti piace… Oggi manca sempre più spesso il dialogo tra le persone. Cesare e Aldo fanno parte di un’altra generazione, usano il cellulare solo per comunicare, la presenza dello smartphone non è massiccia nelle loro vite.

Una critica alla contemporaneità?

La verità è che non siamo più abituati a parlarci, a raccontare le nostre cose. Qualche tempo fa in pizzeria ho visto una coppia di fidanzati bellissimi: entrambi erano intenti a intrattenersi con il rispettivo cellulare. Io, e credo quelli della mia generazione, si sarebbero persi negli occhi di lei. Il romanzo è un continuo dialogo, una scoperta, un ritrovarsi, rivedersi… Anche il fatto che a un certo punto Aldo conceda a Cesare il lusso di fumare sottocoperta nella barca a vela mostra che tra i due si è creata una tale sintonia che non può vietarglielo: sarebbe come interrompere bruscamente il dialogo e la sintonia. Ecco, magari il testo lancia un messaggio: dobbiamo conoscerci di più, con gli altri.

Quanto c’è di Salerno in Bonadie, città immaginaria in cui è ambientato il suo romanzo?

Guardi, io scrivo sempre su Salerno, tenendo presente la mia città e mi farebbe piacere se somigliasse un po’ più alla città che invento: pulita, vivibile e fiera anche della sua storia. Vedere Salerno malridotta, apatica e povera da un punto di vista culturale mi fa molto male. Salerno non può essere solo la città dei grattacieli o delle luci d’artista; abbiamo una storia incredibile. Se solo ragionassimo sui tesori custoditi al Museo diocesano e all’importanza di San Matteo, l’autore più letto al mondo, religione a parte, capiremmo tante cose. Io ho fatto il cammino di Santiago e garantisco che c’è tutta l’area nord della Spagna che campa proprio di pellegrinaggi… Non mi dilungo ma voglio rimarcare che mi farebbe piacere se Salerno – che è di per sé una bella città – diventasse un po’ più simile alla città che racconto.

Quale sarà il suo prossimo lavoro?

Sto scrivendo un altro genere di storia: sono alle prese di una storia che riguarda Ruggiero da Frugarda, primo chirurgo della Scuola medica salernitana che ha scritto un testo sulla chirurgia nel 1180. Si tratta del primo testo di chirurgia del mondo occidentale. In quegli anni la chirurgia, in quanto pratica che presupponeva le mani, non si praticava: era considerata un’attività poco nobile. Addirittura c’erano stati alcuni concili vaticani che avevano vietato ei medici di esercitare l’arte chirurgica che, invece, era affidata a praticoni, figure completamente ignoranti dal punto di vista scientifico e culturale ma che avevano una buona manualità. A Salerno ciò non accadde perché la Scuola medica salernitana era laica. E quindi c’erano tutti i presupposti per cui Ruggero dei Frugardi scrivesse questo manuale con una forte connotazione scientifica. Chiaramente, però, il mio non sarà un lavoro scientifico: sono alle prese con un romanzo storico in cui i protagonisti sono Ruggero e un suo allievo e non mancherà una appassionante storia d’amore

Lei si è cimentato spesso anche con poesie: preferisce il romanzo o le poesie?

Libri di poesie non ne ho pubblicati più perché le poesie sono un po’ troppo intimistiche, parlo di amore e a volte ho la sensazione di snaturare un sentimento così nobile e bello. Con il romanzo è diverso: sono meno sensibile a eventuali critiche. C’è sempre una forte partecipazione personale però: ogni libro è come un figlio, viene dalle viscere.

Barbara Ruggiero

Coordinatore del magazine, giornalista professionista, PhD student presso il Dipartimenti Studi Umanistici dell'Università di Salerno, è laureata in Comunicazione. È stata redattrice del Quotidiano del Sud di Salerno e, tra le altre esperienze, ha operato nell’ufficio comunicazione e rapporti con l’informazione dell’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni). Già docente di progetti mirati a portare il giornalismo nelle scuole, è stata anche componente e segretaria del Consiglio di Disciplina dell’Ordine dei giornalisti della Campania.

Previous Story

La bellezza potrà salvarci