La politica non è riflessione teoretica. Gli intellettuali lo sanno ma fanno finta di non esserne edotti. La politica è scelta. Non c’è via di mezzo. Il problema del sovranismo è tutto qui. Chi sceglie è sovrano. A questo punto, senza girarci attorno, la domanda è: L’Italia è sovrana? L’Europa è sovrana? O, entrambe queste entità, sono qualcos’altro? Se non possono scegliere, se non si può preferire, una nuova domanda è: chi sceglie per noi? Vediamo. Una recente riflessione di Marcello Veneziani rileva le ambiguità di una politica che si muove fra tradimento e realismo. È accaduto, scrive il filosofo di Bisceglie, che sia i progressisti sia i conservatori o sovranisti si siano spaccati per sostenere la Von der Leyen. – Si vedano le recenti votazioni sulla sfiducia a Ursula von Der Leyen. –
In breve, Elly Schlein e Giorgia Meloni si sono prodigate, per sostenere il Presidente della Commissione Europea. In maniera educatamente irriverente, Veneziani le indica come sorelle voltabandiera. Divise sul palcoscenico nostrano, le nostre prime donne sono unite come classe dirigente europea. Cosicché è sempre più difficile per noi comuni mortali orientarsi. Mentre tutto ciò è comprensibile agli opportunisti della politica, agli elettori provoca un senso di smarrimento se non di vera e propria frustrazione, specialmente in quelli che vedrebbero nel voto una possibilità d’indirizzo politico, cosa che sembra efficacemente prodursi nelle campagne elettorali, per poi svilirsi una volta coinvolti o persuasi dalla ragione dei palazzi o del potere.
Sembra, in pratica che, una volta arrivati nelle sedi istituzionali, influiscano altre leggi poco attente ai desideri dell’elettorato, alla volontà del popolo. Come se ci fossero dei vincoli occulti. Ci sono, in realtà, sebbene spesso e comunemente velati anche per ragioni non sempre losche, ma di opportunità. Ecco che, allora, chiedersi quali interessi prioritari esistano, e che ne è del progetto europeo all’interno di questa politica ipocrita e indefinibile, è fondamentale per un’uscita da una schizofrenia subdola e sempre più dilagante. È necessario un dibattito che fornisca nuovi parametri nella definizione di una destra e di una sinistra a dir poco fluide se non completamente asservite a logiche che si possono immaginare come sistemi di autorità consolidati di finanza globale e di mercato a tutela di pochi interessi che per lo più funzionano in regime di monopolio.
Sembra evidente che un’identità globale non sia confortevole, che la misura cui dovrebbe corrispondere non sia del tutto naturale, antropica, e che la forza, quindi, si stia imponendo come valore, qualità, virtù, merito, insieme a una fiammante metafisica della standardizzazione, dell’uniformazione, del livellamento verso il basso e del controllo sia spaziale sia psichico. Una metafisica, oltretutto, che si basa essenzialmente sulla paura e sulla creazione di bisogni affatto primari e partecipi. Qui, non si tratta di recuperare soltanto un’idea di lavoro e di esistenza, peraltro necessari, ma di badare a un’uscita dall’asservimento, dallo squilibrio e dalla follia di un mondo con regole binarie e tutte disumanizzanti.
La globalizzazione, lo dobbiamo dire, ha fallito. Ha creato squilibri enormi e sostituito un mondo, quello precedente alla caduta del muro di Berlino, con un altro simile. Stesso impianto, identica logica, ma con interlocutori diversi, ciò sebbene si stia tracciando una disgrazia per quanto riguarda il diritto internazionale e le funzioni di alcuni organismi sopranazionali di controllo. I conflitti aperti sono sotto gli occhi di tutti, e sono di una gravità e stoltezza impensabili fino a qualche decennio fa. In aggiunta, avranno strascichi complessi e onerosi una volta risolti. Ammesso che si risolvano, e che non succeda nient’altro. Ormai, nulla si può escludere. L’impossibile si fa possibile, come la moderna e concreta epistemologia insegna.
In tutto questo scenario, l’Europa sembra non avere un peso decisivo. Colpa delle armi che non abbiamo? Quindi, il riarmo è la soluzione? Non lo credo per niente, sebbene, a seguire una certa logica “razionale”, non si possa fare altrimenti. Uscire dalla tutela altrui, vuol dire ridiventare grandi e autonomi, almeno così vuole farci credere una certa opinione di sistema. Ma si può essere liberi e forti quando la libertà e la forza sono imposte? Sicuramente non saprei offrire una risposta adeguata, non all’ultimo interrogativo, ma al come e perché siamo finiti in questo baratro d’inconcludenza politica e di scelleratezza. O forse, sì, ma sarebbe un discorso troppo lungo e costruito, o prodotto da molti altri prima di me e meglio di me e rimasto inascoltato.
La storia non è lo storico che ci propinano né che ci proponiamo. La storia ha dinamiche complesse. Chissà, se tra queste tante non decidibili e prevedibili ne esca qualcosa dal buono. Magari, un’inversione di rotta che non sia utopica, ma desiderio di comprensione e di umanità. La politica ha le sue bizzarrie, non sempre ama le semplificazioni, come vuole il popolino che ama le risposte semplici e nette. Su questo concordo con Veneziani, la politica è fatta di molti chiaroscuri. Tuttavia, una buona politica, sia di sinistra o di destra, per ciò che ancora questi termini significano, è sempre una politica che con risposte chiare e semplici si fa capire dal suo popolo. Nel dire semplice si può risalire lungo il pensiero e determinarne l’agire. Uniche necessità del mondo sono la pace e la prosperità.