“A un cenno, nel momento/or rendetele franche/ le giumente sulle aie/ con le sacchette gonfie della biada./ Oggi nelle terre/ si lavora e si fa festa/ la prima di agosto/ la gioia di riserva/ il cibo di nascosto./ Dall’ombra dei fichi/si vede come una bandiera/ sull’ultima biga./ E sono imbianchite le casine/ la festa gloriosa dei santi/ padri contadini” (“La prima d’agosto”, 1948). Ad un anno dal centenario della nascita di Rocco Scotellaro – era nato a Tricarico, in Basilicata, il 19 aprile del 1923 – e un anno dopo i settant’anni dalla sua scomparsa – morì trentenne a Portici il 15 dicembre del ’53 – l’editore maceratese Quodlibet manda in libreria tre volumi che arricchiscono notevolmente, per qualità e quantità di contributi, la bibliografia esistente sulla vita e le opere di quest’ “anima di latte e di erba” (come di lui disse Franco Fortini). Scotellaro fu poeta – “poeta contadino” è l’etichetta, nient’affatto riduttiva, che spesso l’accompagna per indicare la geografia e la ‘materia’ letteraria di una buona parte della sua produzione lirica – fu narratore in prosa – dell’incompiuto romanzo autobiografico L’uva puttanella, del reportage ‘sociologico’ Contadini del Sud e della raccolta di racconti Uno si distrae al bivio – e fu sindaco a Tricarico – “sindaco bambino” lo chiamavano i suoi compaesani che lo avevano eletto a soli ventitré anni – impegnandosi per la realizzazione della Riforma Agraria in Basilicata e partecipando attivamente alle lotte di coloni e mezzadri contro i soprusi dei latifondisti lucani. Rocco Scotellaro. Un intellettuale contadino scrittore oltre la modernità è il titolo del primo (e più corposo) dei tre volumi – nella collana Quodlibet Studio – che replica quello del convegno internazionale svoltosi, tra Tricarico e Matera, a giugno dello scorso anno. Merito del libro – curato da Giulia Dell’Aquila e da Franco Vitelli – è quello di aver rinforzato “l’inquadramento di Scotellaro all’interno delle coordinate di studio fin qui tenute presenti dalla critica più accreditata”. Fatte salve le necessarie contestualizzazioni d’ordine storico, economico e socio-antropologico (soprattutto in riferimento alla questione del Meridione d’Italia nel seconda metà del ’900), la figura di Scotellaro indossa adesso le vesti di un “poeta della comunità”, di un “interprete di tutte le Lucanie del mondo” (così lo definiscono Matteo Palumbo e Alberto Granese nei loro contributi); e in questa nuova prospettiva passa a rappresentare, per Giulia Dell’Aquila, “ogni esigenza di riscatto, non necessariamente del Sud. In questo senso egli allunga la sua ombra fino al nostro presente, caratterizzato dalle tante gradazioni del disagio e della disperazione”. In successione, il capitolo più corposo del libro che ‘racconta’ Scotellaro tra “filologia, lingua, letteratura”. Anche per questi aspetti più propriamente letterari, l’offerta dell’indice pone il lettore di fronte a una significativa varietà di scelta: e dunque, tra i tanti (e tutti validi) contributi, si segnalano i testi su Scotellaro tradotto (in francese) e traduttore dalle lingue classiche (nei saggi di Giuseppe Martoccia e Stefano Grazzini); la prospettiva ecologica nelle opere del poeta e del narratore (a firma di Niccolò Scaffai); la riflessione su “lingua e testualità” sul libro di poesie È fatto giorno, nello scritto di Enrico Testa. Dell’Aquila e Vitelli curano anche il volume che raccoglie i Taccuini di Scotellaro, negli anni che vanno dal 1942 al 1953. Materiale preziosissimo – anche in virtù del rigoroso e attento lavoro filologico dei due curatori, nei processi di collazione, di ricostruzione testuale e di correzione dei lapsus calami – che spazia dalle pagine diaristiche, a note appuntate e di commento a testi; da abbozzi di racconti a ricostruzioni, in forma schematica, dell’incompiuto L’uva puttanella; e, ancora, gli appunti sparsi sulle tappe e i tempi del viaggio in Calabria, le riflessioni “politiche” sulla Riforma agraria, il progetto di un libro Per i contadini e sulla loro cultura. La trilogia scotellariana di Quodlibet si chiude con I fuochi di San Pancrazio, a cura di Sebastiano Martelli (altro studioso di lungo corso del poeta lucano e, con Dell’Aquila e Vitelli, curatore dell’“Oscar baobab” di Mondadori che raccoglie tutte le opere). Il libro indaga – presentando pagine inedite (sceneggiature, soggetti e trattamenti, corredati di un puntualissimo apparato di note filologiche e di commenti ai testi) – la storia del progetto cinematografico I fuochi di San Pancrazio. Il film – ambientato nella prima metà del ‘900, ha come soggetto la storia familiare del fuochista lucano Pancrazio Piratore, tra alterne fortune fino al tragico finale – non fu realizzato per la morte improvvisa di Scotellaro. Il materiale raccolto in questo libro diventa, perciò, una sorta di preziosissima guida alla ‘lettura-visione’ della versione filmica mai proiettata. Ancora, offre una significativa testimonianza di quello che il cinema stava diventando in quegli anni: agli occhi di Scotellaro, “ciò che avvince tutte le classi sociali, come l’arte primitiva d’un mondo a venire”. Infine, dallo studio delle carte si evince la natura “anfibiologica” della scrittura scotellariana: doppia nel significato e nell’immaginario; doppia nel ‘segno’ linguistico (letterario e cinematografico). “All’incrocio tra saperi, interferenze, contaminazioni e codici diversi”, scrive Martelli, “e un inevitabile continuo rapporto ermeneutico con la storia e la cultura che l’autore e i testi hanno attraversato”.
Rocco Scotellaro, Un intellettuale contadino scrittore, oltre la modernità, Macerata, Quodlibet, 2024
Rocco Scotellaro, Taccuini, Macerata, Quodlibet, 2024
Rocco Scotellaro, I fuochi di San Pancrazio, Quodlibet, 2024