L’inganno del “per sempre”: perché l’uomo non può essere di parola

Possiamo sottoscrivere un contratto per affari, mai per amore. Il "per sempre" che esiste è quello che la persona non può stabilire, ciò che appartiene al reale.

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Una delle più grandi bugie che gli esseri umani, credendovi, scambiano per verità, è che possano decidere, prestabilire, fare in modo, assicurare e rassicurarsi che qualcosa che li riguardi possa durare per sempre.

Sono soprattutto gli amanti a cadere in questo inganno, dal momento che, come si sa, vorrebbero che il loro amore naturalmente non finisse mai, che durasse per sempre, che quella contingenza che è il loro innamoramento da “qualcosa che ha cessato di non scriversi” diventasse ora “qualcosa che non cessi più di scriversi”, che da una possibilità diventasse una necessità; che il loro potesse essere, per sempre, non più un amore possibile quanto un amore necessario.

Certo, amori che durino per sempre – il per sempre di un’intera vita – sono possibili, ce ne sono stati e ce ne saranno ancora. Ne abbiamo esempi. Solo che se un per sempre si è avverato, è perché è potuta andar così, e non perché gli amanti lo abbiano stabilito, anche se essi vi hanno preso la loro parte, almeno non facendovi troppo ostacolo.

Gli uomini non sono padroni di nessun “per sempre” che sia affidato alle loro intenzioni per quanto convinte, o alla loro parola, alla parola data, come si dice.

Gli uomini, al contrario, non possono essere di parola perché la parola che pronunciamo è sempre interferita da una parola altra, quella che non pronunciamo e che non conosciamo, ma che esiste dentro di noi prima di quella che pronunciamo, che riteniamo essere la sola e unica nostra parola: “io ho una sola parola!” diciamo nella promessa, credendoci e dunque ingannandoci, naturalmente. È il nostro inconscio, non una “cattiva volontà” di venire meno alla parola, che, offrendocene sempre un’altra, ci rende non di parola, ci rende impossibile la promessa. Perché una parola data rimanga tale è necessario allora che diventi parola scritta, anche se possiamo sottoscrivere una parola, e mai un amore.

Proprio per questo gli uomini hanno bisogno dei contratti scritti (contratto=parola “con-tratto”, ma anche parola “contratta”: con tratto di scrittura, contratta nello scritto, la parola, non l’amore, l’amore non potrà mai essere “contratto” perché l’amore è sempre e solo dell’ordine del discorso e mai della scrittura).

Il “per sempre” che invece esiste è proprio quello che l’uomo non può stabilire e nei confronti del quale può fare ben poco, quello che appartiene al reale.

Il reale è ciò di cui l’uomo non può essere padrone mediante la parola perché non entra mai nella parola. La parola che si dice inganna perché è sempre simbolica e mai del reale, non è altro che un significante che, come tale, scivola sempre su altri significanti. La parola autentica è quella che non si sa di dire o quella che non si dice, come avviene in analisi.

Il “per sempre” allora, il vero per sempre è piuttosto quello che – in quanto del reale – fa da disturbo, da inciampo a quei “per sempre” -simbolici, o immaginari – di cui l’uomo si “riempie la bocca” e che crede di poter stabilire e suggellare nel tempo mediante la sue facili e innumerevoli promesse.

Egidio T. Errico

Medico, psichiatra e psicoanalista, già dirigente psichiatra presso il Servizio di igiene mentale dell’ASL SA/1 e primario psichiatra presso la Casa di Cura “La Quiete”. Socio Ordinario con funzioni didattiche della Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica e docente della Scuola di specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica.

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