Le minacce di “Simone” di Andrew Niccol e di Emily Pellegrini

La grande metamorfosi dell'intelligenza artificiale: la creatività alla ricerca di nuovi centri di gravità permanente

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Simone” lo preannunciò nel 2002; quel film diretto da Andrew Niccol è stato il film che più ha squarciato un futuro realistico. In quel film Al Pacino interpreta il ruolo di un regista cinematografico che utilizzando un sofisticato software crea una cantante virtuale chiamata Simone. Il film affronta tematiche interessanti riguardo all’uso della tecnologia nell’industria dell’intrattenimento e anticipa in modo fantasioso alcune delle discussioni attuali sull’I.A. e sulla creazione di personaggi virtuali.

Sebbene il film non sia proprio una rappresentazione dell’I.A. come la intendiamo oggi, ma un prodotto di un avveniristico software, sicuramente in esso si può vedere l’anticipazione dei dibattiti attuali sull’uso della tecnologia per creare figure virtuali e sostituire le persone reali in determinati contesti, come nel mondo della musica e dell’intrattenimento. La tecnologia è progredita notevolmente da quando è stato realizzato il film, ma le domande etiche e le implicazioni sociali sollevate dal film più di venti anni fa sono oggi ancora più rilevanti.

Siamo alla sepoltura dei mestieri creativi?

Negli ultimi cinque anni, l’intelligenza artificiale ha rivoluzionato molteplici settori: l’automazione industriale, medicina, logistica, vendita on line e social ovviamente. Tuttavia, uno dei suoi impatti più significativi lo sta facendo sentire nel mondo dei mestieri creativi, scuotendo alla base la stabilità di figure e lavori storici come grafici, modelle, attori, cantanti e addirittura influencer, come l’incredibile caso dell’esordio di Emily Pellegrini, l’influencer virtuale, così realistica che è stata bramata da tennisti e calciatori 😳 assatanati che ne richiedevano utilizzi poco virtuali.

Uno dei mestieri attualmente più colpiti è proprio quello di Modella per foto pubblicitarie (vedi “Aitana”, al momento la più famosa). L’avvento della tecnologia ha portato alla creazione di modelli virtuali con algoritmi in grado di generare immagini realistiche e incredibilmente convincenti. Queste donne virtuali sono ricercate dai clienti per crearsi in casa la propria testimonial che diviene così un vero e proprio brand senza pagare diritti e compensi. Di conseguenza, la richiesta di modelle umane sta crollando, lasciando molte senza lavoro e futuro.

Ma anche il settore della musica e dell’intrattenimento è sotto pressione. I pionieri sono stati i disc jockey che da anni producono musica usando solo software e computer; e vanno a ruota le etichette discografiche che da un po’ usano voci generate dall’I.A. per soddisfare i consumatori senza dover dipendere da cantanti umani. Ciò sta portando ad un calo della richiesta di talenti umani -soprattutto di vocalist– con i discografici che si affidano spesso a soluzioni basate sull’I.A. nella produzione musicale, tanto più che è stranoto che molti cantanti sono già supportati da voci artificiali durante le registrazioni (se ne dice addirittura di quella Star che non va in video dal lontano 1978… ma che continua a sfornare dischi ogni due anni).

Anche gli attori stanno risentendo dell’uso smodato dell’I.A. Le tecnologie di motion capture e le animazioni digitali -già utilizzate da tempo- ora con l’I.A. stanno ora diventando sempre più sofisticate e veloci, consentendo ai registi di creare personaggi virtuali in grado di interagire in modo realistico con gli attori umani (ricordate “Avatar”, uscito nel lontano 2009? Bhè, è stato fatto quasi tutto in motion capture).

Il futuro della creatività sarà tutto in I.A.?

Le implicazioni di questa trasformazione sono immense. Innanzitutto, vi è il rischio di perdere una parte preziosa della cultura e dell’identità umana. Le modelle, i cantanti e gli attori non sono solo esecutori, ma anche portatori di personalità, emozioni, esperienze e storie uniche che risuonano e agiscono con il pubblico. La sostituzione di queste figure con simulazioni virtuali e personalità programmate potrebbe privare il mondo di un aspetto cruciale della sua ricchezza culturale.

Inoltre, c’è il problema sociale legato alla perdita di posti di lavoro. Molti professionisti nei settori della moda, della musica e dell’intrattenimento dipendono dalle loro capacità creative per guadagnarsi da vivere, e manco a dirlo in Giappone e Corea del Sud sono già abbastanza avanti nella generazione di format televisivi in I.A. e in Asia già esiste un mercato -addirittura aste!- di Falsi d’Autore realizzati con l’I.A. : anche l’onorato mestiere del falsificatore d’arte è a rischio!

Gli ottimisti cercano di convincerci che le tecnologie nascenti dall’I.A. possono essere utilizzate per migliorare la creatività umana anziché sostituirla: gli artisti, ad esempio, potrebbero collaborare con algoritmi per creare opere d’arte uniche che combinano le loro visioni con l’intelligenza computazionale. Allo stesso modo, i cantanti e gli attori possono utilizzare l’I.A. per espandere le proprie capacità creative e sfruttare nuove piattaforme digitali; di certo tutti questi vecchi mestieri vi si dovranno adattare: Se non puoi combattere, adeguati.

La società deve affrontare le sfide etiche e regolamentari legate all’uso dell’I.A. nei mestieri creativi. È essenziale garantire che le persone coinvolte in questi settori siano protette, all’orizzonte si scorge una massificazione della creatività peraltro già da tempo in atto in pubblicità e grafica.

L’impatto dell’I.A. sui mestieri creativi è un tema complesso che richiede un approccio olistico. Mentre l’I.A. presenta sfide significative per i mestieri creativi del XX secolo, offre anche opportunità per sfruttare la creatività umana: ma una regolamentazione sembra sempre più impellente altrimenti, visto che l’I.A. è stata definita (e con molta ragione) “il più grande sistema di plagio legalizzato”, resterà da chiedersi se avranno più senso le leggi sulla proprietà intellettuale e sul diritto d’autore, che già oggi appaiono come un emmental stagionato…
Di questa grande metamorfosi sociale in atto, noi possiamo solo scriverne ma attendiamo tendenze e decodifiche da chi studia la società per mestiere, perché l’I.A. è un evento mondiale ed epocale ed il momento non è dei migliori né per il mondo né per la nostra epoca.

Carlo De Sio

Laurea in Scienze Politiche ed Economiche, Master in Psicologia sociale e P.R, ha lavorato nella Comunicazione d’impresa e nelle Relazioni Pubbliche per oltre 40 anni; dal 2015 è impegnato in attività di Lobbying indipendente in Italia e all’estero. Ha fatto parte dei direttivi di Organismi nazionali quali ACPI-Milano, FERPI-Milano e Confindustria. E’ iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1999

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