Una serie di frammenti critici dedicati a uomini e donne del secolo scorso. Autori e autrici che nella trasversalità della loro opera (creativa o teorica ma sempre visionaria) hanno lasciato ben oltre un segno e un’eredità nel tempo. Il titolo della rubrica nasce da una citazione shakespeariana: “Potrei essere rinchiuso in un guscio di noce e tuttavia ritenermi padrone di uno spazio infinito, se non fosse che faccio brutti sogni” (Amleto, atto II, scena II).
“Si deve far arretrare l’infelicità ovunque”… Ha 26 anni Guy Debord, nel 1957, quando scrive il suo Rapporto sulle costruzioni di situazioni. Aveva già scritto numerosi pamphlet e realizzato un grande azzardo di cinema sperimentale (Hurlements en faveur de Sade nello splendore estremista dei suoi 21 anni) e mancano ancora dieci anni alla centralità del suo lavoro La Société du spectacle. Eppure… eppure il suo pensiero radicale, il suo “ragionare-mondo” ha tutto ben chiaro. Come ben chiara ai suoi occhi di Magister è la scelta di molti (tanti, troppi) uomini e donne che hanno scelto l’infelicità come segno di resa, l’assentarsi dalle cose come sistemica narcosi. Da qui il suo assoluto diktat “si deve far arretrare l’infelicità ovunque” (concetto centrale per tutti i situazionisti). Bloccare l’infelicità. Ovunque fermarla. E Debord fiero della sua “mauvaise réputation” ci ha insegnato a combatterla l’infelicità: con la psicogeografia della “deriva”, con l’idea di “provocare il disordine senza amarlo”, con il guerreggiare costante contro le “forze produttive alienate”, con uno spirito sovversivo capace d’esser al contempo gitano, pellerossa e anarca!
Con un colpo di pistola sparato al cuore francese Guy Debord il 30 novembre del 1994 chiude definitivamente i conti con quella “società spettacolarizzata” che per oltre quarant’anni aveva tenacemente criticato.
E allora oggi anche noi – totalmente immersi nella stordente complessità di un XXI secolo – fedeli al credo situazionista di Debord continuiamo a combatterla l’infelicità. Facciamo arretrare più che mai l’infelicità e facciamolo con i nostri “strumenti”: a colpi di visioni collettive e condivise, a segni di bellezza ed entusiasmo… Combattiamo l’infelicità per vocazione didattica e per senso della ricerca, ma anche per luminescenze di passioni adolescenti e per ritrovarsi ora e sempre artefici di un dono-bambino!