Grande Lucania per l’umanesimo sociale

La riluttanza delle persone verso la politica ha fatto sì che lo Stato abbia assorbito in sé tutte le decisioni e responsabilità. Con questo modus vivendi si è consolidato un potere assistenziale, che occorre superare per ricostruire il futuro

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Sta crescendo, intorno a La Grande Basilicata, un movimento che propone un riequilibrio territoriale che rilanci anche il capoluogo di regione

La partecipazione del Movimento “La Grande Lucania”, civico, moderato, popolare e riformista, alla vita politica attesta che alla base del suo credo politico ci sia la consapevolezza di affrontare il momento critico della Basilicata e del suo capoluogo, a causa dello spopolamento, invecchiamento e disoccupazione in corso, e di accompagnarlo con una iniziativa politica identitaria che focalizzi le ragioni del mancato sviluppo e offra una chiave di lettura realistica per una sua ripresa. Ciò richiede, pertanto, la declinazione di un’idea-progetto che enuclei una nuova visione della politica in cui i protagonisti veri siano i cittadini. A tal fine, occorre una azione vivace da parte del Movimento, una politica del porta a porta, una stretta di contatto con la gente che spieghino che la politica della delega in bianco data ai partiti e alle Istituzioni, come pure la non partecipazione al voto, abbiano fatto il loro tempo, visto i risultati negativi prodotti da una classe politica senza autorevolezza e priva di visione.

La riluttanza verso la politica ha indotto

Roma ad occupare tutti gli spazi

Si aggiunge che la riluttanza delle persone verso la politica ha fatto sì che lo Stato, con le sue articolazioni territoriali: Regione-Provincia-Comune, nel corso del tempo, abbia arbitrariamente assorbito in sé tutte le decisioni e responsabilità con la pretesa di poter rispondere ai bisogni della gente però secondo una propria logica. Con questo modus vivendi si è consolidato lo Stato assistenziale, un rapporto di subordinazione del cittadino verso le Istituzioni, viste come i soli interlocutori per risolvere i problemi. Tale modo di concepire la vita pubblica ha trovato, purtroppo, e trova da parte dello Stato vita facile in una realtà depressa economicamente come la nostra, afflitta dai perduranti problemi che l’angustiano.

Un altro aspetto, va considerato che i partiti non hanno svolto compiutamente le funzioni per cui sono nati: formare, come una volta, le nuove classi dirigenti e dibattere i problemi sociali più urgenti prima che vadano alla fase esecutiva. Ci troviamo, così, in un sistema sociale sbilanciato dove i luoghi decisionali sono ristretti, i servizi primari alla persona sono insufficienti e discriminanti, il merito non è un valore oggettivo bensì una opzione arbitraria, quindi censurabile. Davanti a questo stato di cose, con questo scenario desolante, non si può rimanere inerti ed ecco, allora, la nostra presa di posizione che mira, prima di tutto, a ripristinare culturalmente un rapporto diverso tra gli Enti locali e lo Stato, tra lo Stato e i cittadini dopo. In merito al nostro ragionamento, osserviamo che lo Stato debba sicuramente assolvere ai propri compiti secondo quanto recita il dettame costituzionale, in pari tempo debba mantenere un dialogo costruttivo e continuo con gli apparati sociali intermedi, titolari di importanti funzioni che non sono adeguatamente sostenuti. Deputato, pertanto, a rispondere ai bisogni dei cittadini non è solo lo Stato, bensì anche la società civile. Per società civile si intende la scuola, le associazioni culturali, le parrocchie, i presidi sanitari e di sicurezza pubblica, le imprese, gli ordini professionali, il volontariato, i centri di ricerca, i sindacati ecc…

Il sistema sociale paga lo scotto

della distanza cittadini-istituzioni

Non si può, per esempio, affrontare il problema della terza età senza rivolgersi prima di tutto alla famiglia come una realtà che è vigile e presente nella situazione ed è responsabile di essa: non si può affrontare il problema dei giovani e del lavoro senza il supporto della impresa che va sostenuta con mezzi e leggi appropriate; non si possono risolvere le diseguaglianze sociali tra il nord e il sud se non si mette mano a nuove politiche di perequazione nel settore dei trasporti, della Istruzione, della Sanità con interventi condivisi e scadenzati nel tempo e via dicendo. Un sistema sociale, così, variegato, ricco di tradizione e di esperienze, come si è visto, non va tenuto a bagnomaria ma va convintamente sostenuto perché rappresenta un “capitale sociale” straordinario in grado di accompagnare il rilancio socio-economico del Paese attraverso la lettura critica dei generali comportamenti, spesso adusi al piagnisteo e alla rassegnazione. Un sistema sociale che ricostruisca le reti di solidarietà umana e di sostegno ai ceti meno abbienti, sempre più diffusi. Un sistema sociale, dunque, che rinnovi l’ethos della gente abituata come è stata a coltivare il proprio ego a disdoro delle altrui necessità e condizioni. Si auspica la costruzione di una società più giusta ed umana dove la scontentezza dovuta alle diversità e la rassegnazione dovuta alla mancanza dei servizi primari cedano il passo ad una rinnovata fede nei propri mezzi e capacità, consapevoli che la felicità del retto vivere non è un diritto garantito dalla legge bensì dal rispetto della dignità che si nutre prima verso se stessi e poi verso gli altri. Una Comunità dove si lavori in comunione d’intenti all’unisono con il mondo che cambia. Questa esortazione alla ridefinizione di un nuovo stato sociale del Paese si coniuga con l’auspicio che anche la nostra realtà, afflitta da talune criticità di ordine economico, si riprenda e si esprima diversamente.

Necessario che la partecipazione

riprenda i suoi insostituibili percorsi

Il Movimento “La Grande Lucania”, in uno con il pensiero collettivo esistente, fa voti affinché in primis la Politica prenda coscienza dello stato dell’arte e si metta seriamente a lavoro per uscire dalla crisi incombente. Nel merito va aggiunto che in una tale situazione si trova anche il Capoluogo di regione, coinvolto come é in una congiuntura che genera sfiducia e desiderio di evadere da parte dei suoi giovani. Rimanere inerti, aspettare che arrivi un nuovo salvifico Godot, crediamo che non giovi alla causa comune, stante la condizione sociale che sembra irreversibile. A questo punto è necessario muoversi al fine di dare una svolta all’attuale situazione. Riteniamo, per prima cosa, che sia utile rilanciare la vera vocazione della città di Potenza, quella di essere “la città della conoscenza e della formazione”; senza trascurare, ovviamente, i settori collaterali, anch’essi determinanti. Tale assunto non é una pretesa ma una legittima rivendicazione che si basa sulla presenza di consolidate attività educative, svolte dagli innumerevoli centri di Istruzione e di Sicurezza sociale operanti sul territorio. Si pensi all’Università di Basilicata, agli Istituti scolastici di ogni ordine e grado, ai Teatri, al Conservatorio di musica Gesualdo da Venosa, ai Musei archeologici, ai centri di comunicazione mediatica, all’Ospedale San Carlo, al Tribunale e alle tante Associazioni Culturali presenti sul territorio. Ci troviamo, così, innanzi ad un patrimonio socio-educativo, ricco e sociologicamente variegato, che va sostenuto e connesso nel suo ambito per il fatto che intorno ad esso ruota il sistema economico e culturale della Città. Un patrimonio che dispone di conoscenze tecnologiche e scientifiche significative e che concorre, attraverso i servizi ed i beni immateriali che assicura, al rinnovamento delle tipologie del lavoro e della mentalità in senso generale. Ci troviamo in presenza di una miriade di interlocutori che possono per le loro affinità sociologiche appartenere ad un rinnovato “Ceto medio riflessivo” che rompe gli indugi e che presenta un’originale ipotesi di lavoro, basata sulla teoria della “società della conoscenza”.

Senza risveglio della coscienza critica

il progresso rimarrà solo una utopia

A far parte di questa “categoria sociale” di diritto entrano le strutture di servizio precedentemente richiamate: ospedali, scuole, musei, università, centri di ricerca, case editrici, istituti di credito, ecc., ma anche le frange creative della società attive nelle arti visive, nell’architettura, nella moda, nel design, nello spettacolo, nel giornalismo, nel cinema e televisione ecc. Come si evince da questo diverso modo di concepire il ruolo della città di Potenza emerge la consapevolezza che essa si adatti alle tendenze di cambiamento in atto con uno spirito diverso. Occorre, in primis, che rilegga se stessa dal punto di vista comportamentale al fine di correggere atteggiamenti non proprio confacenti con le sue tradizioni, adusa com’è a criticare la propria qualità di vita, a non valorizzare appieno i propri beni come l’Università, l’Ospedale San Carlo e il Teatro Stabile, come pure il suo Centro Storico, una volta considerato il salotto buono della comunità, oggi un bivacco legalizzato. In parole chiare, necessita che essa riscopra il senso di appartenenza e l’amore vero verso se stessa per il fatto che non si evidenziano in modo appropriato.

In conclusione, il Movimento “La Grande Lucania” auspica , in comunione d’intenti coi cittadini, la promozione di un nuovo “umanesimo sociale” che risvegli la coscienza delle persone e rimuova il provincialismo di maniera imperante che non si conciliano con le aspettative e la storia di una Comunità che affonda le proprie radici nella millenaria civiltà mediterranea.

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