Global Sumud Flotilla, una mano tesa verso Gaza

Il viaggio degli attivisti mette a nudo l’inadeguatezza di una efficace diplomazia “mediterranea”. Un’irrilevanza strategica che coinvolge anche l’Italia che  oggi ha rinunciato a qualsiasi iniziativa di politica estera. Ma per fortuna la società civile è sempre un po' più avanti rispetto a chi governa.

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In questi giorni di settembre il Mediterraneo è il teatro di una straordinaria iniziativa: è attraversato da una mano tesa verso la martoriata Gaza, che ha la forma di centinaia di prue, vele, scafi, dalle stive traboccanti di solidarietà ed altruismo.

In direzione ostinata e contraria si sta muovendo la moltitudine variegata e colorata d’imbarcazioni della Global Sumud Flotilla: è una storia che sa d’impresa, decine d’imbarcazioni, anche di piccole dimensioni, che solcano i mari, spesso teatro di tragiche migrazioni,  per portare aiuti umanitari ai civili della Striscia di Gaza e infrangere l’assedio navale che Israele ha imposto sulla Striscia.

Attivisti di tutto il mondo e da tutto il mondo sono partiti da diversi porti del Mediterraneo per darsi appuntamento nelle acque internazionali al largo della striscia di Gaza, per poi cercare di attraccare e consegnare alla popolazione gli aiuti caricati sulle imbarcazioni: tonnellate di cibo, farmaci e beni di prima necessità da far arrivare, attraverso un corridoio umanitario, a centinaia di migliaia di persone, se non di più, stremate dalla fame e dalla sofferenza da quasi due anni.

Le ultime dichiarazioni di esponenti del governo israeliano gettano un’ombra minacciosa sugli esiti dell’iniziativa, i membri della Global Sumud Flotilla rischiano di essere arrestati ed accusati di terrorismo,  con il sequestro delle imbarcazioni e degli aiuti trasportati. È auspicabile una tutela degli Stati da cui stanno salpando le navi per garantire la sicurezza del personale di bordo.

“Sumud” è una parola araba che ha un significato profondo, radicato nella cultura e nell’antropologia palestinese; significa “resistenza”, “perseveranza”, le doti che ogni uomo, ogni donna di quel lembo di terra ha imparato a conoscere e praticare sin dalla nascita. Nascere, vivere e morire a Gaza può durare il tempo del battito d’ali di una farfalla.

Non è solo una questione umanitaria, di solidarietà, il viaggio della Global Sumud Flotilla mette a nudo l’inadeguatezza di una efficace diplomazia “mediterranea” ed i governi che avrebbero potuto innescare un processo virtuoso di composizione del conflitto, sono stati clamorosamente assenti.

Non vi è stato alcun tentativo concreto da parte degli attori istituzionali, a cominciare dall’Ue, d’intraprendere, quantomeno, una fase di concertazione con le parti in causa, in primis il governo israeliano. Un’irrilevanza strategica che coinvolge anche l’Italia, storicamente vicina al mondo del Medio Oriente mediterraneo e che  oggi, invece, ha rinunciato a qualsiasi iniziativa di politica estera che pure uno status di media potenza regionale le consentirebbe.

Per qualcuno la Global Sumud Flotilla è il risultato del fallimento epocale della politica internazionale, incapace di arginare il reale disegno del governo della destra israeliana: estirpare progressivamente un popolo dalla sua terra, perché è di questo che si tratta, non di altro.

Eppure le spinte collettive che animano attivisti e militanti nelle grandi azioni solidali hanno una loro genesi, che non scaturisce necessariamente dagli insuccessi delle istituzioni preposte alla pacifica convivenza tra i popoli. È, piuttosto, il non dover ricorrere a metodi, procedure, protocolli che favorisce la nascita di movimenti spontanei che rapidamente riescono a coinvolgere moltitudini significative di persone. Un pizzico di sana temerarietà, un bisogno di connessioni tra i popoli e il rifiuto di un’assuefazione all’orrore: lo sciame di barche diretto a Gaza traccia la rotta di un nuovo umanesimo lungo tutto il Mediterraneo.

La società civile è sempre un po’ più avanti rispetto a chi li governa, fortunatamente si muove come una materia organica ricettiva e reattiva, s’indigna, scende in piazza, prende tutto ciò che serve e sale su una barca. Adesso più che mai l’importante è andare.

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