Presentato a Napoli il rapporto annuale “L’economia della Campania”. All’evento ha partecipato la Vice Direttrice Generale di Bankitalia Alessandra Perrazzelli. Di seguito la sintesi dell’intervento.
Il quadro macroeconomico
Nel 2022 è proseguita la ripresa dell’economia della Campania, nonostante le incertezze derivanti dagli eventi bellici in Ucraina, il considerevole aumento dei costi energetici e dei beni alimentari e il permanere, per larga parte dell’anno, di difficoltà nell’approvvigionamento dei materiali. Secondo le stime della Banca d’Italia, basate sull’indicatore ITER, l’attività economica è cresciuta del 3,5 per cento (3,7 in Italia) recuperando pienamente i livelli del 2019 (fig.1.1); la crescita, particolarmente sostenuta nella prima metà dell’anno, è poi proseguita su ritmi più contenuti nel secondo semestre.
Le imprese
L’espansione dell’attività ha interessato larga parte del tessuto produttivo regionale. Le nostre indagini sulle imprese industriali e dei servizi indicano che la quota di imprese con un aumento del fatturato in termini reali si è attestata sui livelli elevati del 2021.
La crescita delle vendite ha interessato in particolare le aziende dei servizi che hanno beneficiato della definitiva rimozione delle restrizioni alla mobilità. Le presenze dei turisti sono cresciute in misura considerevole, in particolare quelle dei visitatori stranieri, superando di oltre la metà il livello del 2021; rispetto al 2019 il recupero risulterebbe ancora incompleto. La consistente ripresa dell’attività turistica ha inoltre favorito l’ampliamento del traffico portuale e aeroportuale di passeggeri, tornato sostanzialmente sui valori pre-pandemici. Per le imprese industriali i livelli di attività si sono attestati su quelli del 2021. Si è consolidata la crescita del settore delle costruzioni, favorita dagli incentivi pubblici per le ristrutturazioni edilizie; in concomitanza con le difficoltà emerse per la cessione dei crediti di imposta, nella seconda parte dell’anno la produzione del settore ha tuttavia mostrato segnali di rallentamento.
La quota di aziende che hanno segnalato nelle nostre indagini di aver ampliato in termini reali la spesa per investimenti è tornata a superare, anche se moderatamente, quella che l’ha ridotta; l’espansione dei piani di investimento ha interessato in particolare le aziende dei servizi. Per il 2023 le aspettative formulate dalle imprese prefigurano tuttavia una riduzione della spesa per beni capitali; rimangono invece ancora prevalenti le prospettive di fatturato in crescita.
È proseguita la crescita delle esportazioni campane, più ampia della media nazionale, sostenuta dai settori di specializzazione regionali, in particolare l’agroalimentare, la farmaceutica, l’automotive e la lavorazione dei metalli.
Nel corso dell’anno la dinamica dei prestiti è stata ancora positiva, anche se la crescita è divenuta progressivamente più lenta rispetto al 2021; per le imprese di minori dimensioni sul finire dell’anno il credito si è moderatamente ridotto. In aggregato, le condizioni di liquidità delle imprese appaiono ancora adeguate, con ampie scorte di attività finanziarie prontamente liquidabili in rapporto all’indebitamento. Il costo dei finanziamenti è cresciuto per il rialzo dei tassi ufficiali in atto dalla seconda metà del 2022; in particolare, i tassi di interesse per operazioni di investimento si sono ampliati di circa 3 punti percentuali.
Il mercato del lavoro e le famiglie
Nel 2022 l’occupazione è nuovamente cresciuta, superando il livello del 2019. Tra i diversi settori l’aumento degli addetti è stato particolarmente significativo nell’edilizia; è presumibile che in questo settore la domanda di lavoro rimanga elevata nei prossimi anni in relazione ai rilevanti piani di investimento previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
L’incremento degli occupati in regione ha interessato in particolare i lavoratori dipendenti; relativamente a questi, i nuovi contratti, al netto delle cessazioni, hanno riguardato prevalentemente posizioni lavorative a tempo indeterminato, cui hanno contribuito anche le numerose trasformazioni di contratti già in essere. Il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro ha consentito una riduzione del tasso di disoccupazione; si è ulteriormente ridimensionato il ricorso a misure di integrazione salariale.
L’aumento dell’occupazione ha sostenuto quello del reddito disponibile che tuttavia è diminuito in termini reali per la significativa erosione del potere d’acquisto indotta dal consistente incremento dei prezzi al consumo. Il miglioramento della fase ciclica ha favorito la riduzione per oltre un decimo del numero di famiglie beneficiarie del Reddito o della Pensione di cittadinanza; più di un ottavo dei nuclei residenti in regione ha usufruito di tali interventi.
Nel 2022 i consumi si sono ancora ampliati, raggiungendo in termini reali i livelli del 2019. Nel corso dell’anno la loro ripresa è stata condizionata dal deterioramento del clima di fiducia per gli eventi bellici in Ucraina e dai rincari; questi ultimi hanno riguardato maggiormente beni essenziali che rappresentano un’ampia quota della spesa dei nuclei a basso reddito.
Il debito delle famiglie si è ampliato, sia per l’aumento dei mutui per l’acquisto di abitazioni sia per quello del credito al consumo. Nella seconda metà dell’anno l’innalzamento del costo del credito per le famiglie ha indotto un ridimensionamento della domanda di mutui che si è riflesso in un rallentamento delle compravendite di abitazioni.
Il mercato del credito
I prestiti alle famiglie e alle imprese hanno rallentato nel 2022, pur crescendo a ritmi ancora superiori alla media italiana. In un contesto caratterizzato da politiche di offerta più prudenti da parte degli intermediari, l’andamento dei finanziamenti ha riflesso anche il calo della domanda di credito di famiglie e imprese. I principali indicatori relativi alla rischiosità dei prestiti si sono collocati su livelli storicamente contenuti, anche grazie al miglioramento dell’attività. Secondo nostre analisi, le aziende più esposte alle conseguenze dei rincari energetici non avrebbero evidenziato maggiori difficoltà di rimborso rispetto alle restanti aziende.
La finanza pubblica decentrata
Nel 2022 è tornata a crescere la spesa corrente degli enti locali campani, per l’aumento della spesa per beni e servizi e di quella per il personale, connessa in parte al rafforzamento della compagine nel comparto sanitario. Si è registrato anche un incremento della spesa in conto capitale, alimentato sia dagli investimenti sia dai trasferimenti a famiglie e imprese, pur a fronte del ritardo nell’attuazione dei Programmi operativi regionali 2014-2020, giunti alla loro fase conclusiva. Nell’ambito delle risorse assegnate dal PNRR, secondo dati aggiornati al mese di maggio di quest’anno, la Campania dispone di circa 13 miliardi di euro, destinati principalmente a interventi per la mobilità sostenibile, la transizione ecologica, la rigenerazione urbana e gli asili nido. Agli enti locali è assegnato un ruolo cruciale nell’attuazione della spesa: circa il 70 per cento di tali risorse verrà gestito da questi enti, e in particolare poco meno di un terzo dai Comuni. Lo sforzo organizzativo richiesto a questi ultimi risulta significativo: l’attuazione del Piano comporterebbe infatti per i Comuni una spesa per investimenti superiore di oltre l’80 per cento rispetto alla media del triennio precedente la pandemia.
Sebbene i Comuni campani siano diffusamente caratterizzati da elevati disavanzi che riflettono alcune fragilità finanziarie strutturali, nel periodo più recente le loro condizioni di bilancio sono nel complesso migliorate per i trasferimenti legati all’emergenza sanitaria e per gli interventi a sostegno di enti in difficoltà finanziarie (quali ad es. il patto per Napoli del marzo 2022).