
Si è tenuta a Trieste la quarantesima edizione del Festival del Cinema ibero-latino americano, attualmente il più longevo in Europa dopo quello di Huelva in Spagna, organizzato dall’ Associazione per la Promozione della Cultura Ibero-Latino Americana in Italia (APCLAI), un appuntamento al quale sia gli appassionati di cinema sia gli interessati al mondo e alla cultura latinoamericana non vogliamo mancare.
Si è aperto però con una nota di profonda tristezza: la morte di Massimo Forleo, grande cinefilo dalla memoria poderosa, tra i fondatori di Massenzio, la rassegna cinematografica nata a Roma nel 1977 nell’ambito dell’Estate romana di Renato Nicolini, che insieme a Rodrigo Díaz diede vita a questo Festival di cui fu direttore artistico dal 1983 al 1996 e ha mantenuto vivo anche dopo il suo interesse per il Festival e l’amicizia con il suo successore, Rodrigo Díaz.
La costruzione
della memoria
Molte sono le caratteristiche degne di nota di questo evento, tra cui la varietà di generi, giacché tutte le sessioni includono sia documentari che film, purché la tematica latinoamericana sia centrale e dia spazio alle diversità e molteplicità di situazioni e territori, non discostandosi dalla linea di impegno civile e costruzione di memoria che lo ha contraddistinto sin dalle origini. Si possono indicare alcune linee tematiche, pur senza ambire all’esaustività: il presente e recente passato solcato da violenze, desapariciones, esili e torture; la presenza italiana sia come sguardo e prospettiva, sia come oggetto; il recupero di tradizioni e paesaggi mai azzerati dalla modernità. In questa direzione vanno le parole di Rodrigo Díaz, rivendicando il progetto del Festival dalla sua nascita: “un’idea, una volontà di tutelare identità, di consolidare storie, legami e rafforzare il ponte che unisce questo paese all’altra Italia, quella che vive in America Latina”.
Niente red carpet, niente folle accalcate per vedere sfilare star prestigiose, niente giornalisti e fotoreporter per l’ultimo scoop: qui sale piene, alcune con ingresso a pagamento e altre gratuite, molti registi e produttori, qualche attore e tanto entusiasmo per le due coordinate – mezzo visivo e territorio – che tengono insieme 75 proiezioni e nove sezioni, alcune in concorso con diversi premi assegnati (Concorso ufficiale, Contemporanea concorso, Contemporanea Malvinas, Contemporanea Mundo latino), altri fuori competizione (Eventi speciali, Contemporanea fuori concorso, Shalom: il sentiero ebraico in America latina, Focus Brasile, Cinema e letteratura).
Qualità e onestà
del direttore Diaz
Il nome del Direttore artistico Rodrigo Díaz è una garanzia di qualità e di onestà intellettuale, garantite anche dai nomi dei giurati, alcuni quasi ‘abbonati’ all’evento, altri alla prima esperienza: gli italiani Nerio Bergesi, Alessandro Segnetto, Federica Rocco, Antonella Cancellier, Rosa Maria Grillo, Carlo Mearilli, gli spagnoli Enric Bou, Rocío Luque, Pablo Martínez Rosado, il messicano Eduardo Flores Torre, l’argentina Natale Andrea Lescano Franco. E ancora Giurie allargate: del pubblico, dei rappresentanti del Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico di Duino (Trieste), dei musicisti del Conservatorio Tartini di Trieste.
Visti i numeri, è impossibile recensire o anche solo nominare film, registi, attori, produttori; posso solo segnalare qualche caso di rilievo e soffermarmi su una sezione che con coraggio affronta un tema scomodo per l’inevitabile richiamo alla nostra stringente contemporaneità: Shalom: il sentiero ebraico in America Latina, coordinata da Carlo Mearilli in collaborazione con la Comunità Ebraica locale e inaugurata al Museo della Comunità Ebraica Carlo e Vera Wagner, che racconta la complessa e poco nota storia della diaspora ebraica nel continente e propone al contempo una riflessione sulla memoria e sui traumi del Novecento.
Nata negli anni Novanta, ha vissuto un evento chiave con la consegna nel 2018 del Premio Salvador Allende, che sottolinea la missione civile del Festival, a Vera Vigevani Jarach (Madre de Plaza de Mayo), vittima di due grandi tragedie: la Shoah (subita dalla sua famiglia in Italia) e la dittatura militare argentina (una figlia desaparecida).
Le dittature, i nazisti
il passato e la Verità
Questa connessione tra le due tragedie rafforza l’idea di dover esplorare le storie ebraiche in America Latina come un’unica storia di orrore che si ripete in tempi e luoghi diversi. Infatti i film e i documentari di questa sezione esplorano la dinamica identitaria con particolare riferimento a due aspetti: il rapporto tra integrazione e tradizione e il legame con il passato e quindi l’eredità della Shoah, l’antisemitismo, il rapporto con Israele e il peronismo argentino, dove risiede la più grande comunità ebraica latinoamericana. Queste due linee coincidono nell’evidenziare il grande apporto artistico-culturale (nella musica, nel cinema, nella letteratura, nella pittura) che la diaspora ebraica ha portato nel Nuovo Mondo, creando ricche contaminazioni e nuovi percorsi. Ma non mancano prodotti che si soffermano sul rapporto tra Memoria e Verità e che affrontano senza sconti il passato, temi come l’ospitalità offerta da Argentina e Paraguay ai nazisti o l’analisi della relazione del peronismo e delle dittature degli anni 60 e 70 nel Río de la Plata con i fuggiaschi nazisti da una parte, e la comunità ebraica residente dall’altra.
Le “forti” pellicole
della sezione Shalom
Pur concentrandosi più sulla tematica che sul divismo in stile hollywoodiano, la sessione Shalom ha ospitato personalità di rilievo internazionale, come Adrián Suar, attore, regista, produttore: considerato in Argentina il re della commedia per le sue partecipazioni a film di successo e per il suo ruolo di direttore di vari programmi televisivi di successo, con Mazel Tov dimostra che le sfide dell’identità ebraica in America Latina si possono affrontare anche con un sorriso. Di indubbio interesse e qualità è anche Tuve el corazón di Oliver Kolker e Hernán Findling che ha portato sulla scena la complessità psicologica dei personaggi, in particolare quella del protagonista interpretato da Oliver Kolker, uno dei due registi. Il film affronta il tema del peso del passato, e il ‘cuore’ del titolo non è solo un riferimento fisico, ma è metafora della coscienza mettendo in discussione il concetto di giustizia e redenzione. I personaggi non sono mai totalmente buoni o cattivi ma persone comuni che compiono scelte a volte estreme, con esito profondamente tragico e umano. Terzo film lodato dalla commissione che ha coordinato la sezione Shalom è Goy di Santiago Salinas Sacre, che ha modellato la costruzione dell’identità ebraica attraverso il ‘non-ebreo’ (il Goy), stimolando una riflessione sull’alterità e l’integrazione.
L’identità di genere
nel mondo infantile
Tra i film delle altre sezioni, ricordiamo Un mundo para mí del messicano Alejandro Zuno, che pone inquietanti interrogativi sulla identità di genere nei bambini, la responsabilità genitoriale e l’interventismo della scienza; Bajo la luz, dell’uruguaiano Gonzalo Rodríguez, che attraverso l’avventura musicale del bassista Popo Romano racconta un Uruguay vivace e colto, crocevia di climi e fermenti artistici di valenza continentale; Semillas della colombiana Eliana Niño, che narra con discrezione la crescita di una bambina nell’ambiente rurale fortemente machista del llano colombiano, con particolare attenzione al rapporto con la natura, l’unica che può alleviare la solitudine e rispondere alle domande e inquietudini della ragazza; Identidad, degli argentini Florencia Santucho e Rodrigo Vázquez-Salessi, che con passione e perizia intreccia la storia di un bambino apropiado durante la dittatura argentina che dopo 45 anni recupera la propria identità, con la storia della famiglia che non ha mai smesso di cercarlo.
Ancora Lluvia del messicano Rodrigo García Saiz che incrocia le storie di vari personaggi che si incontrano o scontrano nella grande città, per un evento strano, banale o assurdo che li obbligherà a un attimo di riflessione o di ribellione, il tutto sotto una pioggia battente che sembra escludere ogni via di fuga; De astronautas y fantasmas del cileno Luis R. Vera invece è tutto concentrato sull’interno della casa dove vivono un nonno a tratti delirante e la giovane nipote irrequieta ma attenta alle necessità del nonno: interessante è l’apertura sul mondo con l’immaginario dialogo del nonno con il dittatore Stroessner, accusandolo delle nefandezze compiute, e con l’ingresso nella casa di un ragazzo che accompagnerà la ragazza verso il futuro dopo la morte del nonno. Il film argentino Escritor di Paula De Luque affronta brillantemente una storia scomoda ma necessaria: l’impegno come giornalista e militante di Rodolfo Walsh, desaparecido nel 1976. Con ironia e spregiudicatezza l’ottimo film brasiliano Cancer com ascendente em virgen di Rosane Svartman propone il percorso contagioso di liberazione dal terrore e dal dolore di Clara nello scoprirsi malata di cancro.
Basta indifferenza
del circuito italiano
Tra i film fuori concorso vogliamo ricordare Norita di Jayson McNamara e Andrea Tortonese che fa rivivere la vitalità e il sorriso di Nora Cortiñas, Madre de Plaza de Mayo combattente e coinvolgente fino alla fine della sua lunga e operosa vita; Benedetti: sesenta años con Luz dell’uruguaiano Andrés Videla che traccia la storia di un amore senza crepe attraverso immagini e poesie; Ardiente paciencia di Antonio Skármeta (1983), mai entrato nei circuiti europei: Skármeta, autore della sceneggiatura e del romanzo (1986), è anche regista, un sincretismo eccezionale che ci fa rivivere, con nuove emozioni, il grande film di Massimo Troisi (1994).
LaCerimonia di Premiazioneha contato sulla presenza dellaMinistra Plenipotenziaria Antonella Cavallari, Segretario Generale dell’Organizzazione Internazionale Italo Latino Americana (IILA),accompagnata da una Delegazione di otto Ambasciatori latinoamericani: conferma del ruolo consolidato del Festival sia a livello istituzionale che mediatico e culturale.
Scusandomi con chi non ha ricevuto attenzione in questa rapida rassegna, rinvio per maggiori e più dettagliate notizie alla pagina ufficiale del festival – https://www.cinelatinotrieste.org/festival2025/it/ – e al comunicato stampa con le notizie sui film premiati: https://www.cinelatinotrieste.org/festival2025/it/comunicato-stampa/10/film-vincitori-della-40-edizione-del-festival.
Per concludere, e sperando che almeno alcuni di questi film entrino nel circuito italiano, voglio segnalare la gentilezza e sorridente disponibilità di tutto lo staff, supporto decisivo al grande lavoro del Direttore Rodrigo Díaz.

