Nel fantastico mondo social ci trovi di tutto: viaggi, vacanze, investimenti, amori eterni, tessere scontate, Viagra farlocco, consulenze di ventenni brufolosi, beneficenze garantite da Papa Leone… Manca una sola cosa: la pubblicità vera, ma quella non attira click.
Le piattaforme social sono un mulinello a gorgo… Clicchi in un post e scivoli, scivoli, scivoli dentro la Truffopoli digitale dove anche la tua identità viene rivenduta e neanche te ne accorgi.
Dieci anni fa le truffe erano naif, roba ingenua per ingenui; oggi sono sofisticate e subdole, ma gli ingenui sono rimasti tali: scagli la prima pietra chi non è stato attirato da un volo a 39 euro per Sharm, compreso pernotto, da un contatto di Linkedin che ti favorisce, facendoti entrare in un ristretto giro di investitori, oppure da un video in cui personalmente Elon Musk o la nostra Giorgia ti consigliano di comprare Cripto fasulle. Peccato però che siano tutti generati da un cinesino smanettone dotato di una GPU (unità per processare immagini con l’I.A.), in una di quelle scam city (città truffa) delle regioni cinesi di Shenzen o Hong Kong.
Dal 2024 le proposte ingannevoli non sono più anomalie: sono diventate l’ambiente, sono proprio la colonna portante dei SOCIAL; anzi diciamolo in chiaro: i social fanno utili esorbitanti proprio con le inserzioni “artificiose” ; prima sono solo post sofisticati, invitanti, appetibili, tutt’al più illusori e fallaci, diventano truffe solo quando ci caschi dentro con tutte le scarpe, ma col tuo piacere.
Quando la pubblicità faceva Cultura
Negli anni ‘80, ‘90, e fino ai primi del 2000, la pubblicità era un mestiere profondo e serio. Non solo perché ci lavoravano professionisti veri -registi, fotografi, copywriter e art director con grandi culture e qualcosa da dire- ma perché c’era un rispetto profondo per il pubblico. Sì, il pubblico: quella massa indistinta che oggi viene trattata come una melma da stregare con immagini e slogan da stadio.
Allora no. C’erano copy che scrivevano storie e art che immaginavano atmosfere ad hoc per il marketing delle aziende. Una pubblicità della Barilla durava quasi come un corto di Scola; una campagna della Levi’s era più iconica di un videoclip di Bowie, lo spot della Bialetti con l’omino coi baffi incantava le famiglie; e poi “Miguel son mi?” della Talmone, “Liscia gassata o Ferrarelle” ideata dalla immensa Annamaria Testa… o quelle calze da uomo che ballavano da sole il Jive: quanta invidia provocò tra noi quell’idea, in sé semplice! E tutto questo senza Computer grafica e I.A.
In quegli anni Carosello era già storia, ma la sua eredità persisteva: la pubblicità doveva raccontare, divertire, stupire, rimanere nella testa e soprattutto non mentire. Già. Tutta la pubblicità doveva rispondere a verità, perché se mentivi, fioccavano le multe oltre ai costi per ritirare lo spot o l’inserzione… C’era un’autority, ma in più una coscienza, un’autodisciplina e un linguaggio condiviso.
Oggi invece… se scorri un social ti trovi davanti la sagra della menzogna, della fuffa, della promessa da fiera. “In soli 3 giorni perderai 7 chili”. “Scopri il segreto che le banche non vogliono farti sapere”. “Questa non è una pubblicità” (spoiler: lo è).
E intanto: testimonial finti o clonati dal vero, loghi falsi, AI che genera immagini di industriali mai esistiti, voci in voice-over che ti danno del tu con profondità da ipnotizzatore.
Esempi? Migliaia. Vi basti quel tizio che vi indica dallo smartphone e dice: “Con questo metodo guadagno 700 euro al giorno. Non servono competenze”. Insomma tu, ignorantone, vieni con me.
Ma la cosa tragica è che funziona! Quella che ancora si intestardiscono a definire pubblicità non vuole informarti o convincerti: vuole abbindolarti. Non costruisce fiducia: ti porta nel gorgo. Non cerca il contatto umano: cerca il click compulsivo.
Chi controlla tutto questo? Nessuno, e non è casuale
Sulle piattaforme digitali -Facebook, Instagram, TikTok, YouTube, X (ex Twitter)- non esiste un vero controllo non dico qualitativo (ci sarebbe da ridere!) ma di veridicità. L’algoritmo non premia la verità, premia la performance. Se menti meglio, se sei più volgare, più virale, più aggressivo, ottieni visibilità. E più visibilità significa più vendite, anche se vendi cacca riciclata o il nulla come la nostra Ferragni con Pandoro, bamboline e la sua beneficenza inesistente.
Oggi è tutto un tranello: “Non crederai a quello che ti mostriamo nel video 3” (che poi il video 3 non esiste, ma questo è un dettaglio), oppure “Vai al primo commento e tutto ti sarà svelato della fine della famosa attrice” (tu ci vai e ti sarà svelato solo una montagna di pubblicità farlocche).
I concetti sono evaporati. La sintassi è diventata uno schema preimpostato di vendite aggressive. Ora tutto è content. E come tutti i content, si consuma e si getta nel water.
Complici tool facili, template prefabbricati, AI che scrivono slogan su prompt vaghi, oggi chiunque può improvvisarsi pubblicitario. Peccato che manchino le basi: cultura di base poca, cultura visiva zero, grammatica pubblicitaria assente, etica comunicativa… chi l’ha mai vista?
La pubblicità non è morta… è stata fraintesa e presa in ostaggio.
Un paio di mesi fa un giovane pubblicitario che smanettava sul web mi parlava dei suoi successi sul web, per conto di alcune società di servizio; si sorprese dei miei dubbi circa le sue soluzioni per attrarre (e raggirare) le persone che cliccavano sui post da lui creati. Pensando che non avessi capito niente e che non apprezzassi la sua statura di pubblicitario, chiese conferma della mia identità professionale: “Ma lei non si occupava di pubblicità?” Io allora, nel dubbio di aver proprio sbagliato tutto nella vita, risposi… “Ma no, io avevo un Chiringuito (piccolo bar) sulla spiaggia di Paestum”.
La bellezza della pubblicità come arte scientifica, quella dalla grande cultura classica, dalla forza narrativa e dal suo potere di raccontare la gente nel mondo… è ancora possibile rianimarla, ma servono occhi allenati, menti critiche e tanto coraggio per rifarla; ma con zero bugie e leggi serie, perché ormai i social sono i media popolari, piaccia o no, e tutto scorrerà sempre di più attraverso essi.