Kafka, lo smarrimento dell’essere al mondo nelle lettere a Milena

Il carteggio dello scrittore con Milena Jesenskà Pollak, iniziato nell’aprile del 1920, riguarda il periodo 1920-‘22. Le lettere sono centotrenta, per un totale di circa 300 pagine. In più ci sono numerosissime cartoline e telegrammi. I loro incontri tanto vagheggiati furono invece pochi e brevi.

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“Scrivere lettere significa denudarsi davanti ai fantasmi che ciò attendono avidamente. Baci scritti non arrivano a destinazione, ma vengono bevuti dai fantasmi lungo il tragitto.” F. Kafka

Leggere ‘Lettere a Milena’, di Franz Kafka, testimonia come il pensiero angoscioso che permeò tutta la sua vita, lo stile della scrittura, la postura di fronte allo smarrimento dell’essere al mondo, siano egualmente espressi sia nello scambio epistolare che nelle opere letterarie.

Milena, di 12 anni più giovane di lui, è anch’essa ceca, anch’essa scrittrice, in più giornalista e traduttrice. A quest’ultimo ruolo si deve l’inizio del loro rapporto. La donna, conosciuta in un circolo letterario, traduce in ceco alcuni dei suoi primi racconti ( “il tedesco è la mia lingua materna, ma il ceco mi sta di più nel cuore”) e Kafka apprezza molto le sue traduzioni, esatte ed espressive.

Il carteggio con Milena Jesenskà Pollak, iniziato nell’aprile del 1920, riguarda il periodo 1920-‘22. Le lettere sono centotrenta, per un totale di circa 300 pagine. In più ci sono numerosissime cartoline e telegrammi. I loro incontri tanto vagheggiati furono invece pochi e brevi.

Tra questi due amanti, che amanti di fatto non furono mai, si realizzano momenti d’intesa ideale, ma Milena è sposata, e anche se il suo matrimonio con l’ebreo Ernst Pollak (realizzatosi dopo una fuga che le costò l’essere ripudiata dal padre), si rivela presto un errore, in fondo Kafka non è propriamente uomo da progettare di vivere con una donna sposata. Inoltre all’epoca è definitivamente approdato alla consapevolezza di non esser fatto per una vita come quella degli altri, quelli che “hanno un risveglio comune la mattina”. Ha a lungo sperimentato nei suoi fidanzamenti sia con Felice (durato tra interruzioni e riprese 5 anni), sia con Julia, che pur desiderando immensamente sposarsi, ogni volta che quel momento si avvicina, è preda del panico. Si sente del tutto inadeguato a reggere quanto di pratico comporta il matrimonio. A contribuire alla sua sfiducia, echeggiano le acide parole di suo padre riguardo ogni sua scelta. Matrimonio peraltro significa prole, e Kafka è terrorizzato dall’idea di generare figli fisicamente e soprattutto  mentalmente malati. Da tre anni ha contratto la tubercolosi ed essa ha peggiorato il suo già tetro senso di isolamento dal mondo.

“Sono malato di mente, la malattia polmonare è soltanto uno straripare della malattia mentale…”

Con Milena, come lui ceca e scrittrice, si sente finalmente libero di esprimere i suoi stati d’animo, così come di fronte alla sua stessa infermità, che pur piegandolo lo libera dalle esigenze del mondo e giustifica il suo isolamento. Dunque le ‘Lettere a Milena’ rappresentano una lunga confessione. Ha in questa donna fiducia estrema, infatti il 15 ottobre del 1921 scrive di averle consegnato, specificando che non vorrà mai che vengano restituiti, tutti i suoi diari. Il gesto è risolutivo e non subirà mai ripensamenti.

Purtroppo non si sono conservate le lettere di lei, ma da quelle di Kafka si arguiscono molte cose, ad esempio quanto lei insista per farlo andare a Vienna (dove si è trasferita dopo la fuga dai suoi), ma lui non si decida, adducendo scuse diverse. La verità è che incontrarla di persona lo terrorizza, e dunque preferisce il territorio più sicuro delle lettere.

Quando il carteggio ha inizio, Kafka si trova ricoverato a Merano. È debole, come sempre, e insonne oltre ogni dire. Dal balcone della sua stanza, le scrive di Dostoievskij, scrittore prediletto da entrambi. Delle sue fonti d’ispirazione: Dante, Kierkegaard, Nietzsche. Le parla dei suoi demoni: “La mia vita dura una notte.” Le esprime il suo amore e la sua tenerezza: “Per favore dammi ancora una volta del tu -non sempre, non lo vorrei nemmeno- ma ancora una volta.”

“Il sogno è l’ultima notizia che possiedo di te.”

Entrambi si danno del lei, e solo talvolta del tu.

 “Non so scrivere, mi aggiro soltanto fra le righe, alla luce dei Suoi occhi…”.

“ E’ arrivata la Sua lettera, la felicità della Sua lettera.”

“ Le due lettere sono arrivate insieme, a mezzogiorno; non sono da leggere, ma da essere stese, da posarvi il viso e perdere il cervello.”

Epperò in questo epistolario così fitto, non mancano lettere che esprimono il Kafka più tetro, odioso di sé stesso e del mondo.

“Tu per me sei una fanciulla. Non oserò porgerti la mano sudicia, convulsa, unghiuta, incerta e tremula, cocente e fredda.”

“Non mi lagno del crollo del mondo, mi lagno del suo ricostruirsi, mi lagno delle mie deboli forze, mi lagno del venire al mondo, mi lagno della luce del sole.”

“Hai risvegliato tutti questi vecchi diavoli che dormono con un occhio e con l’altro spiano la loro buona occasione.”

“Siamo in ogni caso in viaggio, più che partire non si può.”

Nel tempo delle lettere, Milena, sensibile e generosa (anche se al contempo appassionata e carnale) (col marito vivono un rapporto di promiscuità sessuale e uso di droghe),  soffre moltissimo per le sofferenze di lui, e arriva anch’essa ad avere una malattia polmonare, non si sa se reale o frutto di fantasia, nello sforzo estremo del legame simbiotico. Ma di lei Franz dice che non è fatta per soffrire, dunque guarirà. Lei che “non può rendere infelice nessuno”, infatti talvolta la chiama “mamma Milena”. Eppure Milena sfoga spesso su di lui tremendi scatti d’ira, i cui riflessi echeggiano nelle lettere… La vita della donna a Vienna è difficile. Il marito si è rivelato infedele e dissipatore e lei, prima di approdare al giornalismo, per fronteggiare le difficoltà economiche fa i lavori più umili… Franz le invia spesso denaro e regali, contento di alleggerirla dalle sue ristrettezze.

Sta di fatto che la malattia dello scrittore va avanti e lo corrode nel corpo e nella mente. Le ultime lettere si fanno tiepide, poi quasi fredde. Viene un tempo in cui la sua angoscia è disposta a barattare per un po’ di sonno ogni ardore amoroso. Lei vuole ancora aiutarlo, ma Franz detesta anche la sola idea di una ‘ricostruzione’, quindi arriva a vietare a entrambi di continuare a scrivere. Milena rappresenta la vita, ma la scrittura di Franz si nutre di tenebre.

Il viaggio più terribile di Kafka, avviene attraverso la fase più cruda della malattia, quando questa gli invade il faringe e non riesce più ad alimentarsi. Muore il 3 giugno del 1924, dopo mesi di agonia, in un sanatorio nei pressi di Vienna. Il suo dolore atroce e spavaldo, gli fa dire al medico che esita a fargli un’iniezione mortale di oppio: “Mi uccida, o lei è un assassino!”

Dopo la sua morte, Milena lascia finalmente il marito e ritorna a Praga. Si dedica intensamente al giornalismo e sposa l’architetto Jaromir Krejcar da cui ha una figlia, ma si separa anche da quest’uomo. Contrae una grave artrite, che la lascia claudicante e per un periodo dipendente dalla morfina. Successivamente si dedica all’accoglienza dei profughi tedeschi in fuga da Hitler, e dopo l’occupazione germanica della Cecoslovacchia, dà vita a una rete di salvataggio degli ebrei. Scoperta la sua distribuzione di materiale antinazista, viene deportata a Ravensbruck, dove stringe amicizia con la comunista Margarete Buber-Neumann che le sopravvive e ne scriverà la biografia. Muore il 17 maggio 1944, all’età di 48 anni.

Cinque anni prima, nella primavera del 1939, Milena, che più di ogni altri ha riconosciuto sin da subito il genio di Franz Kafka, consegna le sue lettere al fraterno amico Willy Hass. Non potendo portarle con sé nella sua fuga in esilio, Willy a sua volta le dà da tenere ai suoi parenti, che le custodiranno sino al 1945. Le lettere non hanno una cronologia certa, in quanto non datate, quindi valgono le date desumibili dalle successioni temporali del contenuto. Presentano delle cancellature, alcune fatte da Kafka ed altre da Milena, che ha coperto dei righi con l’inchiostro. Nella pubblicazione delle lettere, sono omessi i fatti che riguardano i parenti di Milena. Nulla invece è cancellato di quanto fa riferimento allo spirito ebraico di Kafka, che subì a lungo, durante il suo innamoramento per Milena, profondi rimorsi e  umiliazioni per amare una non-ebrea. La prima edizione originale di ‘Lettere a Milena’, risale al 1952. Quella italiana, al 1954.

Norma D'Alessio

Di mestiere pediatra. Per ulteriori impegno e passione: scrittrice, giornalista, editor. Il suo sito:www.normadalessio.it

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