Improvvisi, dirompenti, inaspettati. I lampi di genio sono così. E per questo motivo sconvolgono i piano, cambiano tutte le carte in tavola, ribaltano visioni e si cristallizzano nel tempo e nello spazio. Quelli di Philippe Halsman vivono – dall’8 marzo fino al 2 giugno 2025 – tra alcuni meravigliosi spazi della città di Salerno. La mostra s’intitola – appunto- “Lampi di Genio” ed è a cura di Alessandra Mauro e organizzata dall’Associazione Tempi Moderni in collaborazione con Contrastobooks e l’Archivio Halsman di New York, il Comune di Salerno, la Sopraintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Salerno e Avellino, l’Archivio di Stato di Salerno.
Il punto nodale dell’esposizione fotografica è lo storico Palazzo Fruscione, ma trattandosi di una mostra diffusa, alcuni scatti saranno visibili anche in altri spazi storici salernitani. All’esposizione si affianca una ricchissima rassegna, la IX edizione. de “I Racconti del Contemporaneo” ideata e organizzat da Tempi Moderni che ospiterà tantissimi talk, proiezioni, incontri di approfondimento, di musica e tanto altro.
Su Halsman
Philippe Halsman è nato a Riga nel 1906 da una famiglia ebrea. Nel 1928 partì insieme a suo padre per un tour delle Alpi austriache, ma quest’ultimo morì durante il viaggio e Halsman fu accusato di parricidio e condannato a quattro anni di reclusione. Forse anche grazie alle lettere in suo sostegno scritte da Albert Einstein e Thomas Mann, venne rilasciato nel 1931 a condizione di lasciare per sempre l’Austria. Il trasferimento in Francia e la collaborazione con Vogue, i primi ritratti “nitidi e scuri”, la fuga a Marsiglia per sfuggire ai nazisti, poi il visto per gli Stati Uniti, l’attrazione per il surrealismo e, nel 1941, l’incontro con Salvador Dalì. E poi i meravigliosi primi piani, i ritratti, fino agli anni Cinquanta in cui Halsman sperimenta la Jumpology, una tecnica per approfondire i ritratti psicologici dei propri soggetti. Se “il salto permette un momento di sospensione in cui la mente si rilassa, la concentrazione si sposta sulla possibilità di realizzare un gesto insieme liberatorio e infantile e la maschera cade” i salti di Halsman rappresentano, a pieno, uno dei suoi lampi di genio. Nel 1959 uscirà il libro Philippe Halsman’s Jump Book che il fotografo dedicherà “ai miei soggetti che hanno sfidato la gravità” e si chiuderà con una domanda: “E tu, come salti?”
E per questo la mostra salernitana prevede una sessione di ritratto, a cura dell’Associazione Culturale Lab 147, dedicata al salto con una call to action che non lascia spazio al frainteso: fai un salto alla mostra!
La mostra
Sguardi, sorrisi, prospettive, salti. Immergersi tra gli scatti di Philippe Halsman tra gli spazi di Palazzo Fruscione è un’esperienza meravigliosa, immediata, inevitabile. Incontrare gli occhi di Grace Kelly, lo sguardo di Vladimir Nabokov, l’espressione di Anna Magnani, il profilo di Barbra Streisand, la smorfia di Arthur Rubinstein, i salti di Richard Nixon, Audrey Hepburn, Brigitte Bardot e Marylin Monroe che all’inzio non voleva saltare, ma poi lo ha fatto, è come fare un viaggio tra le pieghe sconosciute dell’anima di personaggi politici, dive e grandi pensatori.
Saper catturare l’essenza di un soggetto è segno di una sensibilità fuori dal comune, farla esplodere e vibrare di estrema bellezza è il merito degli artisti più puri.are l’essenza di un soggetto è segno di una sensibilità fuori dal comune, farla esplodere e vibrare di estrema bellezza è il merito degli artisti più puri. Se si dovesse descrivere il lavoro di Halsman con una parola chiave sarebbe, senz’altro, autenticità. Anche la costruzione di uno scatto, infatti, può essere autentica. È necessario seguire le direzioni che l’anima del soggetto propone e dargli spazio. E poi la sezione dedicata a Salvador Dalì, di cui Halsman è stato fotografo personale, che racconta la sua creatività totale, l’espressione di un’arte che non conosce limiti.
Di questa meravigliosa fotografia, ad esempio, ci sono le bozze delle varianti prima dello scatto definitivo, certamente il più intenso. Ma riflettere sul modo in cui viene costruita e realizzata una foto così originale ha, senza dubbio, un enorme valore. Riflettere, interrogarsi, immedesimarsi. Anche questo è il grande merito dell’artista. Passare da un piano all’altro dell’esposizione è come sfamare l’anima e gli occhi di una bellezza prorompente, senza tempo, anticonformista, sprezzante, vivace, invadente nel senso più positivo del termine.
Halsman, inoltre, dissemina nel suo lavoro alcuni autoscatti. Una vita dedicata alla fotografia, alla rappresentazione degli altri, ma anche all’autorappresentazione. Senza prendersi troppo sul serio.
Il resto è tutto da scoprire.
La rassegna
Incontri, visioni, suoni, pagine, notizie. Sono cinque le sezioni della IX edizione della rassegna Racconti del Contemporaneo che ruota attorno alla mostra fotografica, talvolta la sfiora, ne racconta le sfumature e altre volte, con salti creativi e vorticosi, affronta temi apparentemente distanti, ma sempre confluenti nella dimensione dell’arte, del comunicare, del raccontare. Dalle proiezioni di alcune pellicole, dalle più classiche alle novità, da Anatomia di una caduta (2023) a Colazione da Tiffany (1961) fino al racconto dei cantautori italiani con Paolo Talanca, dalle presentazioni di libri come La Teoria del salto di Corrado De Rosa (2025) a Lo stronzo geniale di Raffaella R. Ferrè (2024). Dai “salti della comunicazione” con Gabriele Balbi e Massimo Cerulo, introdotti da Alfonso Amendola, fino alla storia pop del rossetto, prodotto centrale nella fotografia di Halsman. E ancora, da un particolare racconto di Kafka a cura di Andrea
Lombardinilo e Ercole Giap Parini fino alle riflessioni sull’immagine di Francesco. Casetti in dialogo con Pina De Luca. E infine, dal racconto dei presidenti americani e gli immaginari della contemporaneità con Michele Sorice alla moda inclusiva con Benedetta De Luca e Maria Rosaria Pelizzari.