La contingenza dell’elezione a presidente dell’E.P.A. (European Psychiatric Association) del prof. Andrea Fiorillo, ordinario di Psichiatria presso l’Università campana “L. Vanvitelli” , offre lo spunto per alcune considerazioni sullo stato comatoso della “pseudo-scienza psichiatrica” che, anche alla luce di quest’ultimo evento, certifica il suo tratto terminale quanto all’essere stata “iatreia” della “psyche'”, poiché la sua forma odierna, tutta dedotta dalla cooptazione planetaria di un “comportamentismo-DSM-profilato- farmacocentrico”, è tutta costruita con vecchie giacenze di magazzino appena riviste e “attualizzate” che, rimodulate come nuova dottrina, danno espressione alle odierne ideologie di ricambio a loro volta sostenute dal compiaciuto assenso conformistico dei “nuovi tecnici”.
Se anche un tale “carnevale psichiatrico” ha bisogno delle sue sceneggiature propagandistiche, cionondimeno un tale palinsesto va a costituire non solo il panorama contemporaneo della disciplina psichiatrica, ma delinea la natura profonda di quella matrice culturale che alimenta, carsicamente, un argomento tanto negletto quanto “strutturale” e tuttavia tabuizzato: le “responsabilità e le colpe degli psichiatri”, essendo oltremodo noto che la psichiatria da sola non esiste camminando invece sulle gambe di coloro che storicamente la deducono, più o meno in sintonia con lo spirito del tempo. In tal senso, per esempio, è stabilmente installato all’interno della koine’ psichiatrica il ricorso all’immarcescibile potere di fascinazione retorica quale è il culto della ” persona al centro”.
La salute mentale è chiacchiera
E c’è anche un vuoto di pensiero
“Culto” che poi funge da “premessa” immancabile a qualsiasi cosa possa evocare quella peculiare chimera ormai inflazionata che è “la salute mentale”. Un tale ricorso, molto “evidence” e poco “based”, costituisce tutt’al più la foglia di fico, spacciata per una lussureggiante foresta “scientificamente coltivata” , oltre la quale si manifesta l’integrale vuoto di pensiero surrogato da lunghe liste di immancabili “competenze”, cui fanno da contrappasso le fenomeniche baraccopoli in cui consiste lo stato di “evidence” dei “servizi territoriali” , “based” su quel dispositivo cibernetico, a cui si richiama anche il neoeletto, denominato “psichiatria di precisione”. Il quale dispositivo, rinnovando l’effetto panopticon, teorizzato da Jeremy Bentham e analizzato da Foucault, assume le fattezze contemporanee di una “totalizzazione algoritmica dell’organo cerebrale ” cui l’ingegneria chimica presta i suoi presidi e al quale si presta l’ambigua genuflessione dei più. Questo nuovo Vangelo, di chiara ispirazione orwelliana e col suo corteo apostolico, (di cui il prof. Fiorillo è l’ultimo affiliato) si arricchisce e si declama in tutte le contrade mediatiche intorno al quale si affolla la “nuova generazione di osservanti psy” in religiosa attesa delle “unzioni formative” di cui è prodigo l’apocrifo di cui prima. “Colpa e responsabilità” dischiudono lo spinoso campo dell’etica essendo parole che trasudano sentimento, interessi, parzialità, conflitti: risuonano nei discorsi ellittici di chi vi è impegnato fino a non vedere né sentire altro. L’effetto “nocivo” deriva da “un atto” che potrebbe non essere compiuto e non occorre altro perché né parli come del “disserramento di un potere”.
Questo il tema. La cui natura feticistica, implicata nella stessa struttura identitaria dell’operatore psy, risulta tuttora scandalosa e quindi rimossa come quando si vuole evitare l’incontro con un appestato.
È anche il caso di denunciare il connubio
tra accademia e apparato farmaceutico
Basta con l’estenuante retorica
e con la petulanza individuale
Lo spunto riflessivo con cui liquidare tanta abusata “Scolastica Accademica”, lo offre la parafrasi di una famosa favola dei fratelli Grimm, ” Der Rattenfanger Von Hamelin”- “L’accalappiatore di ratti”, nota come “Il pifferaio magico”. Oltremodo nota ne è la sua valenza simbolica fino a costituirne, quanto allo specifico, la “matrice dinamica” di ordine ideologico di quell’operazione di colonizzazione culturale in atto ormai da decenni che, non solo in ambito psichiatrico, possiamo qualificare come “instaurazione di un pragmatismo senza più illusioni” il cui operatore logico-teorico è ” non bisogna più guardare all’insieme della società: si tratta pertanto di abbandonare i grandi concetti e accomodarsi nell’indeterminatezza teorica. La teoria critica deve essere sostituita da un gioco intellettuale non impegnativo”. Un tale “copione” tiene il cartellone ormai da decenni. Così programmata dal software propagandistico, la “macchina cibernetico-psichiatrica” può dunque avvalersi della guida di un nuovo tecnico la cui costellazione biografica, punteggiata dalle svariate e sofisticate competenze (vedasi l’articolo del Corriere dell’8 luglio scorso), dà lustro alla nomina alla quale l’interessato, da parte sua, ha provveduto a replicare con l’estenuante ed estenuata retorica metodologica, valoriale e di principi che sfilano come soldatini di plastica cui ci dedicavamo nelle nostre mirabilie para militari da “giochi d’infanzia”. È ben noto che gli snodi ludico- ossessivi dell’infanzia costituiscono il terreno di coltura di anomalie di condotta che prolungate irriflesivamente fino all’età adulta come piacevoli trastulli si prestano ad exploit il cui “successo sociale” fa solo da paravento. Insomma, alla ben nota e vetusta arroganza accademica si è infine aggiunta un’idiosincratica, contemporanea petulanza individuale, fattasi ormai metafisica dominante fino a risolversi nelle reiterazioni ecolaliche da pensiero unico. È dalla penna di questi “fasulli nuovi Prometei” che sgorga un’unica sintassi con un unico linguaggio, coi quali da decenni si assiste al dilagare di una pseudo scienza che nel frattempo si è fatta “apparato” il cui indizio più sicuro è proprio quell’exploit di cui sono traccia le “rovine nuovissime” di cui è capace, depositate nella nuova forma-estetico-architettonica delle baraccopoli in cui consistono i famigerati “servizi psichiatrici territoriali”.
Tanta retorica roboanza, accademicamente prodotta e giornalisticamente megafonizzata, trova di che attecchire perché le fucine ove vengono profilate le “apicalità” cui spetta di rinnovare l’ordine esistente, godono di un alto tasso di riproduzione intellettuale, alimentate come sono da una ” brodo di cultura psichiatrica ” perfettamente allineata al “credo tecno-neoliberista”, i cui epigoni, come si evince anche dall’intervista del neo cherubino dell’E.P.A., possono tranquillamente esibire l’egomania di sé stessi potendo contare su un contesto socio-politico in cui tali pantomime risultano irresistibili, visto il vuoto di coscienza critica. In dati contesti, come è noto anche dalle cronache nazionali e internazionali, lo “squilibrio mentale” nella forma di “maschera scientifica”, è risorsa determinante, potendo avvalersi di intelligenze il cui cinismo da over dose di ragione strumentale, unito alla facile reperibilità di manigoldi in divisa, fa la differenza. “Agite” poi in ambienti molli, come il nostro attuale, anche le “paranoie paucisintomatiche” fanno meraviglie. A taluni non basta “salire lassù ” e occupare una poltrona, risoluti vanesi temerari come sono, si mostrano pronti al patto satanico elaborando una miscela funesta di menti corte, ego gonfi, menzogne e una amoralità congenita che se ne fa dei pericolosi “pasticheur”…risultano tuttavia utili tessitori di trame di potere. Più falsi e mercanti dell’apostolo Giuda, questi ussari cattolici raccontano favole da decenni ai creduli del dogma laico “mettere la persona al centro “, slogan ormai affermatissimo nelle ridondanti campagne pubblicitarie condotte da qualsiasi holding sanitaria.
In ” lingua A.P.A.”, perfettamente padroneggiata dal neo-aggregato, le parole, i principi e le metodologie cui si allude, sono acqua fresca.
Il guaio è che il marchingegno cibernetico non solo spopola dappertutto, ma ciò che è peggio è che gli si contrappongono le sole rivendicazioni parasindacali in termini di maggiori finanziamenti e più personale.
La farsa non è più solo bipartisan
ma sanguinaria e oramai alla fine
Un keynesismo d’accatto a struttura invariante esaurisce tutto l’antagonismo disponibile. Un tale specchietto per le allodole gode di un’ampia platea nel suo essere bipartisan, ciò che richiama il piano profondo e trasversale delle colpe e delle responsabilità dei vecchi come dei nuovi tecnici. In tal senso, non è più neanche una farsa ciò che viene rivendicato a discolpa: la temperie politica, la scarsità di risorse finanziarie, l’arroganza accademica. Qui la farsa non solo è bipartisan quanto piuttosto terminale, ovvero sanguinaria perché la fatiscenza del sistema assistenziale psichiatrico è prossimo alla necrosi purulenta, esito di “assolutismi” in totale collusione prima e in perfetta collisione oggi coi limiti del sistema.
In questa situazione è del tutto appropriato porre in evidenza “la base epistemica” della “formazione dell’opinione”, base che è costituita da un pensiero positivista, il quale riconosce appena i fatti immediati, dissociati dal loro contesto sociale e dal suo divenire storico. Il metodo consiste in una “proiezione” di dati empirici isolati e di riscontri di sondaggi “d’opinione”. Questo tipo di approccio è grandiosamente fallito nel passato recente. Ancora oggi serpeggia un certo ottimismo , sociologicamente costruito, che cioè siano dirimenti maggiori finanziamenti e una diversa copertura di personale.
A quanto pare, l’odierna prognosi infausta circa la crisi del “campo psichiatrico” sembra caduta dal cielo. O, per meglio dire, che la “prospettiva orwelliana” dischiusa dal futuro cibernetico di quella che è una parodia della semeiotica medica in “salsa psichiatrica”, cui peraltro viene “riconosciuto” il valore del “non plus ultra”, viene consegnata alla residua capacità di riflessione critica di quella “pubblica opinione” che si è voluta compiacere dell’etichetta “emancipatrice e alternativa” quale prolungamento del ben più radicale esito basagliano con cui si dimostrò che l’impossibile era possibile.
La “nuova sintonia ” da reperire urta con i limiti di una sinistra in connessione con una coscienza di massa assolutamente equivoca e insostenibile nella realtà: coscienza questa che rimane passiva e senza forza di mobilitazione perché l’interiorizzazione delle categorie neoliberiste del capitalismo ha già fatto molta strada.
Il movimento bagagliaio è neoliberista
La sostanza è base di legittimazione
Il movimento basagliano, fissando i suoi obiettivi attraverso la legge 180, pur nella suo significativo esito dell’abolizione dei manicomi e poco altro, si è mantenuto, soprattutto nella fase “post-basagliana”, sul terreno della forma d’essere neoliberista facendo della sostanza di questo essere la sua stessa base di legittimazione.
Questa sorta di “auto-legittimazione” è stata travolta dalla “rivoluzione cibernetico-algoritmica ” cui è giunta la disciplina psichiatrica e il suo impianto dottrinario. Il declino del movimento emancipatore è solo il rovescio della crisi sostanziale di una disciplina il cui piano operativo e concettuale ha implicato quella “scelta d’organo” cui soggiace una clinica del tutto depsicopatologizzata , operante con un descrittivismo ormai privo di senso.
Se la critica ai costrutti epistemici e ai diversi legami di dipendenza non scotomizzabili della disciplina psichiatrica vuole uscire da una screditata lotta di retroguardia e recuperare un’offensiva di civiltà e di rigore di pensiero, essa deve “rompere questo guscio” e saltare sopra la propria ombra storica. Tanto più se questa “ombra” delinea la figura di Basaglia.