Saltburn, la rivalsa sociale strizza l’occhio al pop

Emeralde Fennel, dopo la vittoria agli Oscar per la miglior sceneggiatura originale del suo primo capolavoro ‘Una donna promettente’, con quest’ultima pellicola, sottolinea come sesso e potere siano le coordinate che dominano il mondo o più precisamente il cerchio magico dell’alta aristocrazia, frivola, classista, ma intimamente ingenua

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Scrivere di Saltburn, nelle ultime settimane risulta essere il passatempo di molti ( ovviamente dopo il pandoro-gate di Chiara Ferragni), la pellicola infatti, è stata sviscerata fino al midollo per cercare di rispondere all’arduo quesito: capolavoro o déjà-vu? Saltburn è la storia di Oliver Quick, giovane studente di Oxford, proveniente da una sconosciuta provincia inglese, timido, estremamente intelligente che stringe amicizia con Felix, giovane rampollo aristocratico, un po’ maudit, per cui Oliver prova una sorta di attrazione di cui lo spettatore non riesce a percepire la reale entità fino alla fine. Felix invita Oliver a passare le vacanze estive a Saltburn, la tenuta di famiglia, tra le antiche camere da letto del re Enrico VIII e i manoscritti di Shakespeare. Emeralde Fennel, dopo la vittoria agli Oscar per la miglior sceneggiatura originale del suo primo capolavoro ‘Una donna promettente’, con quest’ultima pellicola, sottolinea come sesso e potere siano le coordinate che dominano il mondo o più precisamente il cerchio magico dell’alta aristocrazia, frivola, classista, ma intimamente ingenua. Alla fine scopriamo che sin dal primo momento in cui ha posato gli occhi sul rampollo aristocratico Felix, Oliver ha tessuto la sua tela di manipolazioni, inganni e di lunghe attese (il film comincia nel 2006 e termina ai tempi del covid) per entrare a far parte dell’agoniata Saltburn.
Molti hanno rivisto ‘Teorema’ di Pasolini o ‘il teatro di Sabbath’ di Philip Roth.
Tuttavia, nonostante un paio di scene chiaramente insolite ai limiti del tragicomico, come la scena della masturbazione sulla tomba dell’amico o dell’amplesso tra il protagonista e Venetia, in Saltburn manca il grottesco pasoliniano, la patina straniante e claustrofobica che ricopre Teorema, che lacera l’animo dello spettatore alla prima vista, lasciando solo strascichi di angoscia e turbamento, mancano la spietatezza e la complessità del protagonista rothiano che rendono la lettura del romanzo un’esperienza tetra e urticante. Questo perché Saltburn tra fascinazioni omosessuali, ville di lusso e palette dai toni caldi è un film di rivalsa sociale, ma è anche un film che strizza l’occhio al pop. Il grottesco degli episodi sovra citati non sortiscono completamente l’effetto di disgusto e di straneamento desiderato dalla regista poiché, anche se lo spettatore avverte di essersi calato in un contesto dai toni cupi ed eccentrici, il film è dominato dal fascino per la bellezza: dei contesti aristocratici inglesi, delle tavole imbandite, delle feste in maschera e infine anche di alcuni attori, dal fascino indiscusso di Jacob Elordi a quello più opaco di Berry Keonghan, tutte scelte che addolciscono la potenziale durezza del messaggio finale: Oliver nudo, estatico balla a ritmo di ‘Murder on the dancefloor’ trionfante per il nuovo status acquisito, ma la ricchezza è un palazzo di cento piani e più in alto si sale più lo schianto sarà feroce, la perdita del controllo è sempre dietro l’angolo perché alla fine ‘tutti si perdono a Saltburn’.

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