«Quando un pagliaccio entra in una reggia…»: glossario semiserio per un mondo da commedia dell’arte

La geopolitica è diventata un mix tra un torneo di wrestling e il solito inutile talent show. E le alleanze appaiono come i follower della Ferragni dopo lo scandalo dei panettoni

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La guerra dei 12 giorni – al di là delle nostre personali posizioni – ha indicato che le guerre si possono fare anche per non perdere la faccia davanti ai propri elettori, per tenere a bada le proprie vicende di giustizia e per non sembrare ridicoli sui social. Tempi straordinari. Mai come oggi si sono viste tante nazioni combattere per la pace, tante democrazie difendere la libertà a colpi di embargo selettivo e tanti analisti televisivi concionare in TV sull’ultimo tweet della giornata.

La geopolitica è diventata un mix tra un torneo di wrestling -notoriamente già truccato di suo- e il solito inutile talent show. I tweet sono fatti per essere smentiti un minuto dopo da chi alza più la voce, da chi indossa il cappellino con il giusto slogan o da chi riesce a mugolare in diretta mentre firma l’invio di un altro miliarduccio in armi.

La ripartizione ideologica

Tutto questo deriva da un’evidente ripartizione ideologica del mondo -nei fatti- che non ha nulla da invidiare a Star Wars: i buoni, i cattivi, i tollerabili e gli inutili.

I BUONI sono ovviamente quelli che vendono armi per la pace, esportano democrazia dentro container militari e difendono la libertà di espressione dove la gente non si permette di dire la propria troppo liberamente. Di norma i buoni creano casini a casa d’altri, lasciando poi i vicini a sbrigarsela.

I CATTIVI sono quelli che si intestardiscono a non amare la divisa verde, che non hanno abbastanza McDonald’s sul territorio, non bevono Coca Cola, non svendono il litio, non vogliono sottoscrivere l’abbonamento obbligatorio alla libertà di mercato e sicuramente quelli che hanno strane idee sulla libertà personale e nazionale….

I TOLLERABILI, quelli che con amabile ironia vengono chiamati “alleati”: servono per le basi militari… ma si tollerano anche quei Dittatori funzionali e/o Capi di Stato zuzzurelloni, con il vezzo di trascinare le loro Nazioni sempre sull’orlo di un baratro portando però il compenso della fedele amicizia in Svizzera senza clamori.

Gli INUTILI invece sono… beh, quasi tutti gli altri: nazioni di contorno, risorse temporanee, tapini del Terzo-Quarto mondo, insomma comparse geopolitiche da invitare ai tavoli dove è già stata scritta la dichiarazione finale e solo per riempire le sedie alle consultazioni internazionali.

Il glossario delle etichette geopolitiche

Prendiamo la questione della guerra continua, oggi più tecnologica e dronica che mai; solo Putin ha ancora diverse migliaia di ragazzi da spedire a morire sul campo; l’ultimo Rapporto Rosstat del Cremlino lo testimonia indirettamente: ha rimosso completamente dal rilevamento statistico le due colonne relative ai decessi per cause “esterne” (i caduti in Ucraina) e l’età media degli stessi.

 C’è chi definisce la guerra conflitto congelato, chi situazione instabile e chi operazione speciale. Fermare una guerra oggi è difficile: richiede il coraggio di dire abbiamo sbagliato e nessuna nazione forte è disposta a farsi carico di questa umiliazione, anche perché la guerra serve, è utile, crea posti di lavoro (nelle fabbriche di missili), stimola l’innovazione (droni + AI) e soprattutto distoglie quei giornalacci indipendenti dal dare fuorvianti notizie sull’inflazione o dei tanti sfaticati nullafacenti che non arrivano a fine mese per colpa loro: i governi son tutti democratici, voluti dal Popolo se non addirittura da Dio, quindi?

Ma le guerre non sono tutte uguali. Alcune commuovono, altre disturbano. Così, nel grande indice delle guerre mondiali, troviamo conflitti di serie A (con hashtag, campagne di solidarietà, bandierine ai balconi, manifestazioni), serie B (citati distrattamente tra il meteo e lo sport), e quelli di serie C dove si muore da decenni senza mai ottenere neppure un minuto di indignazione mainstream.

Le etichette cambiano lo scenario. La democrazia matura compra armi dagli amici giusti. Il regime autoritario le compra dagli altri. Lo stato canaglia è quello che si permette di non essere mai d’accordo e che poi i servizi ci rivelano perché: hanno armi distruzione di massa sotto il letto e nel frigo.

Alcuni sono alleati strategici, che significa che possono fare quello che credono anche sterminare donne e bambini, altri sono minacce emergenti, perché osano dire che l’ordine mondiale così com’è non è perfetto. In mezzo a tutto questo smaniano isteria e paranoia. Ogni evento è come l’inizio dell’Apocalisse, ogni elezione in uno Stato non del tutto prono viene letta come snodo cruciale per la tenuta dell’Occidente. Ogni protesta diventa un complotto, ogni crisi una svolta storica. Poi, ovvio, non cambia niente, ma è bello vivere con l’adrenalina geopolitica costante: fa divenire importanti anche le colazioni dei ministri degli esteri dove già si sa cosa devono decidere, come e perché.

Poi ci sono altri aspetti imbarazzanti, non è polite dirlo ma è così: esistono nazioni ricreative che servono solo a fornire droga, organi e turismo sessuale e nazioni deposito per litio, rame, petrolio, grano, scorie nucleari e monnezza: quando non servono, diventano problemi da contenere e se chiedono qualcosa in cambio, improvvisamente diventano paesi instabili.

Alleanze e Influencer

Le alleanze? Sono come i follower della Ferragni dopo lo scandalo dei panettoni: oggi servi e sei un amico, domani non servi più e diventi antipatico e una minaccia. La coerenza non è richiesta, qualcuno riesce nell’impresa di essere alleato di chi bombarda, fornitore di armi a chi dice di voler disarmare… e magari viene anche servilmente candidato al Nobel per la Pace mentre finanzia tre guerre in parallelo. Ma va tutto bene: l’importante è avere lo spin doctor giusto.

In questa gigantesca parodia, i popoli osservano, parteggiano, si infervorano, litigano sui social: l’illusione è cheschierarsi a chiacchiere significhi partecipare… In realtà, l’unica vera adesione è di natura economica: aumenta la spesa al 5% e compra le armi!… Ma con orgoglio nazionale e patriottismo, chiaramente!

Il mondo oggi sembra un gigantesco Meme tragico. I leader mondiali sono influencer geopolitici: comunicano, minacciano, qualcuno si mostra umano mentre firma decreti disumani, alcuni ci credono, altri -che sanno di essere parte del teatrino- sorridono, stanno zitti e si fanno la foto.

La politica estera è diventata una commedia dell’arte, un’improvvisazione pericolosa: il protagonista va a braccio, improvvisa sulla testa degli attori di seconda linea che non conoscono il canovaccio, fanno finta di sapere cosa accade intorno a loro e sparano amenità nelle interviste.

E’ qui che quel vecchio aforisma che recita “Quando un pagliaccio entra in una Reggia non ne diventa Re, è la Reggia che diventa un Circo”, prende corpo, materia ed attualità rischiosa.

 

Carlo De Sio

Laureato in Scienze Politiche ed Economiche, con Master in Psicologia sociale e P.R, ha lavorato nella Comunicazione d’impresa e nelle Relazioni Pubbliche per oltre 40 anni. Ha fatto parte dei direttivi di Organismi nazionali quali ACPI-Milano, FERPI-Milano e Confindustria. E’ iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1999.
Fa parte di un gruppo di specialisti per la revisione di testi generati dall’I.A. e partecipa nel Deep Web a un gruppo di approfondimento che ha come focus notizie e valutazioni sulle crisi politiche in atto.

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