Hanno fatto la storia. Ma spesso sono rimaste nell’ombra, senza essere valorizzate per i loro primati. Sono le «pioniere dell’etere» – come le definisce Marta Perrotta nel suo ultimo libro («Pioniere dell’etere. Dieci donne che hanno fatto la radio in Italia», Carocci editore). Dieci donne che entrano di diritto nella storia della radiofonia italiana e che, in tempi diversi, e ognuna a modo proprio, hanno saputo abbattere pregiudizi, cambiare il volto della radio e sono andate controcorrente, in un mondo in cui il predominio maschile è stato sempre sotto gli occhi di tutti e non qualcosa da nascondere. In poche parole, le pioniere dell’etere sono donne che hanno fatto la storia, in vari campi nella radiofonia pubblica e privata e in vari settori della macchina produttiva: non solo nel ruolo di conduttrici ma pure autrici, giornaliste, funzionarie.
Perrotta, docente di Radio, Tv e media digitali presso l’Università di Roma Tre, non è nuova al tema: coordina il network «Donne in onda» ed è autrice di podcast giornalistici.
Tante le storie tra le pagine del libro: c’è Maria Pia Moretti, bersaglio dell’ironia pungente di Alberto Sordi, per la trasmissione “Le confidenze a Maria Pia”, un’innovazione che anticipò di diciassette anni Chiamate Roma 3131, solitamente ricordato come la prima trasmissione con le telefonate del pubblico; Anna Garofalo e dell’impegno forte per aiutare le donne a contrastare una mentalità patriarcale pervasiva; Dina Luce, prima donna imbarcata su una turbonave per documentare, in un’inchiesta, il viaggio verso l’Australia; Annaluisa Meneghini, la prima scrittrice di radiodrammi.
Il libro, riprendendo il leitmotiv delle pagine che si lasciano leggere agevolmente, nell’avida curiosità di apprendere la storia mescolata alle storie, appare come una foto di gruppo di dieci donne. Donne molto diverse tra loro, impegnate in vari ambiti, ma accomunate da un destino comune: lo sdoganamento del ruolo femminile in una società che pare sempre rimarcare «è la prima donna a…». Non meravigli, allora, né la censura a Garofalo per la parola “reggipetto”, considerata inadatta alla radio, né lo stipendio inferiore (Maria Pia Moretti percepiva una paga inferiore a quello di Mario Ferretti, pur essendo stati assunti assieme e con lo stesso grado). Ne è passato di tempo da allora; eppure, ancora oggi, in ogni circostanza pare ci sia sempre qualcuno pronto a evidenziare l’appartenenza di genere prima ancora che il merito o la professione.