«La verità scade ogni ora». Ecco Arminio riletto dalla D’Alessio

Quello della scrittrice salernitana è un ritratto narrato, il racconto del poeta-paesologo costruito alla maniera di un "opus incertum", dove pietre diverse per forma e materia – la biografia, la poesia e il racconto e la scrittura saggistica, le conversazioni private tenute tra autore e autrice – s’incastrano e si tengono insieme

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Immaginate per un attimo le due direttrici di un binario ferroviario: camminano in parallelo, condividono lo stesso percorso eppure non si incontrano mai. Alla stessa matrice ‘binaria’ potrebbe far pensare la lettura di Arminio & Arminio, l’ultimo libro di Norma D’Alessio pubblicato nella collana “La Ginestra” dell’editore Marlin. Succede forse perché, come lo scrittore “paesologo”, pure D’Alessio condivide la passione ‘doppia’ per la scrittura in prosa e in versi. E nemmeno sembra essere un caso che – nel sottotitolo della bella immagine di copertina dove campeggiano due Arminio specularmente contrapposti – si parli di “narrazione del poeta italiano contemporaneo più letto”. Quello di Norma D’Alessio è infatti un ritratto narrato, il racconto di Arminio costruito alla maniera di un opus incertum, dove pietre diverse per forma e materia – la biografia, la poesia e il racconto e la scrittura saggistica, le conversazioni private tenute tra autore e autrice – s’incastrano e si tengono insieme. È indubbio che delle due ‘anime’ di Arminio a pesare di più sia quella poetica; e di questo D’Alessio sembra essere ben consapevole, presentando al lettore il suo “libro di petali”: Ma come si fa a narrare, un poeta, se non cercando di entrare nelle pieghe dei suoi versi, fermarsi in una consonante guardandola di sotto in su, come fosse una cupola di cielo, sostando nel putiferio di una frase rotta dall’amore. Inciampando come inciampa lui. Si fanno cose così per narrare un poeta. Poi lo si lascia alle cristalliere dei suoi venti, le rotule della sua terra, i fiocchi di neve, il vino buono d’osteria, il buio della cantina di suo padre”. Dalla buia cantina parte la storia – intima, intellettuale e pubblica – di Arminio, fin dalla sua duplice gestazione nei due ‘grembi’ – metafora ad effetto che D’Alessio forse ‘ruba’ al suo mestiere di medico – della locanda paterna e di quello, prima fisico e poi emotivo, materno. Nei nuclei del duplice grembo stanno gli affetti familiari (madre, padre, moglie, figli); il baricentro della geografia arminiana (Bisaccia); le ragioni di alcune scelte di vita (Arminio insegnante, Arminio scrittore, la passione per la fotografia). E poi – cornice nella cornice del libro – l’Arminio militante e civile: contro lo spopolamento delle sue terre e dei paesi irpini; per il nuovo “Umanesimo delle montagne”; contro l’“autismo corale”: “autismo sta per isolamento, ha ragione Arminio, siamo inconsciamente e volutamente isolati proprio nell’epoca contrabbandata come quella di maggiore comunicazione. Ci crediamo in una piazza, invece siamo sul cocuzzolo di una montagna. E mi piace il suo ossimoro, non può cantare in coro chi vive isolato. Ma questo autismo si accorda con ugole stonate, sfinite”. Il racconto di Norma D’Alessio continua con i “dintorni” del poeta-scrittore, tutti – di nuovo – proposti in forma speculare: Arminio e la memoria, Arminio e la natura, Arminio e la Rete, Arminio e la solitudine. In chiusura del libro, le voci di Arminio e di D’Alessio ancora una volta tornano a sovrapporsi nelle ‘letture’ – a mezza via tra recensione giornalistica e nota di diario – che l’autrice fa dei testi del suo autore. La scelta a suggello è quella della poesia: “La mia verità scade ogni ora,/ scade ogni volta che non muoio./ Ogni volta che vado a dormire sano e salvo/ dovrei ricordarmi di avere disonorato l’impegno,/ di avere mancato di donare la mia morte,/ l’unico dono che posso fare agli altri”.

Norma D’Alessio, Arminio & Arminio. Narrazione del poeta italiano contemporaneo più letto, Cava de’ Tirreni, Marlin, 2023.

 

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