Il Mein Kampf di Massini, promemoria per l’Occidente

La performance interpretativa dell'autore-attore è, come di consueto, impeccabile, magnetica, straordinariamente energica, anche grazie a un allestimento di grande impatto visivo e sonoro. Si replica al Bellini fino a domani, 27 aprile

Tempo di lettura 2 minuti
Stefano Massini in scena nel suo Mein Kampf
È potente il “Mein Kampf” di Stefano Massini; quasi un’esperienza, più ancora che uno spettacolo (bellissimo, comunque!). Ed è necessario, ora più che mai, perché siamo ancora vulnerabili, siamo sempre vulnerabili.
L’autore-interprete mette in scena la genesi di un’ossessione, ci fa entrare nei meandri di una mente paranoica e perversa, della mente paranoica per eccellenza, quella del dittatore che sconvolse l’Europa e il mondo seminando morte e distruzione, causando con il suo efferato progetto di dominio la più grande catastrofe che l’umanità sia stata costretta a subire.
È un uomo fragile e frustrato, proveniente dai gradini più bassi della scala sociale, terrorizzato dal passare inosservato, dal dover ricoprire un ruolo ordinario e ininfluente da impiegato – ma, insieme, ferocemente pervaso dalla smania di riscatto e assetato di vendetta – l’imbrattatele austriaco di Braunau am Inn che durante la prigionia seguita al fallito Putsch nazista di Monaco comincia a riempire le pagine del suo farneticante libro autobiografico.
Il testo di Massini pubblicato da Einaudi

Ma è già pienamente consapevole del potere immenso e devastante della parola (e la parola può produrre conseguenze incalcolabili).

Si rimane impietriti nel ripercorrere, attraverso le sue stesse espressioni, l’escalation del suo progetto comunicativo, perseguito con indefettibile volontà e determinazione, che parlò alla pancia della debole Germania di Weimar – arresa, mortificata, paurosamente impoverita dal risarcimento dei danni di guerra – esortandola a rialzare la testa, a espellere dal corpo dello stato tutto ciò che non era funzionale al progetto di rivincita, a sterminare senza pietà il nemico – ‘un’ nemico – a cui addossare tutte le colpe, sacrificando senza scrupolo intere masse indistinte e irrilevanti. Sulla scacchiera, del resto, il Re è uno solo; per difenderlo e farlo prevalere non importa quante pedine dovranno essere immolate; e la guerra può operare la selezione dei migliori, quelli meritevoli di vivere e dominare su tutti gli altri. Quelle folle smarrite avevano necessità di una guida, che le indottrinasse nei dogmi dettati da una ideologia. L’ipnotico dittatore farà inesorabilmente breccia, producendo immani sciagure.
La performance interpretativa di Massini è, come di consueto, impeccabile, magnetica, straordinariamente energica (ci si chiede come possa sostenere il peso di due repliche una dietro l’altra!) anche grazie a un allestimento di grande impatto visivo e sonoro. Incisivo il campeggiare nella scena nuda di un abbacinante foglio bianco sghembo, inclinato verso il proscenio, sul quale precipitano dall’alto prima gli oggetti identificativi del capro espiatorio giudeo (una zimarra nera, un cappello a larghe tese, un paio di scarpe, una valigia), poi una catasta di libri, infine una pioggia di frammenti di vetro, evocando icasticamente i Bücherverbrennungen e la Notte dei cristalli.
Un agghiacciante promemoria, un monito tutt’altro che superfluo nella fase storica attualmente vissuta dall’Occidente.
Interminabile diluvio finale di applausi con standing ovation di un pubblico scosso ma stregato.
Si replica al Teatro Bellini di Napoli fino domani, 27 aprile. Non perdetelo, se potete!
Previous Story

Cobra Kai, gli anni ’80 non muoiono mai